La Corte di Giustizia Europea ha stabilito che il diritto all’oblio su Google vale solo entro i confini europei.
“The right to be forgotten”: il diritto all’oblio su Google, ovvero l’obbligo per il motore di ricerca di rimuovere URL che rimandino ad informazioni datate, e dunque non più veritiere, e lesive per la privacy di determinati soggetti, non ha valore globale.
Le richieste avvenute all’interno del territorio europeo, se accettate, saranno valide solo nei confini dell’Unione.
I casi riguardanti la materia sono numerosi: uno dei più famosi riguarda la vicenda del cittadino spagnolo Mario Costella Gonzales che, nel 2014, vinse il ricorso alla Corte di Giustizia Europea, chiedendo che le notizie riguardanti la sua condizione finanziaria, all’epoca interessata dai debiti, e conseguentemente risolta, dovessero essere cancellate dal sito web di un importante quotidiano di informazione spagnola.
Il ricorso spagnolo segnò un importate precedente nella gestione e nella tutela della privacy a livello informatico. Ad oggi, le stime di Google parlano di più di 3 milioni di richieste di cancellazione, con una percentuale di accettazione che si aggira intorno al 45%.
La sentenza odierna della Corte Europea di Giustizia pone fine alla vicenda incominciata nel 2015 quando il CNIL, l’autorità che regolamenta la privacy in Francia, aveva richiesto la rimozione di URL che rimandavano a contenuti o informazioni lesive della reputazione dai siti web non solo su territorio nazionale o europeo, ma su scala globale.
Secondo l’autorità francese il diritto all’oblio su Google deve avere portata internazionale per garantire la privacy dei soggetti ovunque nel mondo digitale.
Di fronte a questa richiesta Google decise di introdurre un servizio di geolocalizzazione che impediva l’accesso agli URL incriminati se vi si accedeva da una determinata area geografica, ovviamente all’interno dei confini europei.
Di fronte al risarcimento richiesto dal CNIL, Google si era appellato al Consiglio di Stato Francese che, rilevando l’oggettiva difficoltà nella decisone, rimandava la questione alla Corte Europea, considerando le ripercussioni che una eventuale sentenza in merito poteva avere a livello comunitario.
“Non esiste ad oggi alcun obbligo nelle leggi europee per un motore di ricerca, in presenza di una richiesta di cancellazione derivante da un soggetto, di effettuare un de-referenziamento su tutte le versioni del motore di ricerca stesso” si legge nel comunicato della Corte Europea.
Peter Fleischer, consulente per la privacy di Google, commenta così la decisione: “È ottimo vedere come la Corte abbia riconosciuto le nostre motivazioni. Dal 2014 abbiamo lavorato molto duramente per implementare la normativa sul diritto all’oblio in Europa e raggiungere il giusto compromesso tra diritto all’informazione e diritto alla privacy”.
Rilevante è il fatto che la Corte di Giustizia Europea incoraggi comunque Google ad incentivare misure preventive a tutela della privacy di determinate informazioni anche nei territori esterni all’Europa.
“Infine, la Corte sottolinea che, sebbene al momento il diritto dell’Unione non imponga che sia effettuata una de-referenziazione su tutte le versioni del motore di ricerca, tale pratica non venga in realtà vietata. Di conseguenza, le autorità degli Stati membri restano competenti a valutare, sempre considerando le norme nazionali in materia di protezione dei diritti fondamentali, il diritto alla privacy dell’interessato e la protezione dei dati personali che lo riguardano, da un lato, e il diritto alla libertà di informazione, dall’altro, e, dopo aver trovato un accordo tra queste posizioni, ordinare all’operatore di quel motore di ricerca di effettuare una de-referenziazione relativa a tutte le versioni di quel motore di ricerca”.
Chiara Nobis