In occasione del 25 novembre scorso, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è stato pubblicato da Fandango Libri il libro I mostri non esistono di Michela Giachetta. L’autrice entra a 360° in questo mondo fatto di soprusi, abusi e maltrattamenti, dimostrando come la violenza di genere sia un problema, purtroppo, ancora attuale e dalle mille sfaccettature. Il suo sarà un percorso tra i Centri per Uomini Autori di Violenza, CUAV, essenziali per interrompere la violenza, tutelare le vittime e aiutare il maltrattante ad assumersi le proprie responsabilità.
L’uomo che agisce un comportamento violento è una persona normale. Cosa vuol dire normale? Normale è una persona che funziona, funziona nella società, ha un buon lavoro, delle amicizie, pratica degli sport, ha una famiglia, è benvoluto dal contesto in cui vive. Poi all’interno della relazione di genere attiva dei comportamenti che sono disfunzionali, perché creano danno, dolore e sofferenza.
Paolo De Pascalis (Centro “Liberiamoci Dalla Violenza” di Modena)
La violenza di genere
Il concetto di violenza di genere viene introdotto e spiegato chiaramente nell’art. 3 della Convenzione di Istanbul, primo strumento internazionale a introdurre questo tema come violazione dei diritti umani. Secondo la Convenzione “con l’espressione ‘violenza nei confronti delle donne’ si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata”.
Invece, “con il termine ‘genere’ ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera come appropriati per donne e uomini”.
Bisogna però prestare attenzione alla differenza che esiste tra il concetto di “violenza” e “conflitto”. In molti pensano che siano due sinonimi, ma non è così. Capita a tutte le coppie, o in qualsiasi relazione, di litigare per delle sciocchezze o per motivazioni più importanti, e poi di chiarire trovando un compromesso. Si alzano i toni, si dicono cose che non si pensano in modo abbastanza acceso e vivace. Il conflitto però nasce in una situazione di parità relazionale, mentre la violenza si verifica da una situazione di disparità relazionale. Quindi, se il conflitto comporta una risoluzione, con un accordo più o meno condiviso, la violenza genera prevaricazione di una parte sull’altra.
La violenza di genere ha mille sfaccettature, infatti include al suo interno: violenza fisica, psicologica, economica e sessuale. Tutte tipologie di violenza che sfociano, il più delle volte, in femminicidi. Secondo la ricerca dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine e Un Women, nel 2022 nel mondo quasi 89.000 donne sono state uccise intenzionalmente. Nel 2023, in Italia, sono state 120 le donne uccise, con una diminuzione rispetto al 2022, ma le analisi effettuate dimostrano che oltre 4 su 5 di questi omicidi avviene nell’ambito familiare ristretto o allargato.
Nel libro di Giachetta, trapelano altri dati molto importanti che rispecchiano la situazione attuale: nei primi sei mesi del 2024, sono stati 12.424 i maltrattamenti nei confronti di familiari e conviventi, con un aumento del 5% rispetto allo stesso periodo del 2023. Nell’81% dei casi le vittime sono donne. Mentre, nel 2023, sono state 14.455 le donne, vittime di violenza e stalking, che hanno chiesto aiuto al 1522, numero nazionale antiviolenza e stalking.
I CUAV
CUAV è l’acronimo di Centro per Uomini Autori di Violenza domestica, sessuale e di genere. Questi Centri, come è stato già anticipato prima, hanno l’obiettivo di interrompere le violenze e di attuare un percorso specifico di lunga durata e ad hoc per il maltrattante. Inoltre, un altro obiettivo è anche quello di evitare le recidive, mettendo così in sicurezza, a fine percorso, le partner o ex e i figli. Come sempre, non si ha la certezza assoluta di ottenere questi risultati, ma questi Centri sono composti da un personale altamente specializzato che utilizza tutti gli strumenti a disposizione al fine di ottenere almeno dei miglioramenti.
In Italia, i CUAV sono apparsi tra il 2000 e il 2010, con un ritardo rispetto agli altri Paesi europei. Infatti, sono solo 94 i Centri presenti sul territorio, dato aggiornato al 31 dicembre 2022. L’86% dei Centri è gestito da enti privati no profit, mentre il restante 14% da enti pubblici. Nel 2017, il numero dei Centri è circa raddoppiato, grazie al Codice Rosso, legge entrata in vigore il 19 luglio 2019. Questa legge è stata varata al fine di tutelare le vittime di violenza domestica e di genere, con una chiara allusione al pronto soccorso e alla gravità della situazione.
Il Codice Rosso permette quindi, in determinati casi, di sospendere la pena a una persona condannata partecipando a specifici percorsi di recupero all’interno dei CUAV. Ogni CUAV ha delle regole ben precise, come ci mostra nelle pagine di questo libro Giachetta. Pagine che ospitano una carrellata di tutti i Centri visitati da lei, dai quali ha portato a casa con sé degli insegnamenti importanti e storie drammatiche.
Giusto per citarne uno, “Liberiamoci dalla Violenza” è il primo centro pubblico aperto in Italia, a Modena, nel 2011, che segue il modello norvegese, rivolto a uomini autori di violenza. Il modello norvegese di riferimento è il Centro ATV (Alternative To Violence) di Oslo. Questo Centro è stato aperto nel 1987, ed è stato il primo in Europa a trattare gli uomini autori di violenza.
Il luogo di questo Centro, non a caso, è un consultorio, dove lavorano principalmente per il benessere delle donne e dei bambini. Attraverso una serie di studi, si sono resi conto che l’uomo autore di violenze non ha problematiche psichiatriche e non è nemmeno tanto diverso da chi possiamo incontrare per strada, quindi non deve essere trattato come un malato. Paragonare l’uomo maltrattante a un malato non aiuta a sradicare il problema, piuttosto giustifica l’autore stesso, deresponsabilizzandolo.
In questo Centro sono oltre 650 gli uomini che hanno avuto accesso a dicembre 2023, e quasi 200 quelli che hanno terminato il percorso. Infatti, come è stato accennato prima, non sempre si ha la certezza di ottenere ottimi risultati con tutti. “Terminare il percorso” significa non avere più comportamenti fisici violenti, come schiaffi e spinte, nei confronti della propria compagna. Purtroppo, ciò che viene monitorato durante il percorso è la violenza fisica, ma la violenza di genere è composta anche da quella psicologica, quest’ultima molto più difficile da sradicare e, prima ancora, da riconoscere.
Solitamente, per entrare all’interno di questi CUAV, è l’uomo maltrattante a dover comporre il numero del Centro, dimostrando fin da subito interesse e disponibilità.
Serve un cambiamento immediato
Quante volte abbiamo sentito la frase che “una brava donna è quella che sta a casa con i figli, pensa alle pulizie, a cucinare, alla famiglia, non certo ad avere un’occupazione anche fuori dalle mura domestiche”? Una frase apparentemente banale che si traduce poi nella volontà di dominio e di controllo. Una frase che non rappresenta solo il passato ma, purtroppo, ancora il presente.
Questo è un esempio di violenza psicologica, la quale viaggia parallelamente a quella fisica, e spesso si incontrano. Non importa che la violenza fisica avvenga tutti i giorni, basta ci sia l’idea che quel terribile episodio di ieri possa verificarsi anche domani o di nuovo. Lo dimostra un’altra frase troppo comune come “non mi fare arrabbiare eh, non insistere, non incominciare, lo sai poi come finisce, vero?”.
Quindi, cosa possiamo fare per fermare queste violenze? Serve un cambiamento urgente, non domani, ma oggi.