Riane Eisler, autrice de Il Calice e la Spada (1987; edizione citata: Frassinelli 2006), ha cominciato a condurci in un viaggio nel passato, alla ricerca di modelli di potere basati sulla condivisione e non sulla sottomissione.
“Durante questo ciclo di millenni, enormemente più lungo del periodo storico che calcoliamo sui nostri calendari a partire dalla nascita di Cristo, nella maggior parte delle società dell’Europa e del Vicino Oriente si diede particolare importanza alle tecnologie che aiutavano la vita e ne miglioravano la qualità. […] La norma generale era probabilmente la discendenza matrilineare. Le donne più anziane, o quelle a capo dei clan, amministravano la produzione e la distribuzione dei prodotti della terra, che venivano considerati proprietà di tutti i membri del gruppo. […] La maggiore forza fisica dell’uomo non era alla base dell’oppressione sociale, della bellicosità organizzata, o della concentrazione della proprietà privata nelle mani dei più forti. Né giustificava la supremazia dei maschi sulle femmine o dei valori «maschili» su quelli «femminili».” (Il Calice…, pp. 84-85)
Lo spartiacque che mutò tutto questo è posto dalla Eisler all’altezza del V millennio a.C., con le ondate migratorie dei popoli delle steppe, o “Kurgan” – per citare l’archeologa Marija Gimbutas.
“I Kurgan appartenevano al ceppo linguistico che gli studiosi definiscono indoeuropeo o ariano, un tipo che in epoca moderna sarà idealizzato, prima da Nietzsche e poi da Hitler, come l’unica razza pura d’Europa. In realtà, non erano autenticamente europei, poiché si riversarono in questo continente provenendo dal Nord-est asiatico ed europeo. Né erano autenticamente indiani, poiché in India viveva un altro popolo, i Dravidi, prima che gli invasori ariani li sottomettessero. Ma il termine indoeuropeo è rimasto.” (Op. cit., p. 87)
Queste popolazioni erano governate da sacerdoti e guerrieri; veneravano gli dei della guerra e delle montagne. Queste caratteristiche, oltre che di Ariani e Kurgan, erano di Ittiti, Mitanni, Luvi, Achei, Dori ed Ebrei. Essi portarono in Europa e Vicino Oriente la Spada, il modello di potere gerarchico e dominatore. Probabilmente, a questo mutamento si deve la trasformazione in divinità guerriere di dee sagge e civilizzatrici, come la mesopotamica Ishtar e la greca Atena. Non parliamo poi delle religioni abramitiche, dove la Dea è del tutto scomparsa. Ricordate Eva e il serpente dell’Eden?
“Per tutto il Neolitico, negli scavi archeologici, il serpente è uno dei motivi più diffusi. […] La studiosa [Gimbutas] fa anche notare che l’associazione del serpente alla Dea sopravvisse fino in epoca storica, non solo nella sua forma originale, come a Creta, ma in una varietà di miti posteriori […] Come l’albero della vita, anche l’albero della conoscenza era, nella precedente mitologia, un simbolo associato alla Dea. Inoltre, nell’antica realtà sociale e mitica (come avveniva ancora con la Pizia in Grecia e successivamente con la Sibilla a Roma), la saggezza e la rivelazione divina si manifestavano attraverso una sacerdotessa.” (Op. cit., pp. 150-153)
La disobbedienza di Eva è rifiuto di rinunciare agli antichi culti e ribellione alla gerarchia sacerdotale maschile.
Entra qui in gioco la Maddalena, citata nel sottotitolo dell’edizione italiana. Il Cristo di cui lei era seguace avrebbe proposto un modello di rapporto fra i sessi paritario e collaborativo che la Eisler chiama “gilania”: dalla fusione dei greci γυνή (“donna”) e ἀνήρ (“uomo”). Maria Maddalena fu la prima depositaria dell’annuncio chiave della Resurrezione (Gv 20, 11-18). A Betania (Lc 10, 38-42), Cristo preferì Maria (che scelse il ruolo “maschile” di discepola) alla più convenzionale Marta. Sia gli Atti che le Lettere paoline menzionano donne di spicco, nel Cristianesimo delle origini (esempi: la Tabità di At 9, 36; l’elenco di saluti in Rm 16, 6-15). La trasformazione della Maddalena in prostituta pentita e l’identificazione con lei di Maria di Betania alterarono significativamente il culto e la memoria di entrambe.
L’indagine della Eisler culmina in una domanda sul futuro: il mondo precipiterà in una guerra nucleare? O si libererà del modello dominatore? Né il capitalismo, né l’Illuminismo, né il marxismo (sostiene l’autrice) hanno realmente scardinato le sue strutture. Da qui, la necessità di scavare nel passato remoto, alla ricerca di modelli sociali davvero alternativi. Nella sua visione, la tecnologia non viene rifiutata, bensì messa a servizio della qualità della vita. Anche il controllo delle nascite e la riproduzione assistita vengono da lei accettati, a patto che non trasformino le persone in corpi da sfruttare. La rinuncia a distruggere le risorse naturali si convertirebbe in un loro migliore uso. Il matrimonio non sarebbe più un modo di conservare e trasmettere le proprietà maschili, ma un modo per celebrare l’amore – e comprenderebbe unioni diverse da quella eterosessuale, dice testualmente la Eisler a p. 332. L’umanità si trova davanti a una grande scommessa. Sarà capace di vincerla?
Erica Gazzoldi