Il presunto decesso di Mino Raiola
Nelle ultime ore si sono avvicendate notizie sulla presunta morte di Mino Raiola, “Re” dei procuratori del mondo del calcio. Tra elogi funebri, fonti sbagliate e fretta di scrivere, il giornalismo italiano (eccetto poche testate) ha dimostrato ancora una volta di concentrarsi più sulla velocità nel pubblicare una notizia che sulla veridicità della stessa. Un giornalismo a briglia sciolta al passo coi tempi che riduce, amplifica e distorce spesso la realtà dei fatti.
È stata necessaria una replica del soggetto coinvolto nella tempesta di fake news a riportare la situazione sui binari della verità. Mino Raiola ha espresso con un Tweet il suo pensiero in merito alla questione dichiarandosi non poco adirato per le notizie sulla sua salute. Notizie già uscite qualche mese fa e riproposte oggi per la seconda volta.
Il cavallo imbizzarrito della comunicazione
Ormai tutti sono a conoscenza della foga che contraddistingue la rete comunicativa odierna e, forse, non ci si stupisce più di nulla. Nella tempesta mediatica e comunicativa quotidiana vi è al giorno d’oggi una sottilissima linea di confine che non garantisce la separazione tra ciò che è vero e ciò che è falso. Il cavallo imbizzarrito della comunicazione galoppa a briglia sciolta non tenendo conto degli ostacoli che trova dinanzi. Il caso Mino Raiola rasenta per l’appunto una di quelle staccionate volte a impedire al cavallo di avanzare. Il giornalismo italiano non ha saltato l’ostacolo con dovizia di particolari e attendibilità delle fonti, ma si è gettato a capofitto travolgendo le assi in legno.
Ma ciò che sorprende di più in un’era comunicativa che stupisce poco, è il numero di testate importanti e certificate che ha seguito il corso della fake news. Tutte le grandi firme, quotidiani dal Curriculum vitae più che rispettabile non hanno atteso l’ufficialità della morte da parte dell’ospedale o da parte della famiglia. Al contrario, si sono affidate a fonti poco attendibili o, peggio ancora, seguito la scia delle prime notizie in merito. Solo alcuni quotidiani per precauzione non si sono fiondati sulla notizia, gli altri sono stati costretti a rettificare.
Il problema è nelle fonti e non tanto nell’anticipare una bozza di articolo
Il giornalismo si è sempre servito dei “decessi illustri” per fare notizia. Non è uno scandalo se i giornalisti che si occupano di ritagliare la vita di un personaggio ne verifichino quotidianamente lo stato di salute. Nel caso di un peggioramento, è necessario cominciare a scrivere una bozza su vita, morte e miracoli del soggetto in questione. D’altronde, senza questo lavoro d’anticipazione il pubblico non sarebbe aggiornato sul decesso e non potrebbe ripercorrere le gesta del defunto il giorno successivo. Ovviamente, il giornalista in quanto uomo non auspica la morte del defunto per pubblicare un articolo, ma si tiene semplicemente pronto a farlo uscire.
Nel caso Mino Raiola, il problema non risiede tanto nell’anticipazione dell’articolo, bensì nell’accuratezza delle fonti: come possono le maggiori testate giornalistiche del nostro paese non accertarsi dell’effettiva scomparsa di un personaggio così importante? Ciò che preoccupa, pertanto, non è l’insensibilità del giornalismo riguardo la morte di un personaggio, ma la negligenza nel dare tutto per scontato nel nome dell’impellenza comunicativa odierna.
Lorenzo Tassi