In occasione del vertice NATO tenutosi a Washington l’11 luglio, Stati Uniti, Canada e Finlandia hanno annunciato la creazione di un partenariato denominato ICE Pact (Icebraker Collaboration Effort). L’accordo mira a incrementare la produzione di navi rompighiaccio polari per contrastare l’attuale egemonia di Russia e Cina in questo settore, cercando di arginare l’influenza che questi due Paesi hanno nell’area. Presentata come un’iniziativa di cooperazione volta a proteggere la sicurezza economica, l’ambiente e la pace, l’ICE Pact rischia di alimentare una competizione in Artico che può deteriorare ulteriormente gli equilibri già fragili della regione.
Cosa prevede l’ICE Pact
L’accordo prevede la costruzione di 90 navi in totale, prevalentemente in Finlandia, che dei tre è il Paese con più expertise in questo settore. Anche il Canada ha dato avvio alla costruzione di otto navi, mentre gli Stati Uniti acquisteranno da entrambi i Paesi partner. Al momento la Russia, con le sue 40 navi, possiede la flotta artica più grande in assoluto.
La cooperazione economica tra Mosca e Pechino e l’interesse crescente che questi due Paesi stanno mostrando per le regioni artiche preoccupano i membri della NATO, soprattutto da quando è in atto il conflitto in Ucraina. La Finlandia, Paese artico al confine con la Russia, ha avuto dal canto suo tutto l’interesse ad aumentare la cooperazione con gli alleati della NATO, da quando l’anno scorso ne è entrata a far parte.
Perché l’Artico è sempre più ambito
I motivi per cui l’Artico ha assunto sempre più un’importanza strategica possono essere rintracciati nei cinque fattori che stanno facendo emergere la regione come questione di rilevanza globale: rotte di navigazione, presenza di idrocarburi, possibilità di estrazione mineraria, pesca e turismo. La presenza del 13% del petrolio e del 30% del gas naturale al mondo non ancora sfruttati sta attirando in misura sempre maggiore gli interessi economici anche di Stati non artici. Tra i motivi che hanno spinto la Cina a interessarsi a questa regione vi è per esempio la necessità sempre più urgente di garantirsi una sicurezza energetica in vista dell’aumento dei propri consumi.
La maggiore accessibilità della regione artica, a causa della fusione dei ghiacciai, faciliterà l’estrazione di risorse naturali, il turismo – come dimostrano i piani della Russia di utilizzare navi rompighiaccio come navi da crociera – e la pesca. L’aumento di quest’ultima, presentata come indispensabile per soddisfare le necessità alimentari di una popolazione mondiale in aumento, è stato così giustificato per sfruttare in modo irresponsabile e con conseguenze spesso irreversibili le risorse ittiche della regione.
Un numero sempre maggiore di Stati non artici guarda con interesse questa regione: la Cina, che dal 2013 è osservatore permanente del Consiglio Artico, ha elaborato una China’s arctic policy in cui menziona l’ambizione di realizzare una “Polar Silk Road” – da integrare all’interno della Belt and Road Initiative.
L’apertura di nuove rotte commerciali
Quel che ha reso la regione più appetibile da un punto di vista economico è soprattutto l’opportunità di nuove rotte commerciali. Considerato che attualmente a livello internazionale oltre il 90% degli scambi commerciali avviene via mare, la maggiore percorribilità delle rotte che lo attraversano apre scenari nuovi con conseguenze sugli equilibri geopolitici mondiali. La prospettiva che le estati artiche siano presto completamente prive di ghiaccio è sempre più verosimile, rendendo percorribile tutto l’anno una rotta che accorcia notevolmente i collegamenti tra una parte e l’altra del mondo.
La cosiddetta Northern Sea Route, un tratto di 5,600 km all’interno della Zona Economica Esclusiva della Russia e parte del noto “Passaggio a Nord Est”, permette infatti di ridurre del 30-40% il tragitto tra Cina ed Europa rispetto alla rotta classica che passa per il canale di Suez (13.000 km anziché 21.000 km).
La tratta, che collega Oceano Atlantico e Pacifico passando a nord della Siberia attraverso lo stretto di Bering, è stata percorsa per la prima volta senza interruzioni nel 1932 grazie all’utilizzo di una nave rompighiaccio. La riduzione dei ghiacciai ha portato a un progressivo aumento del volume totale dei traffici attraverso la Northern Sea Route: 34,034 milioni di tonnellate nel 2022 rispetto ai 7,5 milioni di tonnellate del 2016, attraverso 2994 viaggi e l’utilizzo di 314 imbarcazioni.
Cooperazione e competizione in Artico
L’ICE Pact intende sfidare l’influenza di Russia e Cina nella regione, che negli ultimi anni si è consolidata sempre più. Lo testimoniano ad esempio lo Yamal project, una joint venture su un impianto di gas naturale in Siberia che si inserisce all’interno della Polar Silk Road e in cui Pechino ha investito circa 12 miliardi di dollari, e gli accordi in attività minerarie da un miliardo di dollari tra il Far East Development Fund russo e il China National Gold Group.
La corsa all’accaparramento di risorse ha acuito tensioni nelle relazioni internazionali che sempre più dovranno confrontarsi in questo spazio, per tanto tempo sottovalutato. Da un periodo di cooperazione si è passati all’epoca della competizione in Artico, ma gli Stati Uniti hanno una presenza molto meno radicata della Cina nella regione: Pechino ha una stazione artica nelle isole Svalbard della Norvegia, accordi commerciali con diversi Paesi artici e, come affermato dal Presidente islandese, in quindici anni il numero di visite ricevute dalla Cina è superiore al totale di quelle di USA e UE.
L’ICE Pact vuole dunque mandare un chiaro messaggio: Stati Uniti e alleati vogliono recuperare lo svantaggio e affermarsi con una flotta artica di grandi dimensioni che sfidi l’attuale supremazia russo-cinese. Gli sviluppi di questa competizione in Artico destano però non poche preoccupazioni, anche da un punto di vista ambientale: le forti pressioni sull’ecosistema artico, fino a poco tempo quasi intatto, rischiano di causare danni che si ripercuoteranno ben oltre i confini della regione.