Evo Morales è stato Presidente della Bolivia dal 22 gennaio 2006 fino alle dimissioni del 10 novembre 2019. Tre mandati consecutivi, 13 anni al governo, prima voce delle comunità indigene, socialista, ex sindacalista dei coltivatori di coca, già leader del Movimiento al Socialismo (MAS), figura progressista e angelo custode dei diritti sociali e umani dei più poveri del paese.
L’opposizione costringe Evo Morales, alle dimissioni e all’esilio in Messico, con l’accusa di brogli elettorali, mai provati ufficialmente. C’è chi parla di un vero e proprio “golpe civile” come Alberto Fernandez, e chi come Donald Trump l’ha definito “un momento significativo per la democrazia”.
El Indio conclude così il la sua parabola presidenziale. Seguirono tre settimane di violente proteste, riecheggiavano per le strade delle città gli slogan e le urla dei sostenitori del MAS, pronti anche alla guerra civile per sostenere Morales e difendere i doni che i suoi anni in presidenza hanno regalato alla loro nazione, un’economia in crescita e una qualità di vita migliore.
Entra in gioco Jeanine Áñez, in rappresentanza dell’opposizione di centro-destra, che assume l’incarico di presidente ad interim per successione costituzionale. Per poter assumere ufficialmente l’incarico, era necessario il voto della maggioranza del parlament
Grande parte del popolo boliviano, in particolare i lavoratori e le minoranze etniche rimangono fedeli all’operato del Movimiento al Socialismo, dopo mesi di tumulti il 18 ottobre del 2020 le elezioni presidenziali a lungo procrastinate causa pandemia, dichiarano vincitore Luis Arce, contro il neoliberista Carlos Mesa. Si è così affermata una rivincita del socialismo nel paese andino.
Arce è stato per due volte ministro dell’Economia dei governi di Morales dal 2006 al 2017 e nel 2019. È riconosciuto come l’architetto della crescita economica dalla Bolivia ed è definito “erede spirituale” di Morales.
“Abbiamo, nella giornata di oggi, fatto un passo importante, abbiamo recuperato la democrazia e abbiamo recuperato la speranza”, ha detto ai giornalisti nel suo primo commento pubblico.
Morales inizia come sindacalista dei “cocaleros”, i coltivatori di piante di coca, grazie al mercato crescente della cocaina stavano diventando sempre più numerosi, egli divenne il volto della rivolta contro la campagna di eradicazione delle coltivazioni, difendendo la tradizione boliviana legata alla pianta e opponendosi rigidamente a investimenti esteri nel paese, in particolare ad opera degli Stati Uniti.
Successivamente fondò e divenne il leader del Movimento per il Socialismo (MAS), un partito indio che chiedeva la fine delle privatizzazioni, la legalizzazione della coca , una più equa distribuzione della ricchezza nel paese e che si oppone con tutte le sue forze al capitalismo americano.
La vittoria del partito e la sua notorietà giungono in concomitanza della cosiddetta “Marea rossa” del Sud America degli anni 2000, in cui anche Brasile, Venezuela e Argentina si affidarono a governi socialisti.
Il boom economico
La Bolivia era uno dei paesi più poveri del Sudamerica, ora secondo il Fondo Monetario Internazionale è, insieme al Panama, il paese con la maggior crescita economica. La chiave del successo è stato il connubio di una politica economica sociale con una politica economica di mercato.
Nello specifico la nazionalizzazione delle risorse naturali e minerarie ha permesso alla Bolivia di recuperare i profitti, sottraendoli alle multinazionali straniere che per anni hanno sfruttato il territorio: dal 2006 lo Stato riceve l’82 per cento dei profitti e le società possono tenere soltanto il 18 per cento. Le entrate annue dalla tassa sull’estrazione degli idrocarburi passarono così dai circa 200 milioni di dollari dell’inizio del decennio a 1,3 miliardi. Così facendo, Evo Morales ha completamente rianimato il paese.
Morales investì questi soldi per aiutare la parte più indigente della popolazione. Nei suoi 13 anni al governo la povertà assoluta nel paese è scesa dal 38 al 17 per cento, anche grazie a una serie di sovvenzioni mirate e condizionate, come il sussidio per gli anziani, quello per le donne incinte e per ridurre l’abbandono scolastico.
L’analfabetismo è quasi scomparso e la mortalità infantile si è dimezzata. Anche grazie alla crescita nel prezzo delle materie prime, il paese ha avuto una crescita media annuale del 5 per cento, uno dei livelli più alti del continente e pari al doppio della media dell’America Latina. Nello stesso periodo il PIL pro-capite è triplicato, passando da mille a 3.600 dollari a persona.
C’è chi lo ha definito un vero e proprio “miracolo economico” e il socialismo del MAS ha ricevuto, oltre a larghi consensi tra il popolo, anche l’ammirazione di paesi ideologicamente lontani.
Afferma The Economist «A differenza di altri leader latino americani con tendenze all’autoritarismo, Evo Morales ha dominato il suo paese più con il consenso che con la coercizione».
Attualmente la Bolivia sta puntando tutto sul mercato di litio e sono state scoperte nuove riserve di idrocarburi. A questo si aggiunge che la nazione sta aumentando fortemente la produzione di energia rinnovabile eolica, solare, geotermica e idroelettrica e geotermica per sostituire l’uso di gas; la Bolivia di Arce si dirige verso una Green economy.
Come dimostrato anche da altri paesi del Sud America, come il Cile di Allende e il Brasile di Lula, le decisioni politiche a favore della maggioranza della popolazione non sono incompatibili con l’efficienza economica.
Nel caso boliviano, la prosperità macroeconomica non è accompagnata da malessere microeconomico. Si impone la MAS-economia o Evo-economia (si è anche arrivati a parlare di “masismo”) architettata e minuziosamente organizzata da Arce, ma attuata da Morales.
Non c’è un manuale con linee guida ben precise, ci sono nazionalizzazioni strategiche che ampliano il mercato interno, permettendo un crescente benessere dei popoli boliviani, ridonando spazio anche alle comunità indigene e agli esclusi.