Spopola, negli ultimi giorni, un nuovo tormentone: la “parlata” in corsivo. Inaugurato dall’influencer Elisa Esposito, il nuovo trend ha scatenato reazioni diametralmente opposte. Chi lo critica aspramente, chi rinviene nell’ideatrice tratti di genialità. Ma cosa altro si può trarre dalla “parlata” in corsivo?
La “parlata” in corsivo di Elisa Esposito è il tormentone del momento. Esplosa su TikTok, in poco tempo la nuova tendenza è approdata a teatri di discussione che eccedono di gran lunga il perimetro dei social network. A quanto racconta l’ideatrice del trend, si tratta di una parodia. Una reazione satirica alla parlata cantilenante delle «figlie di papà del centro di Milano». Da qui gli innumerevoli video pubblicati da Elisa che, da “professoressa di corsivo”, insegna ai suoi followers modi e corretta pronuncia della nuova, comica, frontiera linguistica.
WEB, TELEVISIONE, RADIO
Da qui anche la variegata, composita, diversificata cascata di reazioni ai video di Elisa o del personaggio creato dall’influencer milanese. Dai suoi followers diretti ai frequentatori dei più disparati social, informati dei fatti dai principali mezzi informativi. Dal web la questione è approdata sugli schermi televisivi ed in radio, dove Elisa ha trovato spazio da ospite ed offerto al pubblico performance di buon corsivo.
Tra presentatori ed ospiti divertiti, le è stato addirittura proposto di “corsivizzare” anche alcuni versi della Divina Commedia. Elisa ha accettato di buon grado, recitando in “corsivo” le parole di un Dante che si è, poi, rivelato a lei sconosciuto. E da qui, un’altra tempesta di reazioni. Soprattutto polemiche, critiche e derisioni.
Poi, chi, più cauto, ha denunciato – sulla scorta dell’esempio di Elisa – la diffusa e generalizzata ignoranza delle nuove generazioni. Più cauto perché scevro di un attacco ad personam, che è pur sempre spiacevole, soprattutto nel caso in cui i toni non sono proprio pacati. È facile trascendere, specialmente dietro lo schermo dei social, una delle più profonde valvole di sfogo dell’italiano medio. In questo caso, ad Elisa va la nostra più sentita vicinanza. Non deve essere una bella esperienza, trovarsi a fronteggiare schiere di affamati – e spesso seriali – aggressori verbali. Se non altro, ci si chiede, quale miglioramento dovrebbe apportare alla propria vita, l’insulto smodato.
Dall’altro lato – l’altra faccia della medaglia – ecco invece cortei di apologeti. Secondo i quali, Elisa sarebbe un genio del nostro tempo, meritevole di aver scorto un andazzo social-generazionale e di averci monetizzato su.
MECCANISMI DICOTOMICI
Ecco il punto, il nodo cruciale, la questione principe. Il meccanismo che regola la risposta pubblica a fatti che, volenti o nolenti, ci riguardano, è tendenzialmente dicotomico. Da un lato i detrattori, dall’altro gli apologeti. Da un lato chi critica, insulta, denigra a spada tratta, dall’altro chi sguaina presunte argomentazioni favorevoli che, spesso, rasentano la celebrazione.
Mancano la misura e l’indugio. E forse conviene perché la voce grossa, dicotomicamente, la si gestisce meglio. A scapito, però, della complessità del reale, quand’anche, come in questo caso, non vi è qualcosa di particolarmente complesso.
Una influencer come tante e tanti che, nell’intersezione di un insieme di fattori, diventa influente. Una popolazione di consumatori che trova interessante, divertente, comica una trovata come tante.
Traballa l’assunto secondo cui sia più facile far piangere che far ridere, in assenza di qualunque sottotesto, estro, nonsense e profonda pratica imitativa. Ma questo è un altro discorso, ben più complesso.
NOVITÀ PER LA NOVITÀ
Finché dura, sino a quando la “professoressa di corsivo” manterrà uno scampolo di attrattiva, allora sarà interessante un po’ per tutti. E tanto l’impianto informazionale quanto assetti privati saranno disposti ad ospitarla in nome dell’audience. Quando la scia meteorica della moda della parlata in corsivo tramonterà, lascerà spazio ad un nuovo tormentone destinato alla stessa sorte. E, probabilmente, a non tanto diverse dalle odierne, posizioni dicotomiche.
La traiettoria della novità per la novità che, in quanto tale, smette presto di essere novità. E l’industria culturale che se ne alimenta, fino a quando non resta che l’osso. Come Lucio Dalla preconizzava, in tempi non sospetti, nel dissacrante e lucidissimo brano Merdman.
IL CORSIVO E LO SPIRITO DEL TEMPO
Sostare sulla questione in quanto tale, e in senso dicotomico, è probabilmente di scarso interesse. Noioso. Quando l’offerta incontra una risposta della domanda, è la risposta stessa a dettare esigenze, interessi, qualità dei prodotti ricercati dai consumatori. Quando questo processo è commentato in toni drastici, integralisti – aspri o celebrativi che siano – spesso anche manichei, emerge qualcosa dei termini elaborativi del corpo collettivo. Forse più propenso a scagliarsi che a confrontarsi.
Quando buona parte degli interessi dell’industria culturale è rivolto a ciò che è destinato a sfasciarsi la sera stessa, o dopo qualche metro, è lo stesso impianto produttivo a presentarsi in un certo modo. Un personaggio, portatore di un contenuto, veicolato fin quando è consumabile: obsolescenza programmata. Un meccanismo che, forse, appartiene un po’ a tutti.
Quello che resta, non di certo incoraggiante, è ciò che i tedeschi definiscono lo Zeitgeist. Lo spirito del tempo. Di chi produce, di chi consuma, di chi commenta, di chi gestisce l’informazione, la “cosa culturale”. Il corsivo e lo spirito del tempo. Iterazione dell’uguale. Nulla di nuovo sotto il sole.
Mattia Spanò