Ignazio non te la prendere, sai benissimo che aveva ragione Giugurta.
Complotti, intrallazzi, trame di palazzo e Orfinate: questi sono gli ingredienti dell’ultima telenovela “La tragedia de los mejillas de Don Ignazio”, bocciata dal regista Renzi subito dopo l’inizio della puntata pilota.
Il candido e ingenuo Ignazio, uomo mite e dimesso, tanto da esser considerato un fesso, viene eletto sindaco di un’importante città capitale.
Ha la faccia pulita e non solo, il nostro protagonista è paradossalmente onesto, e tale novità insospettisce tutti. Ma Dopo il sindaco Gianni, detto anche “Mocelomanno” e la festaiola presidente Polverini, ribattezzata dagli amici “la Squo che porta al party la matriciana”, bisognava dare un’immagine diversa e Ignazio era il candidato ideale nonostante le sue folle e criminosa propensione all’onestà – malattia che per fortuna sta per esser debellata definitivamente.
La capitale è un enorme e ctonio viavai di disonestà da tempo immemore: appalti truccati, loschi interessi politici e imprenditoriali, aziende partecipate e comunali piene zeppe di gente: figli, fratelli, sorelle, amici, amichetti, amichette, cugini e cugine, figli dello zio ma la zia non lo sa etc. etc. Per non parlare della criminalità organizzata che si spartisce intere zone della città: famiglie criminali che, grazie ad anni di totale impunità, hanno creato regni nel regno grazie a legami con politicume vario e gentaglia di varia natura e provenienza. Clan potentissimi mossi da un solo motto: “Non semo mafiosi, non semo camorristi ma se sapemo fa li cazzi nostri!”
Ignazio è un idealista, un sognatore e crede che grazie all’arma dell’onestà e con un po’ di olio di gomito la capitale possa esser salvata e riportata ai suoi antichi splendori. E ci prova … ma male, molto male! Il cerusico prestato alla politica non ha letto evidentemente Sallustio: Omnia Romae venalia sunt.
Iniziano a saltare fuori scandali e intrallazzi, Ignazio vuole ripulire l’oramai incatramata politica della capitale. Ma in tutta risposta viene messa in atto alle sue spalle la prima fase dell’operazione “ e mo questo che vole?”. Nella sua stessa giunta è guardato con sospetto e i baronetti del partito di maggioranza iniziano a remargli contro. Anche il protettore dell’ “Italia del fare ma non troppo , giusto per dare a vedere” Renzi inizia a tenerlo sui coglioni!
A quel punto il colpo di scena! La massima autorità religiosa della zona indice un giubileo e i primi a “giubilare” sono proprio costruttori, affaristi e politici con le mani in pasto seppur mai lavate! Si prospetta una pioggia di soldi “aggratis da sgraffignare” poi basta coprire il tutto con chiese di cartone come si è fatto con i padiglioni dell’Expo’.
Nel frattempo uno scandalo di enormi proporzioni fa tremare i palazzi: vanno in galera insospettabili delinquenti che facevano un botto di soldi lucrando sui profughi e i centri di accoglienza. Il il malaffare si allarga e coinvolge anche membri del consiglio di Ignazio sino a lambire i vertici del Regno. Ma per fortuna tutto è stato fatto cadere nel dimenticatoio prima che esplodesse.
Ignazio diventa però una petulante e moralista una spina nel fianco! Il sindaco ha idee strane, oneste… e per questo deve esser messo da parte. Serve solo la sua immagine non certo le sue idee malate!
Così iniziano a piovere scandali e voci denigratorie su Ignazio e, mentre il nostro è in vacanza pacioso pacioso, un noto e intoccabile criminale si mette in testa di crepare e la sua famiglia decide di fargli un funerale faraonico! La città si mobilita. Per assistere al corteo funebre del boss ci sono vigili urbani e forze dell’ordine e da un elicottero volano addirittura petali di rosa. Tutti gridano indignati allo scandalo e cercano il colpevole! Ma solo dopo poche ore il pericolosissimo architetto dello scandalo viene individuato: è quel fetente dell’elicotterista! Il nemico pubblico numero uno aveva volato senza permesso. Caso chiuso!
L’immagine della capitale è oramai compromessa e insieme ad essa quella di Ignazio che preso dal panico, ha perso di botto l’abbronzatura.
Tutti chiedono le sue dimissioni e intanto la sua amministrazione viene commissariata.
Ignazio a quel punto esce fuori di cotenna. Vuole recuperare consensi e credibilità, ma lo fa in modo scomposto e in completa solitudine. Oramai è isolato, senza poteri e denigrato da tutti. Non sapendo più dove andare a parare inizia a farsi vedere dappertutto.
Viaggia a destra e a manca, dietro a tutto e tutti. Ovunque c’è gente che conta lui appare con la fascia spillata sulla giacca, anche se non è invitato. Mosso dalla disperazione sbrocca di brutto anche in tv. Ignazio è al capolinea, nonostante lo sciopero dell’Atac e la metro A nel caos.
Ma la campagna denigratoria contro “sindaco del daje” non si ferma … ora ci vuole la ciliegina sulla torta! Appaiono così scontrini di viaggi, di cene, pranzi e prime colazioni, tutte spese ingiustificate a carico del comune. Certo non si parla delle spese pazze in stile Provincia di Firenze, non ha comprato mutande verdi, né ha ecceduto, mica è la Minetti? Però quest’ultima stoccata è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Disperato Ignazio tenta il tutto per tutto ripagando il comune di tasca propria ma il gesto non è bastato, anzi è sembrato a tutti solo un disperato quanto ridicolo tentativo di riparazione. Oramai la frittata è fatta! Per l’ingenuo cerusico è finita!
L’operazione “e mo questo che vole” – nel frattempo rinominata “se lo dovemo levà dai cojioni” – è stata un successo. Ora Ignazio è fuori dai giochi. Certo la sua dimessa e arresa sprovvedutezza gli è stata di aiuto, per non parlare del disperato e grottesco tentativo di riemergere agli occhi dell’ opinione pubblica. Anzi, si può tranquillamente dire che Ignazio alla fine si è letteralmente suicidato. Ma che possiamo farci? Si sa come vano le cose, no? La capitale è terra di pochi … anche se sono in troppi a mangiarci su!
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