L’inchiesta del New York Times “La nave che ha fermato 7.000 migranti e contrabbandato 700.000 sigarette” proverebbe che la Caprera avrebbe aiutato ad intercettare più di 80 imbarcazioni che trasportavano migranti dalle coste della Libia, e impedito a più di 7.000 persone di raggiungere l’Europa. Il suo equipaggio avrebbe ritardato ad allertare la Guardia Costiera Italiana circa la presenza di migranti nel Mediterraneo meridionale, cosicché ufficiali libici potessero intercettare le imbarcazioni e riportare i migranti in Libia.
Il caso Caprera, e gli accordi disumani tra Italia e Libia
Gli eventi che hanno portato la Caprera – una “piccola grigia nave da guerra italiana, ritornata alla propria base nell’Italia meridionale nel luglio 2018 – a Tripoli sono iniziati nel 2011. Le rivolte in tutto il Medio Oriente avevano lasciato un vuoto di potere in gran parte della regione, inclusa la Libia. I disordini hanno spinto centinaia di migliaia di migranti a fuggire verso la salvezza in Europa, molti dei quali scappando proprio dalla Libia.
Nel 2017, per bloccare questo “esodo”, il governo italiano ha raggiunto un accordo con il governo di Tripoli. Parliamo dei tristemente noti accordi con la Libia del 2017 (Memorandum d’Intesa), conclusi dall’allora ministro Minniti; e recentemente rinnovati.
In base all’accordo, l’Italia ha promesso supporto logistico e finanziario per ricostruire la Guardia Costiera libica. Per questo, il nostro Stato ha donato alla Libia diverse vecchie navi della Guardia Costiera. Non solo, ha anche dispiegato le proprie navi militari a rotazione a Tripoli per coordinare le loro attività anti-migrazione. Una di queste navi è proprio la Caprera.
Il caso Caprera
La notizia era uscita nel mese di settembre del 2018, senza creare scompiglio, ed era stata ripresa nel maggio 2020, durante il lockdown, e solo nelle cronache locali.
Lo si voleva dipingere come un reato comune commesso da militari, niente di più. Ma il New York Times non ci ha creduto, e ora vuole fare chiarezza.
Hanno coordinato le attività di soccorso,
ha detto Salvini al Times all’inizio di quest’anno. Ancora una volta, una menzogna. Contrariamente a quanto dichiarato dall’ex vicepremier, dall’indagine sul caso Caprera emergerebbe invece come coordinassero ben altro: il ritorno forzato in Libia dei migranti. A questo si fa onore?
A Tripoli coi ragazzi della Caprera, che difendono i mari e la nostra sicurezza: onore! pic.twitter.com/WGbgCTVUt7
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) June 25, 2018
I marinai a bordo delle navi da guerra italiane a Tripoli a volte ritardavano la trasmissione delle informazioni al comando della Guardia costiera italiana a Roma, scrive il Times.
Durante un confuso “salvataggio in mare” coordinato da marinai italiani nel novembre 2017, i giornali di bordo mostrano che l’ambasciatore italiano a Tripoli e il suo addetto navale avrebbero chiesto alla Guardia Costiera italiana di ritirare le sue barche dall’area, per dare più spazio alla Guardia Costiera libica operare. Risultato? Sono annegati in tantissimi.
E il contrabbando di sigarette
Non solo respingevano i migranti violando il diritto internazionale. È stato confermato anche il coinvolgimento di Caprera nell’operazione di contrabbando di 700.000 sigarette, intervistando gli investigatori della polizia; i marinai in servizio in missione; le guardie costiere italiana e libica; e gli avvocati per gli imputati. Prove rafforzate da messaggi di testo, fotografie e trascrizioni di intercettazioni telefoniche.
Sono un po’ nella merda. Le autorità portuali sono a bordo della Caprera. Stavamo scaricando quelle borse con le sigarette,
ha scritto un marinaio di Caprera, Antonio Mosca.
Gli investigatori ritengono che i marinai abbiano acquistato le sigarette con banconote da un fondo di emergenza di diverse centinaia di migliaia di euro, fornito dallo Stato italiano, che era tenuto a bordo della Caprera. Per coprire l’appropriazione indebita, hanno pagato un intermediario, un funzionario della Guardia Costiera libica chiamato Hamza Bin Abulad.
Il signor Bin Abulad era stato addestrato in Italia dalla Guardia di Finanza italiana. Ora lavorava come tramite tra gli italiani e le loro controparti libiche. Egli avrebbe fornito i marinai italiani con fatture per articoli legittimi come pezzi di ricambio di navi, timbrati con le insegne di una società falsa chiamata Tikka – “fiducia” in arabo. Fatture utilizzate per nascondere che i marinai usassero il denaro dello Stato italiano per acquistare grandi quantità di sigarette libiche, insieme alle scatole di Cialis, un farmaco per la disfunzione erettile.
Non finisce qui…
Secondo le prove raccolte, le fatture di Tikka coprirebbero molto più delle semplici sigarette. Le 18 fatture registrano pagamenti per un valore superiore a $ 145.000. Ma gli investigatori ritengono che i marinai abbiano speso “solo” circa $ 26.000 per le sigarette, il che significa che la maggior parte degli articoli o dei servizi acquistati rimangono sconosciuti.
Se questi fatti sconcertanti, denunciati dal NYT, fossero accertati, ci troveremmo di fronte a violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale inaccettabili. Ancora più gravi rispetto a quanto emerso nel Memorandum d’Intesa tra Italia e Libia.
Qui si tratta del nostro Stato, non di un gioco mortale che affascina il singolo ministro. E della vita di esseri umani, non di sole sigarette.