Il “bipolarismo polarizzato” come configurazione del sistema politico italiano nell’ultimo decennio del XX secolo

Bipolarismo polarizzato: come cambiò la scena politica italiana nell'ultimo decennio del XX secolo.

L’ultimo decennio del XX secolo fu caratterizzato da un susseguirsi di eventi politici che furono la causa principale della nascita di una nuova configurazione all’interno della politica italiana: il bipolarismo.

Tangentopoli, la crisi dei vecchi partiti, i referendum elettorali e l’ingresso di una nuova coalizione di centro-destra guidata da Silvio Berlusconi, sono alla base della rottura con la linea politica italiana che ha preceduto le elezioni politiche del ’94 e che vede l’affermarsi di un sistema fondato sul bipolarismo polarizzato.

Questa nuova visione politica fatica ad inserirsi e a trovare un equilibrio stabile, a seguito della radicalizzazione dello scontro politico e della frammentazione partitica presente nella Prima Repubblica.

L’Ingresso in politica di Silvio Berlusconi ufficializza la nascita del bipolarismo italiano

Già dall’estate 1993 molti partiti, tra cui la Lega e il Pds,  iniziarono a manifestare la necessità di nuove elezioni. Dall’altro lato, invece, i partiti della maggioranza tradizionale e principalmente la Dc, erano propensi a ritardarle con la paura di non riuscire a sostituire personalità influenti all’interno dei partiti stessi a causa degli scandali che segnarono la politica in quel periodo.

L’opinione pubblica, però, aveva la convinzione che solo attraverso un nuovo ciclo elettorale e con un Parlamento libero dalla complicità con il sistema di tangenti, si potessero risolvere i problemi che il Paese stava attraversando e mettere delle basi per la creazione di una nuova Repubblica. I partiti della vecchia maggioranza pentapartitica avevano cominciato un processo di trasformazione che interessava sia i candidati sia i simboli e i nomi dei partiti stessi.

È in questo scenario politico che si inserisce la figura di Silvio Berlusconi, imprenditore impegnato in molti settori che andavano dalle assicurazioni all’edilizia, dalla finanza alla pubblicità, e che vantava il possesso delle tre maggiori reti televisive.

Il suo ingresso in politica aveva come principale obiettivo quello di contrastare l’eventuale successo delle sinistre (che con le elezioni del 1994 vedevano per la prima volta la possibilità di tornare alla guida del Paese dal 1947) e di formare un nuovo centro-destra in grado di prendere le redini  del centro moderato che stava attraversando una crisi ormai irrefrenabile.

Grazie alla popolarità di cui godeva per i suoi successi imprenditoriali e all’appoggio esplicito ed implicito delle sue reti televisive, riuscì in appena tre mesi a fondare un movimento politico che prese il nome di Forza Italia e a creare un collegamento di alleanze elettorali sia nel nord Italia con la Lega (Polo delle libertà), sia al centro-sud con Alleanza nazionale (Polo del buon governo).

Le elezioni del ’94 e la prima vittoria elettorale berlusconiana

Con questa nuova configurazione del centro-destra, le forze politiche intorno a Berlusconi riuscirono a vincere le elezioni politiche del 27-28 marzo 1994. Ottennero 302 dei 475 seggi dei collegi uninominali alla Camera, ma al Senato il 25% dei seggi assegnati proporzionalmente consentirono un margine di recupero al Pds e al Ppi. Il giuramento dei Ministri del governo appena eletto avvenne il 10 maggio 1994 e Silvio Berlusconi diventò Presidente del Consiglio.




Le motivazioni della vittoria di Berlusconi vanno ricercate sia nell’appoggio delle sue televisioni, ma anche alla sua capacità di porsi come l’unico uomo in grado di sostituire quella parte di governo protagonista degli scandali di Tangentopoli.

Successivamente, però, venne a galla la vera natura della sua discesa in politica: enormi debiti delle sue aziende risalenti già al ’93, il suo coinvolgimento nell’operazione di Mani Pulite e la sua volontà, presumibilmente egoistica, di credere di poter entrare e stabilirsi in Parlamento per approvare leggi ad personam. Ma bisognerebbe aprire un’altra parentesi per spiegare in dettaglio tali avvenimenti.

