Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, o ADHD, è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo che colpisce ben il 4% dei bambini in età pediatrica.Il bambino che ne soffre presenta difficoltà di concentrazione e di controllo dei propri impulsi, che possono sfociare talvolta in comportamenti violenti.
Spesso confuso con la maleducazione del bambino, dovuta ad una presunta cattiva educazione genitoriale, può risultare un serio problema, sia per l’individuo stesso, che per la sua famiglia e la scuola che lo accoglie. Proprio per tale motivo risulta necessario sensibilizzare quante più persone sul tema e aumentare la conoscenza dello stesso, allo scopo di evitare quel disagio che aleggia troppe volte attorno alle famiglie coinvolte.
E’ molto importante infatti, che tutte le persone che interagiscono con i bambini ADHD sappiano riconoscere e capire le motivazioni di queste manifestazioni comportamentali , eliminando totalmente le perfide e ingiustificate spiegazioni volte ad accusare i genitori di questi ragazzi, già sufficientemente preoccupati e stressati.
Ma come riconoscere un bambino affetto da ADHD, da uno semplicemente un poco irrequieto?
Innanzitutto va specificato che solo uno psicologo ed un esperto specializzato possono diagnosticare l’ADHD: presunte analisi inesperte potrebbero solo fuorviare il genitore in cerca di risposte.
Assunto questo basilare concetto, possiamo riportare i criteri diagnostici dell’ADHD, riassunti dal sito ufficiale dell’Associazione Italiana Disturbi Attenzione e Iperattività (A.I.D.A.I):
1) Disattenzione
· spesso non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di distrazione nei compiti scolastici, sul lavoro o in altre attività;
· spesso ha difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti sulle attività di gioco;
· spesso non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente;
· spesso non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti scolastici, le incombenze o i doveri sul posto di lavoro, (non a causa di comportamento oppositivo o di incapacità di capire le istruzioni);
· spesso ha difficoltà ad organizzarsi nei compiti e nelle attività;
· spesso evita, prova avversione, o è riluttante ad impegnarsi in compiti che richiedono sforzo mentale protratto, (come compiti a scuola o a casa);
· spesso perde gli oggetti necessari per i compiti o le attività, (per es. giocattoli, compiti di scuola, matite, libri, strumenti);
· spesso è facilmente distratto da stimoli estranei;
· spesso è sbadato nelle attività quotidiane.
2) Iperattività
· spesso muove con irrequietezza mani o piedi o si dimena sulla sedia;
· spesso lascia il proprio posto a sedere in classe o in altre situazioni in cui ci si aspetta che resti seduto;
· spesso salta e scorrazza dovunque in modo eccessivo in situazioni in cui ciò è fuori luogo, (negli adolescenti o negli adulti, ciò può limitarsi a sentimenti soggettivi di irrequietezza);
· spesso ha difficoltà a giocare o a dedicarsi a divertimenti in modo tranquillo;
· è spesso “sotto pressione” o agisce come se fosse “motorizzato”;
· spesso parla troppo.
3) Impulsività
– spesso “spara” le risposte prima che le domande siano state completate;
– spesso ha difficoltà ad attendere il proprio turno;
– spesso interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti, (per es., s’intromette nelle conversazioni o nei giochi).
[http://www.aidaiassociazione.com/Mio_figlio_affetto_da_ADHD.htm]
Cosa fare una volta valutata la problematica da uno psicologo, allora?
Accettare la situazione e non colpevolizzare il bambino risulta essere il primo passo per affrontare il disturbo.
Inutile se non dannoso, cercare di tranquillizzare o sedare il bambino con farmaci non prescritti specificatamente. E’ stato dimostrato, infatti, che la somministrazione di tranquillanti peggiora la condizione del bambino iperattivo, tale da rendere il suo comportamento persino più disorganizzato e aggressivo.
Purtroppo non esistono cure per l’iperattività, ma esistono efficaci tecniche comportamentali che possono migliorare la situazione del bambino nei suoi rapporti sociali.
Per venire a conoscenza di tal sistemi, bisogna avvalersi di una consulenza psicologica sistematica per apprendere i metodi da applicare, che richiederanno molta pazienza, costanza e sistematicità: i risultati non saranno certo immediati ed, anzi, a volte si avrà l’impressione di non ottenere significativi miglioramenti. Perseverare e non scoraggiarsi risulta essere l’unica strada efficace.
Queste consulenze sono spesso costose. Sono molteplici le associazioni e gli psicologi che applicano tariffe di convenienza se non al limite del volontariato, per aiutare le famiglie colpite.
Risulta comunque difficile ai più sostenere tutte le spese: aiutare questi genitori non significa solo dar loro una mano in quest’ardua sfida, ma anche permettere un ambiente più sereno e solidale all’interno della scuola dei propri figli.
Informarsi adeguatamente e donare possono permettere che tutto ciò avvenga:
http://www.aifa.it/aderire.htm
Isabella Rosa Pivot