Il caso Philip Guston: la contestualizzazione dell’arte dopo il BLM

Philip Guston

Rimandata al 2024: la rassegna sul pittore americano Philip Guston è stata posticipata per poter ricontestualizzare il pittore e la sua opera al tempo del Black Lives Matter. Ciò è dovuto ad alcune opere dell’artista in cui sono rappresentati i famosi suprematisti bianchi del Ku Klux Klan. Da qui la scelta non di annullare la rassegna, che da Londra avrebbe poi raggiunto gli USA, ma di contestualizzarla, prendendosi il tempo necessario per farlo.

Giusto o sbagliato rimandare la rassegna su Philip Guston?

Philip Guston: di chi stiamo parlando?

Philip Guston è il figlio di immigrati ebrei, fuggiti a Montréal (Canada) dalle persecuzioni in Ucraina. All’età di sei anni, Philip segue la sua famiglia negli USA, a Los Angeles, dove toccano con mano il crescente clima di odio razziale creato dal Klu Klux Klan. Il padre di Philip, per il timore di altre persecuzioni da parte del KKK e per via di problemi economici, si toglie la vita.

Philip cresce e studia alle superiori con Jackson Pollock, il quale diventa l’amico di una vita, con cui viene espulso per un paper polemico che i due avevano scritto.

Mentre Pollock riesce a farsi riammettere, Philip Guston sceglie il percorso dell’artista autodidatta e politicamente impegnato.

In particolar modo, si dedica a murales di protesta, come quello per il John Reed Club di Los Angeles, associazione comunista che cercava di raccogliere fondi per gli “Scottsboro Boys”, nove ragazzi di colore ingiustamente accusati di violenza sessuale da una giuria bianca. È tuttora uno dei più celebri errori giudiziari statunitensi.
Viene poi chiamato in Messico per lavorare su un murales di 93 m², intitolato “La Lotta Contro Il Terrore” (The Struggle Against Terror), dichiaratamente antifascista. Lì conosce Frida Kahlo e Diego Rivera.

Tornato a New York, dopo vari murales fatti come attività di servizi sociali (i cosidetti WPA Murals) diventa uno dei primi grandi espressionisti astratti della New York School.

Abbandonato l’astrattismo, comincerà delle opere in uno stile infantile, fumettistico, con cui arriviamo alla mostra del 2020.

I protagonisti sono figure vestite da membri del Klu Klux Khan, ma in atteggiamenti da persone normali, proprio a far specchiare gli uomini bianchi nella quotidianità del loro odio. Lo stesso pittore si rappresenta fra i personaggi. Nessuno è innocente nel momento in cui si rende un’ideologia basata sull’odio parte della normalità.

La polemica: il pittore che dipinge il Klu Klux Khan

“Il movimento di giustizia razziale cominciato negli Stati Uniti e poi diffusosi in tutto il mondo, oltre alle sfide dovute alla crisi sanitaria mondiale, ci hanno portato a fermarci, in attesa di un momento in cui il potente messaggio di giustizia sociale e razziale può essere meglio interpretato”.

La rassegna dei lavori di Philip Guston, che doveva cominciare il 3 ottobre, è stata rimandata a data da destinarsi.

La ragione principale sembra risiedere in alcuni autoritratti dell’artista in cui lui si raffigura come membro del KKK. Questi, però, non erano messaggi di approvazione del movimento che ha portato anche alla morte del padre dell’artista, ma uno studio sul male che in prima persona Philip aveva vissuto fin da bambino.

Le reazioni del mondo dell’arte sono state tante e polemiche, come questa della figlia di Philip:

“In questi dipinti, figure cartoonizzate ed incappucciate rievocano il Klu Klux Khan. Pianificano, programmano, guidano le loro auto mentre fumano sigari. Non vediamo mai i loro atti di odio. Non sappiamo mai che cosa pensino. Ma è chiaro che siamo noi. Il nostro negare l’evidenza, il nostro tentativo di nascondere. Loro sono anche l’artista stesso, come è ben chiaro nel quadro più noto della serie. Mio padre osò incolpare i bianchi, il nostro ruolo nel terrore razziale che aveva conosciuto sin dall’infanzia, quando il Klan marciava apertamente nelle strade di Los Angeles. In quanto poveri immigrati ebrei, i suoi genitori erano fuggiti dallo sterminio in Ucraina. Lui conosceva l’odio. Era ben presente nei suoi primi lavori.

Dovrebbe essere un momento di resa dei conti, di dialogo. Questi dipinti parlano del nostro tempo. Il pericolo non è nel guardare i lavori di Philip Guston, ma nel voltare lo sguardo.”

A nulla è servita anche la lettera, firmata da più di 2000 artisti americani, per evitare il rinvio: di questa rassegna non si sa più nulla. Bisognerà aspettare il 2024.

Giulia Terralavoro

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