Il calcio è tornato in Italia, ma siamo davvero pronti?

Il calcio è tornato in Italia, ma siamo davvero pronti?

Dopo tre mesi di stop, il calcio è tornato anche in Italia. Nella prima sfida della ripresa, nonostante il clima surreale, ha funzionato tutto al meglio?

La semifinale di ritorno, Juventus – Milan segna lo storico tentativo di ritorno alla normalità dopo mesi tanto duri.

L’attesa è finalmente terminata e anche nel nostro paese il calcio è tornato. Nonostante la partita non sia stata delle migliori, alcuni momenti di questa serata sono destinati a rimanere impressi nella memoria di tutti. Dopo l’ingresso scaglionato delle squadre, i giocatori si sono raccolti attorno all’area di centrocampo per un minuto di silenzio in memoria delle vittime dell’emergenza. Sul dischetto da cui sarebbe ricominciato tutto, c’erano in quel momento un medico, un’infermiera ed un’operatrice socio-sanitaria, in omaggio a chi ha affrontato la partita più difficile. Un silenzio ancora più assordante ha avvolto per un minuto l’Allianz Stadium di Torino, per poi essere rotto da un applauso liberatorio. Una serata ricca di emozioni sin dall’inizio, in cui alla felicità per il ritorno in campo si affiancava il triste ricordo di chi non c’è più e lo smarrimento per l’assenza dei tifosi.

L’atmosfera surreale dello Stadium

L’assenza della tifoseria bianconera ha inciso notevolmente sulla gara, molto di più rispetto all’ultimo match dell’8 Marzo contro l’Inter. Nel corso della partita, i giocatori hanno rivolto spesso lo sguardo verso gli spalti vuoti, condividendo con i circa 8 milioni di telespettatori tutta la loro incredulità. Non sono bastati i video dei tifosi juventini mandati in onda sui tabelloni pubblicitari, né tanto meno l’incredibile verve dello speaker Marco Dejana, a smorzare la tensione. Il calcio non è questo, come detto nello studio di Rai Sport al termine della partita, ma dobbiamo aver pazienza.  E’ stata senza dubbio una serata sperimentale, in cui i collegamenti a bordo campo e le interviste si sono rivelate un po’ macchinose a causa del nuovo metodo a distanza. Tuttavia, l’iniziale impaccio delle troupe ha strappato un sorriso ai giocatori dopo una serata così carica di tensione.

Un calcio diverso

Il calcio è tornato finalmente, ma si tratta di un calcio diverso. Ritornare a giocare con una preparazione atletica ridotta ha rischi enormi e il match di ieri è stato un’importante test per gli allenatori. La possibilità di effettuare 5 sostituzioni (a fronte delle precedenti 3) ha permesso ai due mister di far rifiatare molti giocatori, specie quelli più a rischio infortunio. Per evitare problemi, anche il riscaldamento dei subentrati è stato più lungo del previsto. Fortunatamente, a differenza della Bundesliga, nella serata di ieri non ci sono stati infortuni né giocatori eccessivamente affaticati.

Nella prima partita dopo il lungo stop, le regole previste dal protocollo della FIGC sono state rispettate rigorosamente. Dal distanziamento tra i panchinari allo staff in mascherine (fatta eccezione degli allenatori), tutti si sono dimostrati responsabili in un momento così delicato. Anche in campo, a parte l’elevato numero di falli duri (tra cui l’intervento da rosso del milanista Ante Rebić), il comportamento è stato positivo. Poche proteste e nessun assembramento attorno all’arbitro, se non nel momento della VAR sul rigore assegnato a Ronaldo. Ma anche in questo caso, il direttore di gara, Daniele Orsato, ha prontamente allontanato chi si stava avvicinando troppo.

Voce ai protagonisti

A fine partita, il primo ad essere intervistato dai microfoni di Rai Sport è stato Leonardo Bonucci, difensore centrale della Juventus.

Dopo novanta giorni di stop, ritornare in campo è stato emozionante ma difficile. Con lo stadio vuoto, senza l’appoggio del pubblico, specie all’inizio non è stato semplice. Spero che questa serata sia d’esempio per la ripartenza, ci siamo levati di dosso un momento buio.

Durante la conferenza stampa post-match, una domanda di Paolo Tomaselli, giornalista del Corriere della Sera, ha suscitato la commozione dell’allenatore bianconero Maurizio Sarri.

Questi tre mesi cosa le hanno lasciato come professionista e come uomo?

Da questi tre mesi, a parte l’ultimo, in cui uno comincia a tornare alla sua normalità (se si può parlare di normalità dopo un momento del genere) non si esce come prima. Sono esperienze che ti vanno a segnare, perché quando la sera aspetti il bollettino per vedere quanti morti ci sono stati, è un momento duro e triste. Molto meglio l’ultimo mese, perché ho potuto rivedere i ragazzi e ritornare alla normalità degli allenamenti.

Queste le parole di Hakan Çalhanoğlu, numero dieci del Milan.

Certamente è difficile giocare senza tifosi, però purtroppo dobbiamo seguire le regole. Siamo felici di poter ricominciare a giocare. Nonostante la rabbia per non aver passato il turno, l’importante è che il calcio è tornato.

Alessandro Gargiulo

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