I prigionieri dei Talebani, tra costruzione di bombe e torture

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Nel febbraio 2019, l’UNAMA, la missione ONU di pacificazione in Afghanistan, ha pubblicato i dati relativi alle vittime degli scontri tra e forze governative e i Talebani: 3.804 tra i civili, 947 dei quali bambini, il tasso di mortalità più alto degli ultimi 10 anni.

Oltre al dato sulle morti, diretta conseguenza sia degli attacchi suicidi delle forze estremiste sia delle controffensive aeree  delle forze governative, il report mostra come metà della popolazione viva sotto la soglia di povertà.

Circa 13.5 milioni di persone sopravvivono con un solo pasto al giorno.




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Il fatto che il numero di bambini uccisi lo scorso anno sia il più di alto di sempre è scioccante. Oltre alle vittime, l’attuale situazione impedisce a molti afghani di godere dei propri diritti economici, sociali e culturali, con migliaia di bambini menomati dagli attacchi alle scuole o alle strutture mediche” afferma Michelle Bachelet, Alto Commissario ONU per i Diritti Umani.

A preoccupare gli addetti al processo di pacificazione anche il continuo slittamento delle data delle elezioni, attualmente previste per settembre.

I diritti umani e il loro rispetto sono tutt’oggi al centro delle preoccupazioni della missione di pacificazione.

Secondo l’ultimo report, il 25 aprile le forze speciali dell’esercito regolare afghano hanno liberato 53 prigionieri dei talebani, alcuni dei quali incarcerati da oltre un anno.

Dei liberati, tra i quali spiccano membri sia del governo che civili, 13 sono stati intervistati, rivelando condizioni di detenzione limite.

I prigionieri raccontano di essere stati rinchiusi in cinque celle sovraffollate, costretti ai lavori forzati per più di 7 ore al giorno, partecipando anche alla costruzione di piccoli ordigni.

I detenuti affermano di essere stati rinchiusi con temperature sottozero durante l’inverno, nutriti a pane e fagioli due volte la giorno, senza alcun aiuto medico all’infuori di qualche antidolorifico e antisettici per le ferite” si legge nel comunicato della missione ONU.

La situazione è ancora più allarmante considerando i ritardi nel processo di dialogo tra le forze talebane e l’attuale governo, processo mediato dalle forze diplomatiche internazionali.

Tadamichi Yamamoto, capo dell’UNAMA, riferisce di “essere particolarmente preoccupato da queste accuse di tortura, trattamenti inumani e  uccisioni di civili e personale di sicurezza, oltre che dalle deplorevoli condizioni di detenzione”.

Chiara Nobis 

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