Quello del diluvio universale è uno dei miti più conosciuti di tutti i tempi. Raccontato nella Genesi, ha in realtà origini molto misteriose. E’, infatti, un mito che si tramanda da tempi immemori e che conosce diverse versioni, venendo a far parte del patrimonio folkloristico mondiale.
In generale, il diluvio è visto dai nostri antenati come una punizione divina imposta per distruggere il genere umano.
La mitologia greca ci parla del mito di Deucalione e Pirra, scelti per essere salvati dal diluvio e destinati a generare l’intera umanità. I Maya parlano di un diluvio provocato dal dio Huracan. In Cina i racconti alluvionali sono numerosi, e si racconta di una donna di nome Nuwa che riparò il cielo dopo un’alluvione.
Persino gli antichi Egizi riportano la storia del diluvio universale. Nel Libro dei Morti (che risale al 1300 a.C), si menziona la rabbia del dio Thoth, che vuole distruggere il mondo per farlo entrare nel regno degli abissi.
Ma la storia più interessante è quella di una tavoletta d’argilla conservata al British Museum: la tavoletta del diluvio, ritrovata nell’antica Ninive (Iraq Settentrionale) e risalente al 700 – 600 a.C. Una tavoletta tradotta da un certo George Smith.
Come racconta Neil MacGregor, direttore del museo, George Smith lavorava come apprendista di una stamperia a Bloomsbury. Era interessato al mondo del Medio Oriente talmente tanto che riuscì ad imparare da solo il cuneiforme, e diventare uno dei massimi esperti di medio oriente antico. Tra i piccoli miracoli da filologo che riuscì a compiere, ci fu proprio quello della traduzione della tavoletta del diluvio, che altro non era se non un capitolo dell‘Epopea di Gilgamesh. Man mano che procedeva nel suo lavoro, sempre più si accorgeva di incontrare un mito che già conosceva: quello del diluvio. Le parole scritte sulla tavoletta
Demolisci la tua casa e costruisci una barca, coprila con un tetto, come l’oceano sottostante, ed egli ti manderà una grande quantità di pioggia
Sono molto simili a quelle della Genesi,
Fatti un’arca… Di quanto vive, di ogni carne, introdurrai due di ogni specie, perché tra sette giorni farò piovere sulla terra per 40 giorni e 40 notti
Questa tavoletta, però, è di 400 anni più vecchia rispetto alla versione della Bibbia più antica che abbiamo.
L’Epopea di Gilgamesh, libro che segna una svolta epocale nella storia umana. La scrittura, infatti, è stata inventata per esigenze burocratiche; le storie e le leggende venivano trasmesse solo oralmente. L’Epopea di Gilgamesh è il primo testo scritto della storia che ha come scopo la trasmissione di un racconto. Una svolta incredibile per lo sviluppo della conoscenza umana. E anche per il mondo dei diritti d’autore: la messa per iscritto di un testo, infatti, sotto intende che ci sia una paternità di opera che passa dalla comunità all’individuo.
Ma torniamo al tema principale dell’articolo: il diluvio.
Utnapishtim è il personaggio dell’Epopea di Gilgamesh che ricorda davvero tanto il nostrale Noè. Utnapishtim si trova infatti a dover costruire un’arca per salvarsi dal diluvio, e dopo sei giorni e sei notti di navigazione di ferma al monte Nisir. Decide quindi di fare uscire una colomba, una rondine e un corvo, e poi fare un sacrificio.
L’avventura di Noè non è poi così diversa. Anche lui dopo una lunga navigazione si incaglia sul monte Arat ed offre un sacrificio a Dio. Salvandosi dal diluvio.
Interessante è anche la versione scandinava di questo mito. Ce la racconta Snorri, nella sua Edda in Prosa. Secondo Snorri ci sarebbero stati due diluvi, uno addirittura antecedente alla creazione della Terra, quando il primo gigante fu ucciso da Odino. Il suo sangue fu tanto abbondante da fare annegare l’intera razza dei giganti, e solo due si misero in salvo, scappando su una nave.
Ma come si spiegano tutte queste similitudini tra civiltà così distanti da ogni punto di vista?
Non è ancora stata trovata una risposta a questo interrogativo, ma gli studiosi hanno preso varie direzioni. Alcuni sostengono che ci sia effettivamente stato un diluvio universale, raccontato poi in maniera diversa a seconda del proprio credo religioso; altri credono che si faccia riferimento ad eventi realmente accaduti, con il tempo ingigantiti o mitizzati. Si è parlato poi della possibilità che un meteorite si sia abbattuto sull’Oceano Indiano, o di un’inondazione preistorica del Mar Nero. Infine, altri sostengono che non sia mai accaduto niente di paragonabile ai miti per mancanza di testimonianze geologiche.
Quel che è certo è che l’acqua ha rappresentato tanto una necessità quanto un pericolo per i popoli di tutti i tempi, ed è andata a ricoprire dei significati simbolici tutt’altro che banali, così come il diluvio. Le inondazioni, infatti, sono il simbolo di forze imprevedibili che si trovano sia nel mondo esterno che in quello interno, e rappresentano un pericolo.
Nel mondo antico, il diluvio è un evento ciclico distruttivo di rinascita, a seguito del quale si origina una nuova vita, una innovazione. Per gli alchimisti, l’inondazione dissolve le strutture della psiche inutili per la conservazione dell’identità della propria persona. Vi è distruzione, ma solo in funzione di un nuovo inizio.
Una visione molto bella dell’incedere del tempo.
Sofia Dora Chilleri