Era il 13 agosto del 2007, quando la vita della 26enne Chiara Poggi venne stroncata per sempre. L’omicidio, reso noto come “il delitto di Garlasco”, ha avuto come unico indagato Alberto Stasi, fidanzato della vittima.
La vicenda ha ricevuto una grande rilevanza mediatica: 10 anni di indagini, processi e colpi di scena hanno portato Alberto Stasi, prima all’assoluzione, poi alla condanna definitiva. Nonostante i “forti indizi di colpevolezza“, Stasi tenta la strada della revisione della sentenza che, il 12 dicembre del 2015, lo ha condannato a 16 anni di reclusione.
Partiamo dal principio
La terribile vicenda ha avuto inizio con una telefonata al 118. A contattare i soccorsi fu proprio Alberto Stasi:
Credo che abbiano ucciso una persona, ma non son sicuro, forse è viva. Adesso sono andato dai carabinieri, c’è sangue dappertutto e lei è sdraiata per terra.
Il suo tono viene definito “distaccato” e questo sarà uno dei primi elementi che porterà gli investigatori a sospettare del fidanzato di Chiara Poggi. A seguito dell’interrogatorio Stasi ha tutti gli occhi puntati addosso, ma le prove non bastano ad arrivare ad una condanna, che si fa attendere per diversi anni.
Il giorno successivo al delitto, viene analizzato il computer utilizzato da Alberto che, in quel periodo, era impegnato nella stesura della tesi di laurea. Al suo interno viene rinvenuto del materiale pedopornografico e questo avrebbe, almeno inizialmente, portato alla luce un possibile movente di Stasi: secondo il Pm e la parte civile, appunto, la coppia avrebbe litigato il giorno prima dell’omicidio.
Quale sarà stato il motivo di tale litigio? Forse Chiara aveva scoperto la “passione” segreta del fidanzato per i contenuti pornografici?
A supporto di questa tesi non venne trovato nulla, inoltre, risulta agli atti che Chiara ne fosse a conoscenza, ma non esiste alcuna certezza in merito.
Successivamente, saltarono fuori due elementi, quelli che accompagnarono le intere indagini: le scarpe che Stasi avrebbe indossato il giorno dell’omicidio della povera Chiara e la bicicletta nera da donna, che risulterà determinante.
Insomma, nonostante le due assoluzioni del 2009 e del 2011, al processo di Appello bis del 17 dicembre 2014, a seguito di ulteriori perizie che riportarono alcune incongruenze nel racconto di Stasi, si arrivò alla condanna a 16 anni di carcere (pena diminuita grazie al rito abbreviato).
Alberto Stasi ha brutalmente ucciso la fidanzata, che evidentemente era diventata, per un motivo rimasto sconosciuto, una presenza pericolosa e scomoda, come tale da eliminare per sempre dalla sua vita di ragazzo ‘per bene’ e studente ‘modello’, da tutti concordemente apprezzato.
Quanto dichiarato in Corte d’Assise d’Appello di Milano, fu confermato in Cassazione, ma la vicenda non sembra essere terminata:
il nuovo avvocato di Stasi, Laura Panciroli, ha depositato lo scorso 24 giugno, una richiesta di revisione della sentenza di condanna finalizzata ad “ una completa rilettura della complessa vicenda processuale, finalizzata alla sua revisione“.
Dunque, quello che sembra far sperare Alberto Stasi, secondo la nota Criminologa Roberta Bruzzone, non è altro che l’ennesimo caso di “revisionite”, che porterà ad quanto probabile rigetto.
Il delitto di Garlasco è una vicenda drammatica, una ferita che non si rimargina, una condanna per i genitori della povera Chiara, costretti nuovamente a fare i conti con il loro dolore più grande: la perdita di una figlia.
Silvia Morreale