I morti sul lavoro nel 2023 sono come una raccolta punti: superati i 200

morti sul lavoro nel 2023

Andrea Umbrello nuova

– di Andrea Umbrello –


Superati i 200 morti sul lavoro nel 2023. Anche questa volta, chi ci governa favorisce chi riduce i costi per aumentare i profitti mettendo in repentaglio la vita di chi lavora con misure di sicurezza inesistenti.


Quanto lunghi possono essere una manciata di mesi per dimenticare quello che promettiamo? Ma soprattutto, quanto si può essere disinteressati alle stesse cose che promettiamo se dall’inizio dell’anno ad oggi ci sono circa tre morti al giorno che provano a rammentare gli impegni presi?

Parliamo, come più spesso dovremmo tutti fare, dei morti sul lavoro, che, in questi primi mesi del 2023 hanno già raggiunto numeri spaventosamente esorbitanti.

“Non possiamo accettare che un diciottenne esca di casa per andare a lavorare e non torni mai più”

Sono le parole di qualche mese fa, con le quali all’interno del discorso programmatico alla Camera, la nostra premier Giorgia Meloni prometteva un interessamento mai dimostrato concretamente sul tema che riguarda la sicurezza sul posto di lavoro. “Tutti – ha aggiunto la Meloni durante stessa occasione – concordiamo sull’importanza di porre fine alla tragedia degli incidenti, anche mortali, sul lavoro”.

Scontato e riduttivo limitarsi a concordare sulla necessità di ridurre sempre di più il rischio di non riuscire a tornare a casa dopo una giornata di duro e sottopagato lavoro. La necessità di doversi fare il segno della croce ogni mattina prima di timbrare il cartellino implica l’esigenza di fare qualcosa in più.

Il numero dei morti sul lavoro nel 2023 è arrivato a 208, ma mantenere con precisione un dato aggiornato che aumenta con la stessa facilità con la quale aumentano i punti fedeltà scansionando i propri acquisti al supermercato non è cosa semplice. Basti pensare che solo nei giorni compresi tra il 9 ed il 12 marzo scorso sono stati registrati ben 14 decessi. Gli ultimi sono due poveri operai nel bresciano e nel napoletano il 13 marzo. Il primo è morto dinnanzi al figlio mentre stava tagliando alberi, il secondo è finito schiacciato da una pesante trave di ferro mentre stava eseguendo delle saldature. E poi c’è Rafael Torcasio, l’elettricista trovato riverso a terra in una pozza di sangue dopo essere precipitato dall’impalcatura utilizzata per sistemare dei cavi in un’abitazione in provincia di La Spezia martedì scorso.

Sono stati 161 i lavoratori e le lavoratrici per i quali quel segno della croce non ha funzionato nel momento in cui si trovavano sul posto di lavoro, mentre 47 hanno perso la vita in itinere. Un andamento simile a quello registrato lo scorso anno e che trova spesso motivazione nei soliti tentativi di diminuire i tempi di lavorazione e ridurre i costi per aumentare i profitti, mettendo in repentaglio la vita di chi lavora con misure di sicurezza inesistenti e macchinari obsoleti o manomessi per accrescere la produttività. Da non dimenticare gli orari proibitivi e turni sempre più massacranti, subdole cause principali che decretano la morte dei tanti e tante che perdono la vita andando o tornando dal proprio posto di lavoro.

La realtà è che esattamente come quei vecchi marinai che promettevano qualsiasi cosa a Dio o ai Santi pur di far ritorno a casa sani e salvi, l’attuale governo continua a seguire la linea delle solite promesse a vuoto, senza la minima intenzione di mantenerle.

Da un lato c’è chi produce e mantiene in moto l’economia del nostro Paese a scapito di lavoratori e lavoratrici che senza nessuna possibilità di scelta mettono a rischio la propria esistenza, dall’altro c’è chi continua a morire nel silenzio infranto da una gru che crolla o da occhi stanchi che precedono lo schianto.

Anche questa volta, chi ci governa ha deciso da quale parte stare.

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