– di Fabrizio Bocca –
Il caso Juve finalmente si chiude, settecentodiciottomila euro e passa la paura. Che sarà mai per chi ha accumulato 559 milioni di perdite negli ultimi tre anni, senza nemmeno contare l’annus horribilis in corso (Gazzetta dixit)?. Davanti al Tribunale Federale Nazionale della FIGC il caso Juve finalmente si chiude qui. Quasi. Forse. Speriamo.
La parola chiave è “patteggiamento”. Sinonimo, lo dico io, di compromesso. Ne ha convenienza la Juve, che le sue stupide megalomanie le ha fatte, ne ha convenienza anche la “giustizia sportiva” che fatica a tenere in piedi un apparato degno degli infiniti maxi processi che in Italia vanno avanti decenni. Inutile perdere tempo in disquisizioni di tipo giuridico: un avvocato sosterrà, a ragione, che il patteggiamento non è un’ammissione di colpa ma solo un accordo tra parti contrapposte che non implica dibattiti sulla responsabilità – e infatti la Juventus, “ribadendo la correttezza del proprio operato…”, lo ha subito scritto nel suo comunicato – un uomo della strada potrà sempre sostenere che se ti ritieni innocente, non fai patti con nessuno. E infatti questo è il ragionamento che deve aver fatto Andrea Agnelli, ormai un estraneo alla Juventus, che non ha sottoscritto alcun patteggiamento e va avanti per la sua strada fatta di ricorsi e controricorsi. Se consideriamo che da qualche parte giacciono ancora ricorsi inevasi sulle sentenze di Calciopoli 2006, e che ci sono richieste risarcitorie di Antonio Giraudo possiamo farci un’idea di quale palude sterminata siano ormai queste vicende di “giustizia sportiva” e “giustizia ordinaria” che mettono in mezzo sport e finanza.
Tira e molla sfinenti che sono poi stati la causa, sostiene una parte, dello sfibramento e del logoramento della Juventus, almeno stando a sentire il suo (ex?) allenatore, Massimiliano Allegri. Che ha ampiamente fatto pratica di scaricabarile e uso di alibi a oltranza. In maniera così massiccia da poterlo pagare ora pure con la sua stessa preziosissima e onerosissima panchina.
Non abbiamo certezze ma sicuramente è stata anche questa una chiave della soluzione (quasi) finale e che ormai lascia solo l’ultima parola all’ Uefa. Deporre i codici e mettere un punto a questa vicenda. La sentenza del -10 è ormai da ritenersi definitiva, non ci sarà alcun ricorso – lo ha messo nero su bianco la Juventus col suo comunicato – e il pagamento dei 718 mila euro fa praticamente da lapide a questa storia. Punto e a capo, basta, si ricomincia. Che il compromesso sia molto buono soprattutto per la Juventus, è dato soprattutto dal fatto che una volta diffusa la notizia del patteggiamento accettato da entrambe le parti e dunque ufficialmente sottoscritto, il titolo in Borsa del club è schizzato in alto del 7%. I settecentodiciottomila euro del patteggiamento belli che ripagati in appena un’ora…
Già nella motivazione della famosa sentenza del -15 si individuavano gli appigli per fare pacchetto unico di questa storia. E’ la teoria del “reato continuato”, non fattispecie separate, ma un unico comportamento generale fuori delle regole. Il patteggiamento si attacca in parte anche a quello e alla fine chiude tutto in un’unica pratica. La multa, di fatto, è un appendice del -10. Morale, la Juve sulla vicenda delle manovre stipendi che
in tempi di pandemia furono tagliati però solo formalmente e a beneficio dei bilanci, ma non in maniera reale, evita con una maximulta ulteriori negative sorprese e un nuovo sfinente processo. La vicenda si esaurisce, il prossimo anno la Juve ripartirà, almeno in Italia, linda, immacolata e senza rischiosi carichi pendenti sulla sua testa. Non essendoci ulteriori penalizzazioni e ormai persa la qualificazione alla Champions League la squadra di Allegri è ancora a tiro di Europa e Conference League. Che nella sostanza diventano così il pegno, il sacrificio offerto all’ Uefa per soddisfare anche la sua porzione di pena da infliggere. L’esclusione dalle Coppe, ormai già accettata ed elaborata, può così essere scontata immediatamente senza rischiare di dover invece di andare al prossimo anno, o alla prima stagione utile in cui il giudice internazionale può farti scontare le conseguenze del tuo comportamento.
Certo
un paio di spifferi restano. C’è la posizione personale di Andrea Agnelli che è al momento fuor dal calcio, ma che in futuro vorrà comunque probabilmente ancora recitare un ruolo come alto dirigente sportivo internazionale. Non più tardi di poche settimane fa, con l’intervista al quotidiano olandese
Telegraaf , ha ulteriormente rilanciato con la storia della Superlega. E poco dopo
l’Uefa ha fatto sapere, nemmeno troppo informalmente, di voler veder segnali di discontinuità politica tra l’operato di Agnelli e quello della società Juventus stessa. Il fatto che Agnelli vada per la sua strada tutto sommato, aiuta.
C’è poi il fatto che diamo tutti per scontato che l’Uefa assecondi questa exit strategy. Ma in questo senso non esiste un pezzo di carta e dunque bisogna attendere ancora. Non senza un filo di incertezza, ovvio. Anche se le parole di Gabriele Gravina, presidente della Federcalcio e vicepresidente Uefa – “abbiamo ritrovato la serenità del calcio italiano” – lasciano presuppore quasi una specie di garanzia.
Se davvero la vicenda giudiziaria si chiudesse in toto qui, la Juventus da oggi avrebbe una base certa e sicura per cominciare l’opera di ricostruzione su basi del tutto diverse e innovative rispetto a quelle attuali. Sarebbe ora.