Il Barcellona e la comunità LGBTQ: il club diviso tra attivismo ed ipocrisia

Barcellona e la comunità LGBTQ

Il club catalano del Barcellona e la comunità LGBTQ si sono trovati  sullo stesso percorso nei giorni scorsi quando i “blaugrana” hanno sostenuto il Pride sui loro vari account social. Conseguenza di questa azione sono state una significativa perdita di follower ed una accusa di ipocrisia da parte dell’opinione pubblica, per non aver coinvolto gli account del Barcellona relativi al mondo arabo.

Il Barcellona e la comunità LGBTQ

Nei giorni scorsi il mondo del calcio ha incrociato il suo percorso con quello della comunità arcobaleno, riscontrando alcuni problemi. Il noto club di calcio Barcellona e la comunità LGBTQ si sono infatti avvicinati quando, in occasione della giornata dell’Orgoglio gay, la squadra “blaugrana” si è schierata a favore del Pride sui suoi vari account social, postando messaggi di vicinanza e di appoggio. L’azione non è stata solo dai catalani ma anche di altre 10 squadre militanti nella prima divisione del campionato spagnolo, con le reazioni che non si sono fatte attendere. Dei dieci club (Valencia, Athletic Bilbao, Real Sociedad, Osasuna, Getafe, Celta, Maiorca, Alaves, Las Palmas), che hanno deciso di esprimere vicinanza al mondo gay, 9 di questi hanno riscontrato una forte perdita di follower nei due giorni di attivismo, mentre solo il Las Palmas (squadra delle Canarie) ne ha guadagnati. Il Barcellona invece, una delle squadre più seguite al mondo sia sui social che come numero di tifosi fisici, ha registrato una perdita relativa, ma comunque significativa: 439.661 follower hanno smesso di seguire la squadra, a fronte di oltre 122 milioni di seguaci totali.  Se teniamo conto che nella settimana precedente lo stesso account viaggiava a una media di 35.909 follower in più al giorno, e che l’incremento è sempre costante, non è una perdita di poco conto, o comunque che non può considerarsi irrilevante. Anche gli altri club spagnoli comunque hanno riscontrato una perdita di follower, che va dai 2299 ai i 66 follower. Ad accorgersi della cosa è stato il giornalista catalano David Saura, che ha postato i dati sul suo account Twitter e ha avvisato il club, il quale ha preso nota rimarcando il suo di orgoglio nella battaglia in difesa della comunità LGBTQ, nonostante una parte dei supporter sia evidentemente contraria.

Altro fatto correlato all’avvenimento, e che a parer mio pone il club catalano in una posizione ben più imbarazzante, è che il Barcellona, nonostante abbia dimostrato il suo supporto attraverso messaggi di sostegno, cambiando la foto del profilo e utilizzando i colori dell’arcobaleno che rappresentano la comunità LGBTQ, abbia risparmiato gli account in arabo dalle azioni di sostegno verso la comunità gay. Questa differenziazione ha attirato una grande quantità di critiche nei confronti del Barça, accusandolo di ipocrisia da parte di buona parte dell’opinione pubblica e ponendolo in una posizione alquanto controversa.

Il fenomeno del “rainbow washing”

Non è certo la prima volta che una grande azienda, come è il Barcellona, sfrutta la comunità LBGTQ o altri temi sociali rilevanti per dare una spinta alla proprie azioni o ai propri prodotti. Questo è il fenomeno del “rainbow washing“, forma più specifica del “pinkwashing”, un processo per cui si presenta una realtà come gay-friendly allo scopo di aumentarne il consenso presso il pubblico. Una pratica spesso usata da chi vuole ripulire la sua immagine, magari distogliendo l’attenzione da altre vicende meno limpide, e da chi vuole imbonirsi con poche semplici parole i più. Il Barcellona stavolta ha però sbagliato i calcoli, se cercava un maggior sostegno da parte della comunità LGBTQ ha ottenuto invece un colpo di frusta, causato dal fatto che gli account rivolti al contesto arabo sono stati esclusi da queste azioni. Certamente la squadra campione di Spagna avrà fatto i suoi calcoli prima di attuare quella che sembra una mossa magari azzardata, ma bisogna anche tener conto che, parlando meramente di numeri, i follower provenienti dalle zone arabe, sono decisamente di più rispetto agli esponenti della comunità gay. Fa storcere il naso però che una squadra così importante e seguita si rifiuti di prendere una presa di posizione netta riguardo a queste tematiche che nel 2023 non possono più essere considerate di secondo piano ed ignorate. Quello che ci auguriamo è che prima o poi i soldi e gli azionisti non abbiano più la meglio sulle idee per cui ci si batte.

Marco Andreoli

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