L’uomo sulla luna… Un sogno antico, a cui Luciano di Samosata (120 – dopo il 180) diede corpo a suo modo. L’autore è noto per la vena satirica e immaginativa, con cui sbeffeggiò diverse tendenze della letteratura a lui contemporanea. Proprio questa sua contestazione lo inscrive però pienamente nella temperie culturale del II sec., fatta di stravaganza ed erudizione.
Il suo Icaromenippo o L’uomo sopra le nuvole è la parodia del dialogo filosofico. In esso, s’immagina che il cinico (in senso non deteriore) Menippo di Gadara (prima metà III sec. a.C.) voglia verificare di persona quale sia la struttura del cosmo. Non si fida, infatti, delle contraddittorie astrazioni elaborate in merito dai filosofi. Così come questo inizio, il resto è godibile perfidia.
L’edizione che citiamo è quella delle Edizioni dell’Orso (Alessandria, 2009), a cura di Alberto Camerotto.
Non c’è da stupirsi che proprio a Menippo sia stato affidato il ruolo di pungente contestatore. Era infatti un noto autore di satire. Da lui, prende nome proprio la satira menippea. Quanto a Icaro, egli è (per antonomasia) l’uomo che cerca di volare. Ma il Menippo di Luciano è più furbo: invece di fabbricarsi ali di cera, destinate a sciogliersi, si procura quelle autentiche di un’aquila e di un avvoltoio.
Due uccelli molto diversi: perché, per elevarsi alle cime del sapere, bisogna sapersi dotare di strumenti e punti di vista complementari. La commistione (alto-basso, riflessione-riso, filosofia-parodia) è proprio la cifra della letteratura lucianea.
Naturalmente, la sua prima tappa è la Luna, così visibile e relativamente vicina alla Terra. Qui, ha luogo la sua prima esperienza significativa: la visione del mondo alla rovescia. Una prospettiva in grado di rompere il velo delle convenzioni e allargare i confini della visione intellettuale.
Come in ogni viaggio (e iniziazione) che si rispetti, occorre una guida esperta. E chi è? Proprio lui: Empedocle di Agrigento (492-430 a.C.), un celebre Darwin Award dell’antichità. Quel suo fatale tuffo nell’Etna, che doveva divinizzarlo, gli ha dato un aspetto “da carbonaio” (così dice Menippo) che lo rende poco riconoscibile. Però, ora che è stato recato in alto dal fumo vulcanico, è abituato ai viaggi eterei. Un’apoteosi riuscita, dopotutto. Chi meglio di lui potrebbe aiutare lo spirito del novizio a elevarsi?
Una volta che Empedocle gli ha insegnato come darsi la vista dell’aquila (grazie a quella famosa ala), Menippo non risparmia nulla di ciò che vede sulla Terra. Essa gli appare come un ciceone (sorta di minestrone), ovvero un caos determinato dalle divergenti e confliggenti ambizioni umane. Il tutto per ottenere premi che, da quella distanza, risultano minuscoli.
La reazione del protagonista è la risata: strumento della satira e segnale che l’apertura mentale voluta si è realizzata. Ora, è il momento di proseguire verso maggiori altezze. Il cinico fa perciò rotta verso la dimora di Zeus e degli altri dèi.
Già che c’è, la Luna gli affida un messaggio per il sovrano celeste: lo prega di annientare tutti quei filosofi che la tormentano con le loro congetture, aizzando contro di lei il fratello Sole, dato che la accusano di rubargli la luce. Insomma, la loro arroganza verso il corpo celeste ha passato ogni limite, nonostante la Luna sappia tutto delle loro meschinità, ignote alla gente che li idoleggia.
Giungendo alla dimora di Zeus, è d’uopo il galateo. L’ala d’aquila (= l’intelletto) potrebbe passare inosservata; ma non così quella d’avvoltoio (= il peso della carne, rappresentato da un uccello necrofago). Ecco che Menippo bussa al portone e attende di essere ricevuto: che altro si dovrebbe fare a casa d’un vero signore, del resto? Come in terra, così in cielo.
Il racconto di quella bizzarra avventura fa sorridere il dio. Piegare il Potere al Sorriso: è la forza della satira. Ma c’è un limite: Menippo deve lasciarsi sequestrare le ali, perché gli uomini non comincino ad arrivare in cielo a frotte. Se la verità fosse appannaggio di molti, lo stesso signore celeste vedrebbe compromessa la propria serenità.
Né c’è bisogno di grandi complotti o repressioni, per nascondere la verità. Nel mondo descritto da Luciano, ci pensano gli uomini, con le proprie limitate prospettive e passioni accecanti, a mantenere inalterato quell’ordine universale in cui pochissimi accedono alle dantesche “segrete cose”. Cosicché, Zeus può evitare visite indesiderate e i filosofastri continuare a percepire compensi, in cambio d’insegnamenti senza fondamento. Ma non sanno che il castigo celeste li attende…
L’Icaromenippo ha un fascino senza tempo. Illustra una tensione tipica di ogni figura intellettuale: quella tra desiderio di verità e consapevolezza dei propri limiti, tra critica dei contemporanei e somiglianza con loro. Dalla tensione e dal conflitto, nasce la scintilla del riso: e, dalla scintilla, la luce.
Erica Gazzoldi