IBM, l’AI sostituisce 7800 dipendenti nelle mansioni non rivolte alla clientela dell’area di back office. L’AI minaccia il lavoro?
IBM ha deciso di bloccare circa ottomila assunzioni nell’area di back office per i prossimi cinque anni. In questo modo l’AI sostituisce 7800 dipendenti, seguendo un preciso e prevedibile schema che taglierà i costi per quel determinato settore, grazie alla riduzione della forza lavoro. Un risparmio notevole sui salari, sulle tasse da versare e molteplici vantaggi per l’azienda in generale, come ad esempio la possibilità di sfruttare l’AI senza limiti d’orario; ma cosa ne sarà del lavoro?
L’intelligenza artificiale è una minaccia per i lavoratori?
Il CEO di IBM, Arvind Krishna, ha rilasciato un’intervista a Bloomberg nella quale ha dichiarato l‘intenzione di sostituire il 30% dei ruoli di back office con l’intelligenza artificiale, nell’arco dei prossimi cinque anni. Krishna ha poi precisato che non si tratterà di licenziamenti, ma di un’ eliminazione graduale di quelle mansioni, con il numero di dipendenti che resterà invariato, venendo al contempo incrementato in altri reparti.
Secondo un sondaggio del Pew Research Center, il 68% dei lavoratori intervistati, su un campione di 11 mila persone, considera l’intelligenza artificiale una minaccia. Inoltre, in molti hanno evidenziato come l’AI, oltre a rappresentare un pericolo per il posto di lavoro, sia anche utilizzata per sorvegliare i dipendenti, tracciando i comportamenti scorretti, e per gestire le assunzioni in modo più efficiente. La maggior parte dei lavoratori interpellati vede nell’AI dei risvolti disumanizzanti. Le inquietanti provocazioni dell’artista Josh Klin – manichini in abiti da lavoro chiusi in una busta di plastica, per rappresentare l’essere umano gettato via, sostituito dalle tecnologie – stanno diventando realtà?
I mestieri più a rischio
L’impatto potenziale dell’intelligenza artificiale sul mondo del lavoro mette a rischio molti settori. Le AI elaborano innumerevoli informazioni statistiche riuscendo a fornire i risultati richiesti in tempi brevissimi.
I maggiori pericoli riguardano soprattutto gli operatori del settore tecnologico, come ad esempio i programmatori. Anche i copywriter e i giornalisti corrono il rischio di essere sostituiti da forme di AI come Chat Gpt, che è in grado di redigere articoli nell’arco di pochi secondi e di stilare testi con tanto di fonti. L’intelligenza artificiale può inoltre fornire un importante aiuto anche nell’analisi del mercato, sostituendo così gli analisti, riuscendo a elaborare rapidamente molteplici dati, tra cui le preferenze degli utenti, l’attività dei concorrenti e le novità emergenti. Anche il settore della finanza già subisce l’influenza di questa moderna tecnologia, i consulenti finanziari, però, difficilmente saranno sostituibili, trovando invece un importante supporto nelle AI. Un altro campo dove l’intelligenza artificiale può impattare sul capitale umano è infine quello delle traduzioni.
Per essere in grado di sostituire pienamente i lavoratori nei settori citati, l’AI deve ancora compiere importanti progressi, fortunatamente. Tuttavia, secondo uno studio della Goldman Sachs, le AI sostituiranno circa 300 mila impieghi entro il 2030, colpendo non solo lavori di routine e amministrativi, ma anche specializzati come il consulente legale.
“L’ Ai sostituisce 7800 dipendenti”: è solo l’inizio?
L’intelligenza artificiale è indiscutibilmente in grado di apportare molteplici vantaggi alla collettività, migliorando ad esempio l’assistenza sanitaria, i servizi pubblici, la sicurezza e la prevenzione dei reati; è necessario però comprendere come evitare che prenda il sopravvento, modificando, forse irrimediabilmente, il ruolo dell’essere umano nella società. Al fine di impedire scelte drammatiche, veicolando concezioni dell’esistenza in cui l’uomo è rinchiuso in una dimensione secondaria, è fondamentale regolamentarne attentamente l’utilizzo.
Il piano di IBM sarà sicuramente d’esempio a molte altre aziende. Le compagnie che invece decideranno di mantenere comportamenti etici nei confronti dei lavoratori, rischieranno di restare indietro ed essere superate da concorrenti “più spietate”, che costringeranno il mercato a massimizzare i profitti attraverso la sostituzione dei dipendenti. Sia in ambito nazionale che internazionale si auspicano interventi mirati, in grado di disciplinare prontamente queste nuove realtà, impedendo prassi deleterie e deprecabili ai danni del lavoro e dei livelli occupazionali.
L’estrema libertà del mercato ha troppe volte portato a risultati deformanti e dannosi: appare quindi imprescindibile una tutela dai pericoli dell’intelligenza artificiale, in modo da sfruttarne i vantaggi, salvaguardando i lavoratori.
Raffaele Maria De Bellis