È da qualche giorno che, come è stato annunciato dal dipartimento meteorologico del Bangladesh, il ciclone Mocha ha colpito Bangladesh e Myanmar, causando gravi danni alle strutture e alla popolazione locale.
I danni del ciclone
Circa una settimana fa il dipartimento meteorologico del Bangladesh ha annunciato che Mocha, il ciclone più forte degli ultimi 10 anni tra quelli che hanno colpito la regione, ha toccato terra vicino alla costa tra Bangladesh e Myanmar. Secondo le analisi, la velocità del vento e delle piogge in un raggio di 75 chilometri dal centro del ciclone era di circa 195 chilometri orari.
Il ciclone si era presentato inizialmente al largo della costa, come detto prima, al confine tra Bangladesh e Myanmar (nella zona compresa tra Cox’s Bazar e Sittwe). Ciò però non ha impedito di mettere in massima allerta e sorveglianza da parte di tutte le agenzie delle Nazioni Unite e dalle Ong umanitarie schierate sul campo.
Nel corso delle ore il ciclone si è spostato in direzione nord-nord-est, causando non solo enormi danni a diverse strutture ma anche un elevato numero di sfollati e di morti. La città di Sittwe, capitale del Myanmar, è stata distrutta al 90%, con un bilancio totale di 145 morti e un numero ancor più elevato di feriti. In Bangladesh invece sono state particolarmente colpite l’isola di Saint Martin e la municipalità di Teknaf, sempre nella regione di Cox’s Bazar, che ospita un milione di profughi Rohingya in uno dei campi più sovraffollati al mondo.
In generale, tra i due Stati, un totale di oltre un milione di persone ha ricevuto ordine di evacuazione. Sono pure presenti online video che mostrano la capacità distruttiva del ciclone.
Dopo che il ciclone Mocha ha colpito Bangladesh e Myanmar, cos’è successo?
Dopo qualche giorno il ciclone si è interrotto, ma i problemi sfortunatamente non hanno accennato a concludersi. Passata la tempesta vera e propria, il rischio di frane e di contrarre malattie trasmesse dall’acqua contagiata sono invece aumentati. Come dichiarato inoltre dalla direttrice generale dell’UNICEF Catherine Russell:
Alcuni dei bambini e delle famiglie più vulnerabili del mondo sono, ancora una volta, al centro di una crisi che non hanno creato loro. Le aree più colpite dalla tempesta ospitano comunità che già vivono conflitti, povertà, instabilità e shock climatici e ambientali. Mentre valutiamo e rispondiamo con urgenza ai bisogni immediati dei bambini in seguito a questo ciclone, sappiamo con certezza che il modo migliore per salvare e migliorare le vite dei bambini e delle loro famiglie è trovare soluzioni a lungo termine
Secondo il report dell’UNICEF, finita la tempesta, il ciclone ha lasciato dietro di sé una scia di strutture completamente rase al suolo. Molte delle centinaia di migliaia di rifugiati o di sfollati adesso vivono in rifugi mal strutturati in campi e aree difficili da raggiungere. Essi dipendono fortemente dall’assistenza umanitaria per tutti i bisogni primari, quali cibo, acqua, salute, istruzione e protezione.
Continua il report affermando che la situazione è particolarmente preoccupante in Myanmar. Più di 16 milioni di persone, tra cui 5,6 milioni bambini e 1,2 milioni di sfollati interni di etnia rohingya, rakhine e di altre comunità, si sono trovati sulla traiettoria del ciclone nello Stato di Rakhine insieme ad alcune località del nord-ovest, tra cui lo Stato di Chin e le regioni di Sagaing e Magway. Queste aree sono basse e altamente soggette a frane e inondazioni. In questo caso però, una valutazione precisa dell’entità dei danni in Myanmar è difficile, soprattutto a causa dell’interruzione dei servizi di trasporto e di telecomunicazione (soprattutto a Sittwe) e dell’inaccessibilità di alcune strade a causa della caduta di alberi e detriti.
Un’ulteriore conseguenza della crisi climatica
Come riferisce anche l’analisi dell’UNICEF, il collegamento di questi disastri naturali con la crisi climatica è doveroso. È stato infatti rivelato che, mentre gli sforzi di gestione di questi disastri in generale hanno ridotto il numero di morti durante gli ultimi anni, il cambiamento climatico sta minacciando questi progressi. In particolare, in Bangladesh l’aumento della frequenza e dell’intensità delle tempeste rappresenterà un rischio sempre più grande nei prossimi decenni, oltre al ciclone Mocha che ha colpito anche il Myanmar.
Come accennato anche prima, le cause di queste catastrofi colpiscono popolazioni che non hanno la diretta responsabilità dell’accaduto. Parlando però di crisi climatica, possiamo facilmente individuare alcuni responsabili: si tratta di tutti quei Paesi che nel corso degli ultimi decenni hanno registrato emissioni elevate, corrompendo non solo il proprio benessere, ma anche e soprattutto quello degli altri. Il risultato, quasi beffardo, è che in questo momento a pagarne le conseguenze sono le popolazioni dei territori meno ricchi, mentre i Paesi del primo mondo continuano a prendere misure inadeguate per mitigare gli effetti del cambiamento climatico.