La mancanza di equilibrio nel sistema partitico italiano è alla base del nuovo bipolarismo

La riforma elettorale varata nell’estate del ’93 fu il punto cardine che consentì l’eliminazione del vecchio sistema politico in atto durante la Prima Repubblica. L’intuizione di Berlusconi fu proprio quella di capire prima degli altri che dall’approvazione della nuova legge elettorale sarebbe nato un nuovo sistema completamente diverso dal precedente. Infatti, le elezioni vinte dal Polo delle libertà nel 1994, testimoniamo l’ufficialità della nascita di una nuova configurazione bipolare della politica italiana.

Le premesse per l’imposizione di un sistema politico bipolare che andava a sostituire un sistema centrista erano ormai presenti, ma la messa in pratica di tale organizzazione risultò difficile.

Dopo la caduta del governo Berlusconi e l’insediamento di un nuovo governo affidato a Lamberto Dini su incarico di Scalfaro, le elezioni politiche del 21 aprile 1996 possono essere inserite nel tradizionale processo elettorale tipico della Prima Repubblica, che vedeva governi e maggioranze legittimate dal consenso popolare solamente dopo il loro insediamento parlamentare. Ma, se si analizza bene questo episodio politico, si capisce che l’elettorato italiano in questa occasione venne chiamato ad esprimersi attraverso una scelta tra due opzioni totalmente contrapposte.

Infatti, se da un lato la vittoria dell’Ulivo di Romano Prodi fu possibile grazie a una scelta di leadership più carismatiche e ad una rete di forti alleanze; dall’altro, il centro-destra riuscì comunque a riconfermarsi fermamente inserito nell’area moderata.

Da questo preciso momento, il sistema politico italiano assume definitivamente una struttura politica bipolare, ma con la consapevolezza che uno dei due fronti su cui si articolava tale conformazione era formato da una coalizione dove convergevano più partiti: è il caso del centro-destra che vedeva uniti Forza Italia, Alleanza nazionale e i post-democratici della Ccd.

Il bipolarismo polarizzato: un sistema politico inedito nelle democrazie occidentali

Nel 1997, la Commissione bicamerale tenta di rinnovare le riforme istituzionali con un’azione che aveva tre scopi principali:

Il tentativo fu inutile e il sistema politico italiano si ritrovò in una situazione di stallo, dove vi erano anomalie rispetto ai classici sistemi bipolari che non si riuscivano a superare. Erano due i principali motivi.

Il primo, era rappresentato dall’assenza di una reciprocità della legittimazione tra i due poli. La radicalizzazione della battaglia politica aveva da un lato, l’obiettivo di mantenere una linea basata sul bipolarismo, ma dall’altro ne ostacolava la messa in pratica perché ciascuna delle forze politiche che si scontravano in ogni disputa elettorale, promuovevano loro stessi come unico garante di tutte le opinioni politiche ammesse nello scenario democratico. Tale situazione venne definita con il termine “bipolarismo polarizzato”, espressione ripresa dal dibattito politico degli anni ’60.

Il secondo motivo, invece, era caratterizzato da un paradossale aumento di partiti, invece dell’ovvia riduzione che ci si poteva aspettare da tale organizzazione politica.  Anche se è possibile avere un sistema politico multipartitico basato sul bipolarismo, soprattutto se la configurazione rispetta una linea di idee politiche nettamente differenti e inviolabili, il problema sorgeva nel momento in cui questi partiti avevano la possibilità di condizionare le maggioranze in quanto difesi dalla quota proporzionale (un esempio è la crisi de governo Prodi del 1998).

Il bipolarismo polarizzato nelle elezioni politiche del 2001

Il bipolarismo polarizzato e la realizzazione della democrazia dell’alternanza ebbe per la prima volta un esito definitivo e positivo con le elezioni del 13 maggio 2001. Infatti, i risultati elettorali determinarono la netta elezione di una maggioranza rispetto ad un’altra e confermarono un dislocamento di voti pressoché equilibrato tra le due fazioni, proprio perché l’elettorato “punì” la parte formata dai terzi poli.

Andrea Montini

 

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