Ibrahim Traoré, attuale Presidente ad interim del Burkina Faso, è tra i leader africani più promettenti. Diventato capo del Paese ad oggi tra i più poveri dell’Africa in seguito ad un colpo di Stato nel 2022, Traoré si fa portatore dell’ideologia socialista e terzomondista del compianto “Che Guevara africano” Thomas Sankara. Sono notevoli le somiglianze tra le due figure e nei suoi primi due anni al potere Traoré ha dimostrato di non essere l’ennesimo militare diretto ad arricchirsi personalmente o a creare una spietata dittatura. Tra jihadismo, ingerenze russe e problematiche socioeconomiche, il capitano riuscirà a far fronte alle sfide del Paese o si rivelerà un mero idealista visionario?
Biografia dell’uomo che vuole cambiare l’Africa
Timido, calmo e risoluto, Ibrahim Traoré è il Presidente della “terra degli uomini integri” e nonostante la giovane età possiede un curriculum invidiabile e notevoli capacità di leadership.
Nato nel 1988 nella regione di Boucle du Mouhoun, si è laureato in geologia e durante gli anni universitari ha preso parte all’Associazione degli Studenti Musulmani – la grande fede è un elemento che contraddistingue fortemente la sua linea politica, insieme alla sua personalità schiva nei confronti della stampa e dunque ancora avvolta da un certo mistero.
Fin da giovanissimo ha deciso di intraprendere la carriera militare: diventato in breve tempo comandante delle forze di artiglieria di Kaya, è stato poi promosso a tenente grazie alle sue spiccate doti sul campo di battaglia e dispiegato nell’ambito di operazioni anti-terrorismo (i cosiddetti “Cobra”) e di peace-keeping nel Nord del Paese e in Mali.
Successivamente, è diventato capitano e si è unito al Movimento patriottico per la salvaguardia e la restaurazione (Mpsr): nel 2022 è tra i militari che rovesciano il governo dell’ormai sempre più impopolare Paul-Henri Sandaogo Damiba, a sua volta diventato Presidente con un golpe nello stesso anno.
Data l’incapacità di Damiba di far fronte alla questione di sicurezza del Paese e di adempiere agli obblighi prefissati, Traoré e i suoi ufficiali hanno deciso di prendere il potere per poter sconfiggere definitivamente il terrorismo islamico, che da tempo dilania l’Africa occidentale insieme a un forte sentimento anti-francese.
Subito dopo il suo insediamento, Traoré ha sciolto il vecchio governo del Burkina Faso e sospeso la Costituzione, dando il via a quella che lui stesso ha definito come una “fase di transizione“.
La reincarnazione di Thomas Sankara?
Entrambi giovanissimi (a 36 anni Traoré è attualmente il capo di Stato più giovane al mondo), stesso background militare e berretto rosso, carisma ed eloquenza, fame di cambiamento e rivoluzione: sono numerose le similitudini tra Ibrahim Traoré e Thomas Sankara, il quale è morto solamente un anno prima della nascita di Traoré.
Figura di spicco del panafricanismo e del pensiero marxista, Sankara è tra i leader dell’Africa occidentale sub-sahariana più celebri ed apprezzati di tutti i tempi: diventato Presidente nel 1984 dopo un golpe, ha governato il Paese fino al 1987, anno in cui è stato brutalmente ucciso dai suoi oppositori.
Durante la sua presidenza Sankara ha rinnovato il volto del Paese grazie all’ambiziosa campagna educativa e alla liberazione dal giogo dell’imperialismo. A questo si aggiungono gli sforzi per combattere la FGM, l’AIDS e la desertificazione – questa è l’eredità del mito di Sankara che Traoré ha dichiarato di voler portare a termine, come lui stesso ha annunciato in numerosi discorsi alla popolazione:
Certo, l’imperialismo potrebbe provare a distrarvi dall’obiettivo ma ascoltate: puntate lontano, pensate e riflettete su ciò che faremo […] La lotta che condurremo non è solo per il Burkina Faso ma per tutta l’Africa. È giunto il tempo di svegliarsi e non essere più obbligati ad attraversare l’oceano e morire per andare a cercare l’El Dorado tanto desiderata: la possiamo creare qui.
Infatti, fin da subito Traoré ha esortato le truppe francesi a lasciare il territorio (ponendo fine all’accordo militare del 2018 e al patto risalente al 1961) e deciso di nazionalizzare le miniere d’oro, allo scopo di trarre vantaggio dalle grandi potenzialità del Paese e di mettere fine allo sfruttamento delle risorse da parte delle multinazionali estere.
A ciò si aggiunge il lancio di un programma di imprenditorialità comunitaria per ripartire equamente i salari della popolazione (soprattutto nei settori agricolo e tessile) e creare così delle comunità in cui chiunque può investire per ottenere un ritorno economico – questo ha portato a un aumento dei salari dei lavoratori del 50%, rendendo il salario minimo pari a 75$. Inoltre, Traoré ha ridotto i salari dei politici del 30% e ha deciso di rifiutare lo stipendio presidenziale.
Infine, le attenzioni del Presidente si sono rivolte all’autonomia energetica, col programma di creare una centrale nucleare.
Nuove minacce e crescenti controversie
Se da un lato le parole di Traoré hanno fatto breccia nel cuore di molti, d’altra parte fin dal suo insediamento sono stati denunciati svariati tentativi di destabilizzazione, oltre che 17 tentati assassinii contro di lui.
Come già accennato, la minaccia più grande a cui deve far fronte il Burkina Faso riguarda la sovranità e gli attacchi terroristici di matrice jihadista, che sono in continuo aumento e interessano circa il 40% del territorio: come dimostrato dalle principali organizzazioni internazionali, ciò ha fatto piombare il Paese in una grave crisi umanitaria e ha creato circa 2 milioni di sfollati. Preoccupante è anche la complessa relazione con il vicino Costa d’Avorio, Paese con cui ogni giorno non mancano le tensioni al confine con scontri tra civili.
Ciò ha costretto il Presidente a ricorrere alle problematiche milizie volontarie per la difesa della patria (Vdp) e ad avvicinarsi a Paesi anti-occidentali, prima fra tutti la Russia di Putin che da anni guarda all’Africa promettendo aiuti per fare in realtà i propri interessi e scongiurare l’isolamento internazionale dopo l’invasione dell’Ucraina.
Dal punto di vista economico, la partnership con la Russia potrebbe risollevare la situazione in cui versa il Burkina Faso ma rischia anche di portare a risvolti preoccupanti in campo delle relazioni internazionali, oltre che entrare in aperta contraddizione con le parole anti-imperialiste di Traoré.
Hanno poi generato molte critiche i casi di coscrizione forzata utilizzata come repressione del dissenso nei confronti di presunti oppositori e l’ipotesi di una reintroduzione della pena di morte, come rivelato da Human Rights Watch.
Ibrahim Traoré ha tutte le qualità per governare bene il Paese, anche attraverso una via alternativa alla democratizzazione occidentale; tuttavia, la proroga per altri 5 anni del governo militare e la vicinanza a Mosca concretizzatasi con il secondo summit Russia-Africa potrebbero far svanire i buoni propositi del giovane Presidente burkinabé. Per fare la vera “rivoluzione” Traoé deve riprendere il significato più profondo che si cela dietro il pensiero di Thomas Sankara e mettere finalmente in atto la promessa spezzata che è stata fatta al popolo del Burkina Faso.