Hai presente Mark Zuckerberg, il ragazzo con i capelli rossi, milionario, che ha dato vita a Facebook? Ecco, potrebbe essere lui il tuo migliore amico poiché sa tutto, ma proprio tutto di te.
Facebook, che è un’azienda informatica, raccoglie informazioni su di te ogni qual volta interagisci sulla piattaforma social: i gruppi che ti piacciano, quante volte mandi un messaggi tramite messenger ai tuoi amici, quali meme ti fanno ridere e per quale posizione politica simpatizzi.
Google, non meno di Facebook, potrebbe sapere esattamente dove abiti, quali applicazioni hai scaricato sul telefono, quali sono i numeri – e con quale nome, chissà se vero – salvati in rubrica; potrebbe sapere anche quali sono i tuoi video preferiti e, anche quelli che visualizzi usando la navigazione incognita, che credi celata.
Quando dico informazioni, poi, non parlo solo e semplicemente di quelle che inserisci di tua sponte. Provo a spiegarmi meglio: cosa cerchi su internet? Quali sono i video di YouTube che davvero ti interessano e che guardi fino alla fine? Quali, invece, quelli che interrompi? Beh, forse tu non lo sai e neanche ci fai caso, mentre Google si.
Il punto è che, senza saperlo, mentre usi il tuo computer o il tuo telefono, le aziende costruiscono una chiara immagine di te e non solo virtuale, ma anche fisica. Hai mai pensato allo sblocco del telefono con l’impronta digitale? Il database delle impronte digitali quanto si sarà espanso grazie alla grande idea dietro lo sblocco dell’Iphone con il dito?
Tutto questo per arrivare a ciò che interessa alle aziende: il guadagno. Facciamo un esempio: ti piace guardare tutti quei tutorial su come ci si puoà acconciare i capelli, su come ci si trucca o su come si possano perdere 45 kg in due giorni? Bene. Se una azienda lo scopre, potrebbe inviarti delle pubblicità, prevedendo il fatto che ci cliccherai sopra per scoprire quali prodotti ti propone. Cliccando sul link, guardando la pubblicità, l’ azienda riceverà dei soldi dai produttori.
Insomma: paghi tu, anche se non te ne accorgi, con i tuoi dati, con la tua identità che si costruisce giorno per giorno in questa marea chiamata internet.
E ancora: oggi sei stanco, sei assonnato e ti senti anche un po’ raffreddato. Noti una macchia sul ginocchio e ti scordi che è la botta di ieri sera mentre ti trascinavi dal divano al letto in piena notte. Inizi a fare una ricerca su Google e ti convinci che è un principio di meningite con fuoco di Sant’ Antonio annesso. Bene: Google, con tutta probabilità, crederà che hai la meningite e, chissà dove, il fuoco di Sant’Antonio.
Ora, finché è un’azienda a credere che sei un ipocondriaco fissato con le creme per eruzioni cutanee, non è un gran problema; lo diventerebbe, invece, se un cosiddetto hacker – ossia un esperto di informatica, smanettatore di computer – rubasse alcuni dati da queste aziende costruttrici di tali bacini di informazioni sui propri (e non) utenti.
La verità, comunque, è che non c’è soluzione: se vuoi davvero usare Internet, se vuoi godere degli enormi vantaggi che esso ti offre, devi sottostare alle sue regole del gioco, almeno per il momento, con marginali eccezioni. Sarai, infatti, costretto ad accettare l’idea che non sei tu a decidere che cosa ne sarà dei tuoi dati. Dunque, armati: non cercare proprio tutto, non dire proprio tutto quello che ti passa per la mente; fanne un utilizzo ponderato, scrivi ciò che ti interessa davvero e, proteggi la tua identità rivelando meno informazioni personali possibili.
Flavia Innocenzi