Bergamo, ieri sera, festa della Lega.
Dal palco Matteo Salvini aizza la folla.
“Mi raccomando, la sera del 31 tutti ad ascoltare il discorso del Capo dello Stato…”
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Non dice altro. Non è necessario. Perché basta quel segnale per scatenare le bestie in platea, che cominciano a fischiare, a ululare, a gridare “buuu” al Presidente della Repubblica. Tra fischi e ululati, si sente anche una frase: “Si rompe il televisore.” Non sono pericolosi estremisti, ma uomini e donne di mezz’età, mamme, nonne, giovani, commercianti, impiegati: gente normale che odia.
L’uomo sul palco ride, finge di moderare e va all’incasso. Ha ottenuto quello che voleva.
Se ci pensate, in una sola scena è riassunto perfettamente il macabro spettacolo di quel tumore della democrazia chiamato Lega: il demagogo sul palco non è un altro che il cinico stratega, l’abile burattinaio, la miccia di una miscela di rabbia, violenza e ignoranza che esiste a prescindere dalla Lega e da Salvini. E a cui qualcuno ha dato legittimità politica.
Elimina l’ignoranza, e Salvini sparisce da solo.
Elimina l’odio, e la Lega non avrà più ossigeno per respirare.
Oggi più che mai esistono due Italie:
Un’Italia che vomita insulti, calpesta le istituzioni, non conosce rispetto e decoro.
E un’Italia gentile, antifascista, che non urla, difende i diritti e la civiltà faticosamente conquistata: l’Italia del Presidente Sergio Mattarella, un faro nella tempesta.
Lorenzo Tosa