I senzatetto sono persone, non rifiuti ad angolo di strada

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Barboni, clochard, homeless, vagabondi e senzatetto sono solo alcuni dei nomi che definiscono una sola categoria di persone, posizionata ai margini della società, come rifiuti ad angolo di strada: coloro privi di una casa.

La casa che i senzatetto abitano è la strada, compresa di tutti i rischi del caso. Alle persone che abitano gli angoli del centro, tra cartoni, carrelli e poco altro, la strada è l’unica scelta rimasta. Nonostante il loro aumento in Italia, passano spesso inosservati, invisibili agli occhi di chi tira avanti, senza fermarsi mai, pensando che la sfortuna, mischiata alla miseria, non potrebbero sfiorarli mai.

Gli scheletri nell’armadio del Bel Paese

Il censimento della popolazione pubblicato a metà dicembre dall’ISTAT, l’istituto nazionale di statistica, ha rivisto in modo significativo i dati relativi alle persone senzatetto e senza fissa dimora che vivono in Italia: sono quasi centomila, per la precisione 96.197. Numeri agghiaccianti, soprattutto se si considera che fino allo scorso anno, studi e rilevazioni anche recenti, si basavano sulle stime che risalivano al 2014, secondo cui le persone in condizioni di precarietà abitativa erano circa la metà.

Per la prima volta l’Istat ha diffuso i dati a livello comunale, utili per poter studiare politiche sociali adeguate a ciascun comune, non rilegando il problema esclusivamente alle grandi città. L’indagine compiuta dall’Istat si basa su dati anagrafici che prevedono una distinzione tra persone senza fissa dimora e persone senzatetto, sebbene i dati diffusi siano complessivi e non prevedano una distinzione tra le due categorie.

Le persone senza fissa dimora registrano il proprio domicilio nel comune dove vivono abitualmente, ma non hanno un luogo in cui rimangono sufficientemente a lungo da potervi registrare la residenza. Le persone senzatetto, invece, non hanno proprio un domicilio: spesso sono iscritte all’anagrafe attraverso un indirizzo fittizio che fa riferimento a un’associazione o che viene utilizzato dal comune proprio per questi casi. L’indirizzo fittizio, conosciuto anche come “via fittizia”, non esiste dal punto di vista toponomastico, ma ha valore giuridico. ù

In totale, le persone senzatetto e senza fissa dimora sono state censite in 2.198 comuni italiani. La metà delle persone è concentrata in sei grandi città: Roma con ventiduemila senzatetto, pari al 23% del totale in Italia, seguita da Milano, Napoli, Torino e Foggia.

Quando si perde tutto e la colpa (non) è tua

I motivi che portano a dormire per strada, senza più un tetto sotto la testa, possono essere molti e più comuni di quanto si creda. In genere, si tende a pensare che sfortune così grandi possano non capitare mai a noi, che se si muore di freddo sotto un porticato, di fronte alle vetrine dei grandi negozi, la colpa è da cercare nelle scelte di chi ci ha lasciato la pelle. Ma le ragioni di un fenomeno così in crescita difficilmente sono imputabili ad una sola vita, una singola scelta, una goccia che fa traboccare il vaso. È più facile credere questo, che mostrare le vergogne di un Paese che non vuole assumersi la responsabilità delle proprie colpe.




Molte delle persone diventate senzatetto hanno iniziato questa nuova non-vita perdendo il lavoro, poi la casa, dormendo in macchina, ammalandosi e finendo in strada. Altri hanno perso tutto dopo la separazione. Altri ancora hanno posto in scommessa la propria speranza, figli di Paesi all’apparenza lontani, cercando futuro per rimanere con la bocca asciutta e lo stomaco vuoto. C’è chi tenta di ricominciare senza successo, perché l’età non viene considerata adeguata e a quarant’anni, a cinquanta, si è ormai da buttare. C’è chi è giovane, ma muore in un Paese di cui forse non sa parlare neanche la lingua, a vent’anni, per ipotermia a Bolzano. L’età media generale dei senzatetto è di 41,6 anni: per gli italiani è più alta – 45,5 anni – mentre per gli stranieri, che rappresentano oltre il 50% dei senzatetto sotto i 34 anni, si abbassa a 35,2 anni.

Il riflesso della paura del fallimento

Per le strade italiane, ogni inverno e non solo, accade una strage silenziosa e invisibile. Soltanto nel 2022, in Italia sono morti 367 senzatetto. Non oggetti inanimati, non rifiuti organici, ma persone con una storia a cui si è poco interessanti, per la percezione del fallimento. E le storie di fallimenti non piacciono perché spaventano, si preferisce credere siano lontane miglia e miglia, non importa che le si incrocino molto più spesso delle vittorie.

La precarietà di un futuro sconosciuto può prendere l’immagine di un uomo su dei cartoni, con una coperta sulle spalle. Una donna con in mano una foto, seduta ai confini di una saracinesca abbassata. Di una figura coperta dalla notte, con un occhio chiuso e uno aperto, a controllare tutto e niente, senza riuscire più a dormire sentendosi al sicuro. Di un gruppo di persone in fila per la mensa, per la fame e per sentirsi ancora parte di qualcosa, con una dignità che fa ammutolire e abbassare gli occhi.

Angela Piccolomo

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