Archiviato il primo semestre del 2023, gli USA si preparano a vivere una secondo semestre ricco di insidie e, soprattutto, fondamentale per il prossimo anno, a dir poco cruciale per la società statunitense. Il 5 novembre 2024, infatti, saranno di scena le elezioni presidenziali, da sempre le più attese a livello mondiale, visto il ruolo di “leadership” a livello globale del paese a stelle strisce.
Se i repubblicani sono alle prese con la scelta del loro candidato, con l’ombra di Trump che agita il sonno dei massimi dirigenti del partito, non ci sono dubbi sul candidato dei democratici: Joe Biden. L’ottantenne di Scraton, infatti, si candiderà per ottenere il secondo mandato, l’ultimo conquistabile in base a quanto previsto dalla costituzione statunitense, ed entra, ora, in una fase cruciale della propria “campagna elettorale”, in un contesto economico tutt’altro che agevole e con alcune promesse della precedente campagna del 2020 ancora disattese.
Stralcio debito studentesco, una promessa elettorale della campagna elettorale 2020
In una news riportata da questo sito, nelle ultime ore tiene banco un “vivace” scontro tra lo stesso Biden e l’integerrima Corte Suprema. A tenere banco è uno dei punti fondamentali della campagna elettorale del 2020 di Biden, che, grazie all’approccio decisamente discutibile di Trump nella lotta al covid, riuscì a vincere nonostante i pronostici, prima dell’avvento della pandemia, lo davano nettamente sfavorito. Stiamo parlando dello stralcio dei debiti studenteschi per oltre 460 miliardi di dollari, una delle promesse elettorali di più forte appeal nella campagna del 2020.
Non stupì, di conseguenza, che molti giovani americani – al pari di famiglie della middle class – votarono per Biden, considerato che il debito studentesco rappresenta, da sempre, un autentico fardello per le finanze dei giovani statunitensi o delle loro famiglie di provenienza. E i numeri, in tal senso, ne sono la testimonianza più evidente e lampante: ogni giovane americano spende, mediamente, 37000 dollari per proseguire il proprio percorso di studi. Nella campagna elettorale del 2020, Biden promise di tagliare una fetta considerevole di questo debito in base al reddito percepito ( ad esempio, fino a 10000,00 dollari per i redditi pari a 120000 dollari)
Scontro tra Biden e Corte Suprema per l’approvazione dello stralcio dei debiti studenteschi
Il sogno di Biden, però, ha conosciuto un brusco “stop” pochi giorni fa. La Corte Suprema, organo indipendente, ha dichiarato illegittima la norma, definendo la stessa non conforme con il quadro normativo perché i governi non dispongono della facoltà di poter cancellare i debiti studenteschi. Secondo la Corte Suprema non si starebbe assistendo ad una modifica limitata del piano dei pagamenti, bensì ad un totale cambiamento degli stessi come mai avvenuto prima nella lunga storia del paese. Sei dei nove membri della Corte si sarebbero dichiarati contrari, ma non sono mancati differenti punti di vista. Tra questi quello di Elena Kagan, da sempre considerata “vicina” ai Democratici, che avrebbe definito la mossa della Corte Suprema come “eccessiva ingerenza” nei confronti della politica.
La mancata approvazione della Corte Suprema, tuttavia, non ha causato alcun contraccolpo nello spirito di Biden, che ha dichiarato di voler proseguire nella lotta per l’approvazione della legge, conscio che potrebbe giocare un ruolo fondamentale anche in vista delle prossime elezioni presidenziali. Il buon esito di quest’ultime, tuttavia, si baserà essenzialmente anche sull’andamento economico degli USA, che presenta diverse spine per l’attuale Presidente. Non stupisce, quindi, che già il 28 giugno, in quel di Chicago, Biden abbia presentato i successi – a suo dire – della propria azione economica, ribattezzata “Bidenomics”.
Il 60% degli americani è insoddisfatto della gestione economica di Biden
Biden sostiene che, sotto la sua presidenza, l’economia americana è cresciuta ad un tasso più alto rispetto a tutti gli altri “competitor” internazionali, in un contesto, come quello pandemico che ci siamo appena lasciati alle spalle, decisamente impervio e sfidante; inoltre, l’attuale presidente a stelle strisce sostiene che, in virtù delle politiche interventiste effettuate, sono stati creati ben 13 milioni di nuovi posti di lavoro, ridando dignità alla middle class statunitense e alle classi sociali meno abbienti.
Il consensus popolare, tuttavia, non sembra eccessivamente elevato in questa fase. Proprio le fasce meno abbienti si trovano alle prese con un’inflazione che ha leso significativamente il loro potere d’acquisto, creando forte malcontento verso la figura di Biden, nonostante, per quanto concerne il “caro-vita”, le responsabilità maggiori siano da addebitare ad una Banca Centrale Americana che ha sottovalutato il fenomeno inflattivo nel corso del 2021, per poi rincorrerlo con un aumento dei tassi avvenuti – negli ultimi 18 mesi – ad una velocità senza precedenti nella storia del paese a stelle e strisce.
Anche lo spettro di un’eventuale recessione, poi, incombe pesantemente sulla testa di Biden, anche se al momento – nonostante molti analisti la prevedano da nove mesi a questa parte – non si è mai concretizzata, a tal punto che lo stesso Presidente ha definito “eccessivamente pessimistiche” le previsioni degli addetti ai lavori. Ad oggi, il 60% degli americani si ritiene insoddisfatto della gestione economica di Biden: riuscirà l’attempato uomo della Pennsylvania a far cambiare loro idea nei prossimi sedici mesi?