Il Cio contro la nostra riforma dello sport. Italia esclusa da Tokyo 2020?

Italia esclusa da Tokyo 2020

L’Italia rischia l’esclusione dai Giochi Olimpici di Tokyo 2020. Al Cio non piace per niente la legge di riforma dello sport approvata in via definitiva proprio in queste ore dal Senato. Un provvedimento che, secondo il comitato olimpico internazionale, metterebbe a rischio l’autonomia del Coni, tanto da farne ipotizzare perfino la sospensione.

 




LETTERA DA LOSANNA

Già nei giorni scorsi il presidente del Cio Thomas Bach aveva fatto trapelare la propria preoccupazione in relazione alla riforma del sistema sportivo italiano. Stamattina è arrivata da Losanna una lettera di quattro pagine indirizzata a Giovanni Malagò, nella quale questi timori vengono messi nero su bianco e si chiede di apportare modifiche sostanziali. In particolare sono sei i punti oggetto del contendere. Tra questi

Il Coni non dovrebbe essere riorganizzato mediante decisioni unilaterali da parte del governo. La sua governance  interna e le sue attività devono essere stabilite e decise nell’ambito del proprio statuto, e la legge non dovrebbe avere per obiettivo un micromanaging della sua organizzazione interna e delle sue attività.

Le entità che compongono il Coni dovrebbero rimanere vincolate agli statuti del Coni, della Carta Olimpica e agli statuti delle organizzazioni sportive internazionali alle quali sono affiliate, e dovrebbero completamente rendere conto al Coni per ogni specifica esigenza finanziaria e tecnica.

La missione dei comitati olimpici è di sviluppare, promuovere e proteggere il Movimento olimpico nei rispettivi paesi, in conformità con la carta olimpica.  Il ruolo dei comitati olimpici nazionali è di promuovere i principi fondamentali e i valori dell’olimpismo nei rispettivi paesi e incoraggiare lo sviluppo dello sport di alta prestazione, così come dello sport per tutti.

A TOKYO COME INDIPENDENTI?

Se le sollecitazioni del Cio non venissero tenute in considerazione modificando le parti più controverse della legge, si potrebbe arrivare, come detto, anche alla sospensione, seppure temporanea, del Comitato Olimpico Italiano. Ciò causerebbe l’esclusione della nostra squadra nazionale dalla rassegna a cinque cerchi in programma il prossimo anno in terra asiatica. I singoli atleti potrebbero partecipare ugualmente ai Giochi come indipendenti sotto l’egida del Cio. Resterebbero però a casa le rappresentative degli sport di squadra (al momento ne sono qualificate tre, la nazionale di pallanuoto maschile, quella di pallavolo femminile e quella di softball).




L’Italia non sfilerebbe con il tricolore nella cerimonia di apertura e in quella di chiusura, né tantomeno potrebbe essere suonato l’inno di Mameli in caso di conquista di una medaglia d’oro da parte dei nostri atleti. Un provvedimento simile è già stato adottato in passato per paesi di minor tradizione sportiva del nostro, quali Kuwait e India. Nel caso italiano è probabile che si cerchi fino all’ultimo di evitare una soluzione così drastica.

A RISCHIO ANCHE MILANO-CORTINA 2026

La sospensione del nostro comitato olimpico avrebbe anche un’altra conseguenza pesante. Decadrebbe infatti la candidatura italiana per i Giochi invernali del 2026, assegnati a Milano e Cortina lo scorso 24 giugno a Losanna. Sarebbe un colpo pesantissimo per l’immagine del nostro paese in ambito sportivo, dopo aver già detto no alle Olimpiadi estive a Roma, ma anche il Comitato olimpico internazionale si troverebbe in difficoltà dato che l’unica sfidante, e neppure troppo convinta, era Stoccolma, dopo i ritiri, per motivi vari, di Calgary, Graz e Sion.

LE REAZIONI POLITICHE

Giovanni Malagò, da sempre ostile alla riforma dello sport avviata lo scorso autunno dal sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti, ha immediatamente girato la lettera alle principali cariche politiche del paese, dal presidente Mattarella al primo ministro Conte passando per i presidenti di Camera e Senato, Fico e Casellati. Al momento però la Lega non sembra intenzionata a fare passi indietro sul provvedimento. In serata, il disegno di legge ha infatti ottenuto il via libera a Palazzo Madama con 154 voti a favore, 54 no e 52 astenuti, dopo essere stato precedentemente votato anche alla Camera. La palla ora passa al governo.

 

DINO CARDARELLI

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