Il corpo nel capitalismo: “Oltre la periferia della pelle”

Silvia Federici, docente universitaria, filosofa, femminista e marxista, in “Oltre la periferia della pelle. Ripensare, ricostruire e rivendicare il corpo nel capitalismo contemporaneo”, analizza il rapporto tra corpo e capitalismo e fornisce una mappa utile alla resistenza contro sfruttamento e disumanizzazione.

Il corpo

Il corpo nel capitalismo è visto come metro per analizzare la situazione politica e sociale contemporanea e allo stesso tempo come punto di partenza per ricostituirla in termini di lotta. Questo è l’assunto da cui muove il libro di Silvia Federici. L’autrice rifiuta sia le posizioni del determinismo biologico che le teorie performative. Il determinismo biologico vede il corpo come il risultato di un codice genetico che stabilisce la nostra vita psicologica e fisiologica. Le teorie performative, diffuse soprattutto in ambito trans e femminista, vedono il corpo in maniera fluida, discorsiva. Entrambe i punti di vista escludono i fattori che influenzano e sfruttano il corpo: le forze coercitive, sociali, economiche e politiche. Esse sono analizzate dall’autrice come il campo di forze in cui il corpo è immerso e senza il quale la sua essenza rimane intellegibile.

Dobbiamo identificare le politiche antagoniste e le relazioni di potere che costituiscono i nostri corpi e ripensare le lotte di opposizione alla “norma”, se vogliamo ridisegnare le strategie per il cambiamento.

Non solo. Il corpo come fatto naturale, impone la necessità di scrivere e raccontare la storia del capitalismo anche dal punto di vista animale. Tale sistema economico tratta tutti gli esseri viventi come oggetti finalizzati alla produzione di capitale, schiavizzando e meccanizzando il corpo e, con esso, la vita stessa.




Il corpo e il capitalismo

 Il capitalismo ha trattato i nostri corpi come macchine da lavoro perché è il sistema sociale che più di altri ha reso i lavoratori l’essenza dell’accumulazione della ricchezza, e che dunque ha necessità di massimizzarne lo sfruttamento.

Sono numerosi gli esempi storici e contemporanei mediante i quali l’autrice traccia il quadro del rapporto tra corpo e capitalismo. Eclatante, nel contesto della riduzione del corpo della donna a macchina in periodo di schiavitù negli Stati Uniti, con continue violenze da parte dei padroni bianchi, l’assunto secondo il quale era più conveniente una donna che partoriva ogni due anni piuttosto che il miglior uomo di una fattoria. La riproduzione è sempre stata controllata dal capitalismo, perché alla base dell’accumulo di forza lavoro e di capitale. La maternità surrogata legge la gestazione come un fatto meccanico, alienante.  Essa alimenta un mercato di bambini e bambine come proprietà che può essere trasferita, comprata e venduta. Si tratta di una forma avanzata di mercificazione della vita umana. La psicologia, altro esempio, è stata serva del taylorismo prima e del fordismo poi. Non è mai stata a fianco dei lavoratori, ma sempre di un potere che richiedeva efficienza e compenetrazione con la macchina. Fino all’odierna trasformazione del corpo in macchina da lavoro.

Il corpo danzante

Il corpo è luogo e mezzo di resistenza contro lo sfruttamento del capitalismo, che in tutti i modi ha cercato di estraniare l’essere vivente da un sano rapporto con la natura e il mondo. Nel periodo precapitalistico, l’essere umano viveva in simbiosi con l’ambiente: i mari, il cielo, la terra. La conoscenza derivante da quello stile di vita resta ineguagliabile. Diversa, in tutto e per tutto, da quella alienante tipica della contemporaneità, che fa del corpo un deposito di malattie, un fardello senza ragione che siamo costretti a portarci appresso. Bisogna riappropriarsi del corpo e della sua razionalità intrinseca, che lo mette in comunicazione con l’esterno, con gli altri corpi, con tutta la materia che lo circonda.

Dalla danza impariamo che la materia non è stupida, non è cieca, non è meccanica ma ha i suoi ritmi, i suoi linguaggi, e che si attiva da sé, si organizza da sé. I nostri corpi hanno ragioni che dobbiamo imparare a conoscere, riscoprire, reinventare.

Il corpo, afferma l’autrice, ha la capacità di trasformarsi e trasformare gli altri. È partendo dal corpo che possiamo non solo resistere, ma cambiare il mondo.

Glenda Dollo

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