Nel mondo accademico emerge in maniera chiara e inequivocabile un consenso scientifico sul cambiamento del clima che possiamo definire unanime. Esso rappresenta il frutto di anni di ricerca, basato su dati solidi e una ponderata valutazione degli esperti del settore, consolidando una certezza incontestabile riguardo alle cause e agli effetti del cambiamento climatico.
Mentre il mondo si trova immerso in una discussione sempre più accesa sull’emergenza climatica, una serie di voci dissonanti cerca di mettere in discussione la responsabilità umana nei cambiamenti del clima. Queste voci, provenienti da alcuni scienziati “dissidenti”, sostengono che l’origine antropica del cambiamento globale sia solo una delle possibili ipotesi e non così stabile, dopo tutto.
Tuttavia, la realtà all’interno della comunità scientifica che studia il clima è radicalmente diversa. Dati imponenti e decenni di discussione accademica hanno portato a una conclusione inequivocabile: l’aumento della temperatura media globale è attribuibile esclusivamente alle emissioni di anidride carbonica e metano generate dall’attività umana. Quindi, il consenso scientifico sulla causa umana del cambiamento climatico è estremamente solido.
Sorprendentemente, le statistiche dimostrano che il consenso sull’AGW (Global Warming di origine antropica) è uno dei più robusti in ambito scientifico: ben il 99,85% degli studi effettuati sul tema lo condividono. Tale cifra è emersa da uno studio del 2021 che ha esaminato 88.125 ricerche scientifiche pubblicate tra il 2012 e il 2021. Allo stesso modo, un altro studio condotto nello stesso anno ha consultato 153 climatologi indipendenti, trovando un accordo del 98,7%. Questi numeri non sono nuovi, in quanto studi precedenti, datati 2013 e 2016, indicavano un consenso intorno al 97%.
È importante notare che all’interno della comunità di scienziati specializzati nella ricerca climatica, il consenso raggiunge il 100%. Curiosamente, la maggior parte dei cosiddetti “negazionisti” del clima, presenti nei media italiani, non sono esperti in climatologia.
Ma cosa rappresenta davvero questo consenso? Secondo il sociologo della scienza Ludwik Fleck, si tratta del risultato di un collettivo di pensiero all’interno della comunità scientifica. Non è soltanto la raccolta di dati, ma anche la discussione sull’interpretazione, lo scontro tra nuovi esperimenti e verifiche, la competizione tra teorie, finché dati e interpretazioni non si consolidano in un modello coerente della realtà. Alla fine, la comunità concorda sui fatti fondamentali. Non è un’ortodossia dogmatica, bensì il frutto di un confronto paritario e antidogmatico.
L’origine del cambiamento climatico è un esempio eloquente di questo processo. L’ipotesi originò nella seconda metà del XIX secolo, quando Eunice Newton Foote dimostrò sperimentalmente l’effetto serra della CO2, prevedendo che un’atmosfera ricca di questo gas avrebbe portato all’aumento della temperatura terrestre. Nel 1896, il chimico Svante Arrhenius e il geologo Thomas Chamberlin arrivarono indipendentemente alla conclusione che l’uso di combustibili fossili, emettendo CO2 nell’atmosfera, avrebbe potuto causare un surriscaldamento del pianeta. Tuttavia, questa avvertenza fu ignorata fino agli anni ’40 del XX secolo, mentre si cercava di comprendere il contributo dell’atmosfera, dell’attività solare e di altri fattori nei cambiamenti climatici passati della Terra.
Negli anni ’50, nuove misurazioni più precise e modelli geochimici e atmosferici avanzati rimisero al centro della discussione il ruolo cruciale della CO2 nel clima. Successivamente, la netta tendenza al riscaldamento globale a partire dagli anni ’80, insieme all’evoluzione dei modelli climatici, eliminò quasi tutti i dubbi, portando all’attuale consenso. Tuttavia, la scienza del clima presenta ancora numerose questioni aperte e dibattiti attivi su altri aspetti, come il comportamento delle correnti oceaniche in un clima in continua evoluzione.
Allora, perché continuano a emergere voci di dissenso, apparentemente contrarie a un dibattito ormai concluso? Si tratta di un esempio classico di falsa controversia. Al fine di mantenere una presunta neutralità, i media concedono spazio paritario a posizioni contrapposte, creando una disputa che in realtà non esiste. È come discutere sull’astronomia confrontando chi crede che la Terra sia al centro dell’universo: una controversia che esiste ancora, ma che non appartiene a un autentico dibattito accademico.
Il consenso scientifico sul cambiamento climatico è quasi unanime. Rappresenta attualmente la migliore approssimazione della realtà che abbiamo a disposizione. Le voci dissonanti non hanno portato nuovi dati o modelli più solidi. Alla luce delle implicazioni in gioco, è fondamentale fare affidamento su ciò che la comunità scientifica ha solidamente stabilito.