Il Consiglio d’Europa è preoccupato: troppi femminicidi in Italia

troppi femminicidi in Italia

Il nostro paese è inefficace contro la violenza sulle donne. Questo è quello che viene sottolineato dal Consiglio d’Europa, il quale si dichiara «preoccupato» non solo per i troppi femminicidi in Italia, che ormai hanno toccato quota 84, ma anche per la gestione delle denunce di violenza domestica da parte delle autorità, giudicata «inefficace e tardiva». In aggiunta la Corte Europea dei diritti dell’uomo condanna, per l’ennesima volta, “il Bel Paese”.

Ci sono ancora troppi femminicidi in Italia

I telegiornali ne parlano di continuo, il web è invaso da denunce e racconti di donne che hanno subito violenze e abusi e che hanno trovato il coraggio di esporsi. Eppure ci sono ancora troppi femminicidi in Italia. Il numero delle donne vittime di uomini ha raggiunto nei giorni scorsi quota 84, dimostrando chiaramente come ci sia ancora molta strada da fare per sradicare quella che si può identificare come una vera e propria piaga. Anche il Consiglio d’Europa (CdE), la principale organizzazione per la difesa dei diritti umani nel nostro continente, è dello stesso avviso. Il CdE si è infatti espresso sull’argomento dichiarandosi «preoccupato» per i dati forniti dal nostro paese, i quali «mostrano una persistente alta percentuale di procedimenti per violenza domestica e sessuale archiviati nella fase delle indagini preliminari, un uso limitato degli ordini di protezione e un tasso significativo di violazione degli stessi». Le azioni intraprese dalle autorità competenti inoltre vengono definite dal Comitato dei ministri (l’organo decisionale del Consiglio d’Europa) come «risposte inefficaci e tardive», bocciando di fatto l’operato delle forze dell’ordine e della giustizia italiane.

Nonostante da Strasburgo vengano riconosciuti alcuni passi avanti nel «prevenire e combattere la violenza domestica e la discriminazione di genere», il CdE chiede al governo italiano di fornire entro sei mesi delle informazioni dettagliate sui procedimenti per violenza domestica e sessuale, invitando ad esaminare l’elevato tasso di processi «interrotti nella fase istruttoria». Inoltre a Roma viene richiesto di presentare delle prove tangibili dei passi avanti che ci si augura vengano fatti entro marzo 2024, portando al CdE «azioni concretamente intraprese e i progressi tangibili raggiunti», in modo da evitare un nuovo risultato negativo per il nostro paese. Già più volte infatti la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha condannato l’Italia per non aver rispettato o garantito un adeguato livello dei diritti umani, a maggior ragione allora si auspica che si possa giungere nel minor tempo possibile ad una soluzione, o almeno che si facciano dei significativi passi avanti nell’ambito della violenza di genere.

I dati sulla violenza di genere in Italia

L’Istat negli ultimi anni ha intensificato, anche grazie alla pressione dell’opinione pubblica, la raccolta dei dati sui femminicidi e sulla violenza di genere, andando a fornirci un quadro quanto più preciso possibile, che tuttavia non mette in buona luce il nostro paese. Tra il 2012 ed il 2016 l’istituto aveva rilevato un totale di circa 600 donne uccise da uomini, per una media di circa 150 omicidi l’anno; e negli ultimi sette anni la tendenza, che ha registrato ad onor del vero anche alcuni cali, non è tuttavia sembrata invertirsi. Ad oggi sono 84 i femminicidi registrati come tali, un numero evidentemente elevato che oltretutto non è  per nulla definitivo: a questi casi già accertati dovranno essere poi aggiunti quei casi ad ora ancora irrisolti, oltre che ovviamente a quelli che si verificheranno nei prossimi mesi.

Dei numerosi, e terribili, dati che ci vengono forniti dall’Istituto Nazionale di Statistica, uno su tutti dovrebbe dare maggiormente da pensare: delle 84 vittime registrate finora, più della metà sono state uccise per mano del partner o di dell’ex partner. Se andiamo inoltre ad osservare gli episodi di violenza domestica e sessuale, in moltissimi casi questi avvengono sempre per mano degli stessi. Il problema allora non sembra essere così nascosto. Considerando che il movente pare essere sempre lo stesso, la “gelosia”, dovrebbe essere palese allora come qualcosa nell’educazione, affettiva e non, non stia funzionando a dovere. È vero che l’Italia è un paese ancora indietro su questo tema, pensiamo a quanto poco tempo fa sia stato abolito ad esempio il matrimonio riparatore, ma ciò dovrebbe dare un’ulteriore spinta a migliorarsi e a far crescere le nuove generazioni, non a rimanere aggrappati ad un passato che ormai (per fortuna) non esiste più.

Marco Andreoli

Exit mobile version