Il “concorso della vergogna”: lo scontro social fra Frontex e Sea-Watch

concorso frontex

In occasione del 9 maggio, ovvero la Giornata dell’Europa, l’agenzia europea Frontex ha lanciato un concorso fotografico fra i suoi dipendenti. L’obiettivo è di mostrare i diversi volti dell’agenzia al pubblico europeo, utilizzando la più grande piattaforma social: Facebook.

Ma l’iniziativa non è piaciuta a tutti, anzi, ha generato un’ondata di polemiche.

Il concorso fotografico

Il concorso fotografico proposto da Frontex chiede al suo staff di mostrare le varie identità dell’agenzia europea, che si occupa in particolar modo delle frontiere. Le categorie proposte dal concorso sono tre:

Il concorso ha principalmente l’obiettivo di creare una comunicazione empatica sui social con i cittadini europei, mostrando le persone che esistono dietro ad un nome o ad un’istituzione.  Si è però dimostrato un’occasione mancata, in quanto la risposta social non è stata quella sperata.

In particolar modo, a suscitare indignazione sono state le fotografie appartenenti alla terza categoria, quella in effetti più ampia e con più possibilità fotografiche: quella sulle attività di Frontex.

Essendo l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, molte delle fotografie pubblicate vertono sulla questione migratoria. Fra le fotografie, per esempio, ci sono alcune provenienti dalla Guardia Costiera Italiana, altre dal confine fra Polonia e Ucraina.

La risposta di Sea-Watch

Se l’iniziativa, quindi, ha l’intenzione di umanizzare un organo europeo, che tende ad essere visto ancora più distante rispetto a quelli nazionali, la cosa è però diventata oggetto di dibattito. Le fotografie, a detta delle ONG, non mostrano il vero volto dell’agenzia.



In particolar modo, la reazione dell’ONG Sea-Watch ha fatto rumore. L’ONG ha risposto condividendo una foto per ognuna delle categorie del concorso.

Per la categoria “Cooperazione con le autorità nazionali” ha condiviso una foto di due navi avvistate da Frontex e poi riportate in Libia dalla Guardia Costiera Libica, quindi prova della collaborazione illegale fra Frontex e Libia.

Altra foto condivisa da Sea-Watch è quella di un barcone di migranti che brucia nel Mediterraneo in seguito all’intercettazione della Guardia Costiera Libica. L’ONG insiste da tempo sulla violazione dei diritti umani nel paese e sottolinea come la collaborazione con la Guardia Costiera Libica non faccia che peggiorare la situazione.

L’ONG chiama, quindi, questa iniziativa “contest della vergogna” e chiede l’abolizione di Frontex.




Le polemiche verso Frontex non sono assolutamente nuove. Seppure a marzo si sia chiusa un’indagine del Parlamento Europeo sul ruolo di Frontex nei respingimenti illegali di migranti, in realtà lo stesso Parlamento Europeo ne ha ancora un’altra in corso, ma al momento non sono stati rilasciati dettagli.

 Il concorso fotografico è stata un’occasione mancata?

Quello che è certo, però, è che c’è un grande problema riguardo le organizzazioni europee. La mancanza di una vera e propria lingua comune, la lontananza geografica ed emotiva, l’incompatibilità di alcune linee di pensiero fra i paesi e l’Europa hanno portato l’Unione Europea ad essere incredibilmente distante e a perdere rilevanza agli occhi dei cittadini.

Ciò non è da intendersi a livello politico, quanto mediatico e sociale: non è ancora stata creata un’empatia europea come invece esiste, con tutti i dissapori del caso, nel caso delle singole nazioni.

Questo contest poteva essere un buon modo di presentarsi ai cittadini europei usando uno dei media più ad ampio raggio, Facebook, e uno degli strumenti che meno necessità di traduzioni: la fotografia, l’immagine.

Tuttavia, la poca aspettativa verso Frontex – dovuta sia alle indagini in ambito migratorio che a quelle sui suoi bilanci – rende difficile creare un rapporto di fiducia con i cittadini europei, soprattutto quando si sta cercando di capire se possa essere coinvolta in una delle più grandi tragedie del nostro secolo.

Se le responsabilità di Frontex dovessero essere certificate dall’indagine che ancora deve chiudersi, questo certificherebbe le responsabilità di un’Europa che non è stata in grado di essere leader promotrice dei diritti umani in un luogo, il Mediterraneo, che ne aveva davvero bisogno.

Come affronteranno la cosa i cittadini europei? Saranno in grado di affrontare i problemi nell’Unione riuscendo, nel processo, anche a trovare un’identità europea comune? E che ruolo hanno i social media in tutto questo?

Per ora non si può che ipotizzare una serie di risposte. Quello che è certo è che queste saranno alcune delle discussioni centrali del prossimo futuro.

Giulia Terralavoro

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