Tsipras, il primo ministro greco, ci mette in guardia: “Attenti, mettetevi d’accordo con l’Europa se no sono guai”. Detto da lui, “populista pentito” che sa bene i guai che ha passato la Grecia per essersi messa contro le regole dell’Europa, fa impressione.
Dovrebbe farne tanta, di impressione, anche ai partiti che governano, ma quelli hanno un problema: il gommone del consenso su cui galleggiano è costituito dalla (giusta) rabbia della gente per decenni di cattivo governo. Come si fa a dire adesso a quelli che li hanno votati “I soldi non ci sono, scusate, come non detto”? C’è il grosso rischio di essere buttati fuori bordo, e allora addio ambizioni personali. E quindi bisogna tentare la quadratura del cerchio. Ci stanno provando: da un lato, annacquano le più costose fra le promesse fatte – reddito di cittadinanza, detassazione eccetera. Qualcuna in verità non l’hanno nemmeno annacquata, l’hanno buttata furtivamente nella spazzatura confidando sulla scarsa memoria degli italiani: per esempio, quella della cancellazione immediata delle tasse sui carburanti, ribadita anche una settimana dopo le elezioni. Da un altro lato, dicono che se qualcosa non possono realizzare è per colpa dell’Europa e dei mercati che complottano contro di loro. Ovviamente, sperano che la gente non realizzi che “l’Europa” è quella che abbiamo voluto quando l’abbiamo creata anche noi, con le sue regole, e che “i mercati” sono fatti da persone che spostano semplicemente i loro soldi dove pensano sia più sicuro e conveniente; e se i conti dell’Italia traballano, non comprano il nostro debito (come è appena successo con i BTP).
Naturalmente succede – lo capisce anche un bambino – che, per allettarli a comprare, bisogna aumentare i tassi. E cioè il famoso spread. Ma se lo Stato deve pagare maggiori interessi, può investire di meno nelle infrastrutture che fanno crescere il Paese e riduce la sua capacità di investire nel sociale e nei servizi (parliamo, per esempio, di scuole e sanità). Inoltre, se i tassi aumentano, le banche aumentano gli interessi sui prestiti che fanno alle aziende, colpendo la loro capacità di finanziare la propria espansione; e questo significa meno posti di lavoro. Aumenta anche il tasso dei mutui: sta succedendo, e qualcuno se n’è già accorto sulla propria pelle.
Ma i politici hanno un’altra carta da giocare, quella del patriottismo. È collaudatissima, e funziona che è una bellezza, a patto di usarla ogni settant’anni: “Italiani, la perfida Europa ce l’ha con noi”. “Italiani, facciamogli vedere chi siamo”. “L’Europa si troverà contro sessanta milioni di italiani” (settant’anni fa erano “cinquanta milioni di baionette”). Manca solo che qualcuno urli “Spezzeremo le reni ai mercati”. Ed ecco l’Italia lanciarsi contro la maledetta e cattiva Europa brandendo uno spadone – “Branca, Branca”, “Leon Leon, Leon”. Chi ricorda il film con Vittorio Gassman sa cosa voglio dire.
Ma non disperiamo: chissà, può essere che l’Europa se la faccia sotto e si inginocchi davanti a noi implorando pietà. Chissà, può essere che i paesi europei più amici dei nostri governi, come Austria e Ungheria, decidano di darci una mano anziché fare i propri interessi. Ah, dimenticavo, c’è anche una ultima possibilità: che il nostro governo ceda sugli investimenti improduttivi in cambio di tolleranza sugli altri, e riesca a rimanere “più o meno” sullo sforamento del deficit al 2,6%. Si accettano scommesse.