Dell’idrogeno green si parla ormai da diversi anni nell’ottica della produzione di energia da fonti rinnovabili. Di conseguenza, nel quadro dello sviluppo ambientale, abbiamo osservato le grandi aziende internazionali, le forze politiche dei vari Paesi, nonché i molteplici istituti di ricerca mobilitarsi nel tentativo di sviluppare nuovi processi di produzione di idrogeno sostenibile. In questo quadro, non ci si può esimere dal ragionare sulla tecnica dell’elettrolisi dell’acqua. Ma cosa si è rilevato a riguardo? Ci sono delle insidie che ne indeboliscono l’efficienza?
Idrogeno green ed elettrolisi dell’acqua
Si è osservato come l’idrogeno sia un elemento altamente volatile e pertanto poco disponibile allo stato puro per il suo utilizzo. Tuttavia, in linea teorica risulta essere uno dei migliori combustibili alternativi, in virtù della sua elevata compatibilità ambientale e della mancanza di emissioni di anidride carbonica derivanti dal suo impiego. In questo ambito subentra un procedimento oggigiorno considerato cardine per la produzione di idrogeno green: l’elettrolisi dell’acqua. Si tratta di un processo elettrochimico che prevede la scissione della molecola dell’acqua (H₂O) in due gas distinti e, di conseguenza, la formazione di due moli di Idrogeno e una di Ossigeno.
Questo processo garantisce la produzione di un idrogeno ad alto livello di purezza, richiedendo tuttavia una serie di passaggi che implicano, assieme a un ingente consumo d’acqua (sono stimati nove litri d’acqua per un chilogrammo di idrogeno), costi di elettricità e metalli talvolta nobili come il platino.
Lo studio e le stime economiche sul processo
Nell’ambito della transizione energetica esistono molteplici studi, tecniche sperimentali o già consolidate che mirano a produrre energia dalle fonti presenti in natura, riducendo chiaramente l’impatto ambientale. In questo ampio spettro di possibilità, tuttavia, non possiamo ragionare soltanto a proposito dei benefit ambientali garantiti da un dato sistema ma è importante considerare anche la risposta alla domanda effettiva di ogni Paese e i costi di produzione implicati per soddisfare questo bisogno.
I due fattori imprescindibili da ottimizzare per garantire questa fonte di energia green sono produzione e distribuzione. A tal riguardo, le possibilità si riassumono in tre principali modelli:
- Produzione in loco: la produzione avviene nei pressi dei punti di consumo.
- Produzione in loco con trasporto di energia elettrica: la rete elettrica procura al punto di consumo l’energia utile alla produzione di idrogeno.
- Produzione centralizzata con trasporto di idrogeno: prodotto in area con grande disponibilità di risorse naturali, l’idrogeno viene poi trasportato al punto di consumo attraverso una struttura dedicata.
I primi due modelli lasciano emergere prevedibili difficoltà in termini di disponibilità locale delle risorse naturali presenti in quantità sufficienti a garantire una filiera competitiva. Sebbene il terzo caso possa sembrare logisticamente il più efficiente, rimangono importanti difficoltà relative allo stoccaggio e al trasporto. Le due principali procedure per il trasporto prevedono la compressione in forma gassosa e il trasporto in forma liquida; entrambe le metodologie richiedono impianti di trasporto costosi, come carri bombolai e serbatoi acciaio al cromo-molibdeno, soggetti a puntuale manutenzione o la necessità di mantenere l’idrogeno liquido a una temperatura specifica (-253°C), con un impatto importante sul consumo di energia.
Vi è poi il trasporto per assorbimento, che richiede l’utilizzo di un materiale vettore per la conversione e la riconversione, strategia per la quale occorre altrettanto valutare i costi a livello economico ed energetico.
Queste riflessioni si estendono attraverso uno studio recente condotto da Leonardo Setti per l’Università di Bologna e Sofia Sandri del Centro per le Comunità Solari. Setti e Sandri, attraverso il loro “Studio sulla sostenibilità economica della filiera di produzione di idrogeno verde per una Hydrogen Backbone Italiana” prendono in esame le strategie per la realizzazione delle Hydrogen Backbone (network di pipeline dedicate al trasporto di idrogeno) partendo da alcune considerazioni sugli obbiettivi futuri dell’Unione Europea. L’UE, infatti, punta a raggiungere un sistema energetico totalmente decarbonizzato entro il 2050. Tuttavia, già entro il ventennio precedente, nel 2030, è stato fissato come obiettivo una riduzione del 55% delle emissioni di gas serra, prendendo come esempio il campione dei consumi del 1990.
Lo studio menziona anche una stima di quella che sarà la produzione di idrogeno garantita a fronte della produzione stimata, riferendosi a una previsione del WEC-Europe’s action secondo cui la produzione di idrogeno green nel 2030 (utilizzando la capacità di Idrolisi di 40 GW fissata), raggiungerà circa i 2,6 milioni di tonnellate a differenza delle 10 milioni di tonnellate stabilite, tenendo conto delle attuali infrastrutture fruibili nei Paesi europei.
Le valutazioni che possiamo consultare in questi ultimi anni ci suggeriscono che è ancora molta la strada da percorrere per raggiungere l’efficienza nella sostenibilità ambientale. Starà poi all’utente, così come alle forze politiche ed economiche cogliere questo indice con slancio positivo e investire strategicamente e comunitariamente in ricerca e sviluppo.
Ma quindi esistono dei piani e degli impegni concreti per la produzione (ed utilizzo) dell’idrogeno come carburante?
Sono contento!
Però mi chiedo: non cozza un po’ con tutti gli incentivi sui veicoli elettrici?
Ps: a quando una piattaforma per commentare degna di questa testata giornalistica?