Il Gender Recognition Act è stato introdotto nel 2004 con l’obiettivo di riconoscere legalmente il sesso di una persona sulla base della sua identità di genere. Ora l’associazione Women’s Declaration International UK (WDI UK) propone di abrogare tale legge perché, secondo le attiviste, avrebbe gravi implicazioni per la sicurezza, la salute e i diritti delle donne e dei bambini. In particolare, l’organizzazione ha messo in evidenza i pericoli di assegnare agli uomini in possesso di un certificato di riconoscimento di genere (GRC) spazi femminili, come reparti ospedalieri o strutture educative.
Le criticità del GRA e le sue implicazioni
Il Gender Recognition Act è stato introdotto nel 2004 con l’obiettivo di riconoscere legalmente il sesso di una persona sulla base della sua identità di genere. In sostanza, la legge permette a chi è in possesso di un certificato di riconoscimento di genere (GRC) di essere considerato legalmente del sesso opposto, senza la necessità di un intervento chirurgico. Questo ha permesso, ad esempio, a un uomo di identificarsi come donna e di essere registrato come tale negli atti pubblici, anche se il suo corpo non ha subito alcuna modifica chirurgica o ormonale.
Questa legislazione ha suscitato preoccupazioni in diversi settori, tra cui quello della salute, della sicurezza e dei diritti delle donne. WDI UK ritiene che l’inclusione dell’identità di genere nelle leggi, piuttosto che il sesso biologico, stia creando una distorsione delle normative, con conseguenze dannose per le categorie più vulnerabili della società, come donne e bambini. In particolare, l’organizzazione ha messo in evidenza i pericoli di assegnare gli uomini con GRC a spazi femminili, come reparti ospedalieri o strutture educative, con implicazioni gravi per la sicurezza fisica e la salute mentale delle donne.
La risposta del femminismo “gender critical”
Il movimento femminista “gender critical”, o “reality-based feminism”, ha sollevato più volte l’allarme riguardo agli effetti collaterali della depatologizzazione della disforia di genere e all’espansione del concetto di identità di genere in ambito legislativo. La posizione di WDI si distingue per il suo approccio deciso e intransigente, che vede il GRA come una legge che minaccia la protezione delle donne, favorendo l’ingresso di uomini, anche senza modifiche fisiche, in spazi femminili.
Maureen O’Hara, leader di WDI UK, ha scritto una lettera aperta al primo ministro britannico Keir Starmer, chiedendo che si ponga fine alla sostituzione del termine “sesso” con “identità di genere” nelle leggi e che venga annullato il GRA. O’Hara sottolinea che la definizione di sesso è un concetto “reale, materiale e immutabile”, e che non può essere sostituito con una “costruzione sociale” che può variare da individuo a individuo.
Questa posizione radicale si distingue dal dibattito sulla legge 164/82 in Italia, che consente il “cambio di sesso” all’anagrafe in seguito a una diagnosi di disforia di genere, ma in un contesto che richiede l’intervento di un tribunale. La legge italiana, pur presentando delle analogie con il GRA britannico, non ha mai suscitato in Italia la stessa reazione di opposizione che ha visto il GRA come uno strumento per l’imposizione di una visione “falsificata” del sesso. In Italia, non esistono ancora richieste di abrogazione della legge 164/82, nonostante le trasformazioni sociali che accompagnano la crescente visibilità delle persone transgender.
L’evoluzione delle leggi sul cambio di sesso
Le leggi come il Gender Recognition Act e la legge 164/82 sono state concepite in un contesto storico ben diverso da quello attuale. Negli anni ’80, quando l’Italia ha introdotto la legge per il cambio di sesso, i casi di transessualismo erano estremamente rari, e spesso la transizione riguardava uomini, soprattutto di età avanzata, che avevano già subito interventi chirurgici.
Oggi, invece, il panorama è radicalmente cambiato: il numero delle persone che chiedono di “cambiare sesso” è aumentato in modo significativo, e il fenomeno riguarda soprattutto le giovani donne che si identificano come maschi (FtM), mentre gli interventi di top-surgery (doppia mastectomia) sono diventati sempre più frequenti. La crescente normalizzazione della transizione sociale e la depatologizzazione della disforia di genere hanno portato ad una espansione del concetto di identità di genere.
Questa evoluzione ha sollevato interrogativi sul futuro delle leggi esistenti. In particolare, la crescente diffusione di modelli giuridici che riconoscono l’autodichiarazione come sufficiente per modificare l’identità di genere (come il self-id in Spagna e Germania) ha messo in discussione l’attualità delle leggi come il GRA, che richiedono procedure legali complesse e perizie mediche. Le femministe gender critical, come quelle di WDI, considerano questa evoluzione come una “falsificazione” del concetto di sesso, che avrebbe conseguenze devastanti per la protezione dei diritti delle donne e dei bambini.
La posizione di WDI e il dibattito in corso
La posizione di WDI, che si propone di abrogare il GRA, è condivisa da alcuni gruppi del femminismo gender critical, ma è anche oggetto di critiche e opposizioni. Tra le sostenitrici della proposta ci sono figure come Alessandra Asteriti, studiosa di diritto internazionale e autrice di un lavoro sull’identità di genere nelle leggi internazionali, che sostiene che le persone con disforia di genere possano essere protette attraverso il riconoscimento della disabilità o del credo.
Tuttavia, non tutti sono d’accordo con l’approccio radicale di WDI: alcuni ritengono che l’abrogazione del GRA sia politicamente e giuridicamente impossibile, in particolare per le sue implicazioni con la legislazione europea. Altri suggeriscono una modifica della legge anziché una sua cancellazione.
Il dibattito, dunque, è acceso e il clima politico sembra in evoluzione. Tuttavia, l’azione di WDI ha posto l’accento su un aspetto fondamentale: il “cambio di sesso” legale non può prescindere dalla realtà biologica del sesso, e la sua espansione attraverso leggi come il GRA potrebbe portare a gravi conseguenze per le categorie più vulnerabili della società.