Il significato delle parole non è mai univoco. Siamo abituati, spesso per pigrizia, all’associare ad una parola un singolo concetto. Nel mondo della semplificazione, sintesi equivale a rapidità, rapidità a guadagno. Così, molto spesso, una parola assume un solo significato, concreto, tangibile.
Ma il mondo delle parole è qualcosa di molto più complicato e articolato. Ogni singolo vocabolo ha dei sinonimi, diverse connotazioni, significati. Tutto questo implica una riflessione tanto linguistica quanto filosofica.
Lo sapeva bene Ambrose Bierce, intellettuale di tutto punto che visse a cavallo tra ‘800 e ‘900, partecipando anche alla guerra di secessione. Grande giornalista, deve la sua fortuna soprattutto al Dizionario del Diavolo, pubblicato per la prima volta nel 1906 con il titolo The Cynic’s Word Book.
Il Dizionario del Diavolo invita il lettore a rivedere i significati delle parole attraverso definizioni prossime all’aforismo, e in questo modo propone una visione critica del mondo circostante.
Bierce punta il dito e accusa la religione, la politica e la morale dell’America dei suoi tempi, insofferente rispetto ad una borghesia ipocrita e benpensante. Le parole diventano così lo specchio di una società da rifuggire, quella dei dogmi e del perbenismo, quella della vita legata con un filo rosso all’apparenza, lontana dalla sincerità e dalla brutalità della verità.
Vediamo dunque, un esempio.
L’amicizia passa dall’essere uno dei più nobili sentimenti provati dall’essere umano, al diventare “una nave abbastanza grande per portare due persone con il tempo buono, e una sola con il tempo cattivo”.
Ammettiamolo, quella di Bierce è una visione estremamente cinica e portata all’estremo, ma forse più vicina alla realtà dei più di quanto non vogliamo vedere. D’altronde, l’ironia è un mezzo estremamente potente, e la chiave per aprire nuove porte semantiche – e non solo.
Il Dizionario del Diavolo, però non si ferma al mero cinismo.
Ci impone una rimessa in discussione di molte parole legate ai nostri sentimenti, alla società, e ci spinge a chiederci: mi rivedo in questa definizione? E se si, è una cosa positiva o negativa? Che cosa penso? E il punto di forza di questa opera è proprio che ci spinge a farci domande, e questo, sostanzialmente significa che Bierce era un vero intellettuale.
E come tutti i grandi intellettuali, non rinuncia ad una molla potentissima: quella dell’ironia e della risata.
Se infatti la sua opera è intrisa di veleno, è un veleno agrodolce, che lascia il lettore con un’espressione di compiacimento. Coerentemente con l’obiettivo di far riflettere attraverso il sarcasmo e la spinta fino al paradosso dei concetti, il pessimista e il cinico non potranno fare a meno di compiacersi della definizione dell’ottimismo.
“Ottimismo: dottrina o credenza secondo cui tutto è bello, anche ciò che è brutto, e tutto è bene, anche e specialmente ciò che è male, e tutto è giusto, anche ciò che è sbagliato. La professano con grande tenacia soprattutto gli scalognati perseguitati dalle avversità (…) È fede cieca, impenetrabile dalla luce e dalle prove in contrario. Malattia dell’intelletto, è curabile solo dalla morte ed è ereditaria, ma fortunatamente non contagiosa”.
Il percorso alla scoperta del significato delle parole è tra i più impegnativi e affascinanti che si possano intraprendere.
Equivale al confronto con se stessi, e con il mondo intero. Vale la pena imboccare questo sentiero con sguardo critico, e un sorriso a fior di labbra. Senza dimenticare una giusta dose di sarcasmo e ironia.
Sofia Dora Chilleri