L’ultima trovata discriminatoria del Governo Meloni: migranti espulsi dai centri di accoglienza

invasione africana migranti vengono espulsi dai centri di accoglienza

In Italia continua lo stato di emergenza migratoria mentre arrivano nuove offensive del governo nei confronti dei migranti. Minori tutele e una sempre più compromessa accoglienza sembrano non essere sufficienti. Questa volta ad essere bersagliati sono i migranti “ricchi”, o almeno così li considera Giorgia Meloni se la loro soglia di reddito parte dai 6.000 euro l’anno lordi. I dati dell’Istat dicono tuttavia altro: la soglia di povertà relativa è di oltre 600 euro netti al mese. I migranti vengono espulsi dai centri di accoglienza in un paese dove il diritto all’abitazione è ormai un privilegio.

I migranti vengono espulsi dai Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS)

500 euro al mese è considerata una cifra troppo alta per poter restare nelle strutture “protette” dei Centri di Accoglienza Straordinaria. Una somma che in questo momento storico non basterebbe a pagare l’affitto di una stanza, figuriamoci garantire il sostentamento mensile. Non a caso, secondo i dati Istat, oggi la soglia di povertà relativa, ovvero i poveri che sono tali anche se percepiscono un reddito, è di circa 640 euro netti al mese. Tuttavia, il governo Meloni ha stabilito, arbitrariamente, che i migranti fanno eccezione.

I centri di accoglienza italiani stanno ricevendo l’ordine di espellere i migranti della struttura il cui reddito supera i 6.000 euro lordi. Persone regolarmente presenti sul territorio italiano, che lavorano, percepiscono un reddito e ogni giorno lottano per integrarsi nel nostro paese, si troveranno presto senza residenza. Il tempo che viene concesso per lasciare i centri varia dai cinque giorni (è il caso del Centro Mattei a Bologna) alle ventiquattro ore (come più recentemente si è verificato a Torino). In mancanza del tempo necessario per cercare un’alternativa, una buona percentuale degli attuali risiedenti nei CAS si ritroveranno letteralmente per strada.

È da inizio anno che si susseguono proteste nelle varie città italiane contro una normativa che creerà non pochi disagi nelle aree urbane. Per questo motivo, il 17 maggio si è svolto a Torino un presidio davanti alla Prefettura, convocato dal Coordinamento Migrazioni della città. I migranti espulsi dai CAS della provincia si riverserebbero infatti nel capoluogo piemontese. Decine di migranti sfollati comporterebbero ovvi problemi di gestione e sicurezza nel territorio metropolitano. Tuttavia, per il governo sarebbe l’occasione per puntare il dito contro i migranti, incolpandoli di una situazione che esso stesso ha creato.

Italiani e migranti: diversi parametri di povertà

L’Istat dice una cosa, il Governo ne afferma un’altra. Il principio secondo cui un migrante che guadagna 500 euro al mese, una cifra misera, avrebbe le risorse per sostenersi mentre un italiano avrebbe bisogno di almeno 640 euro, va contro ogni principio di uguaglianza(oltre che di logica). Inoltre, i “normali” cittadini sono considerati poveri se guadagnano meno di 7.680 euro netti l’anno, cioè dopo aver pagato le tasse. I migranti per essere considerati poveri devono guadagnare meno di 6.000 euro lordi, cioè prima di aver pagato le tasse. Dunque, in realtà la cifra con cui questi dovranno provvedere a mantenersi scende ulteriormente.

Di conseguenza, un cittadino italiano verrà assistito dallo Stato molto prima di un migrante. Un provvedimento dunque, oltre che paradossale, ingiusto e discriminatorio. Significa infatti privare di una dimora chi ha un lavoro ma con contratti a tempo determinato e salari che, ora meno che mai, non permettono di far fronte alle proprie necessità. Gli esiti più probabili di una tale situazione sono due: essere costretti, chi può permetterselo, a scappare dall’Italia per sopravvivere o rifugiarsi nelle braccia dell’illegalità. Le associazioni a delinquere che da sempre lucrano su questo genere di problemi creati dall’alto non tarderanno infatti ad approfittare di tanta gente disperata.

La soluzione del governo allo stato di emergenza: meno accoglienza e meno tutele

I migranti vengono espulsi dai centri di accoglienza, anche chi è regolare ed è ormai un cittadino integrato, perché colpevoli di “guadagnare troppo”. Si tratta di un altro tassello della politica migratoria del governo che sta riducendo una dopo l’altra le tutele per una categoria sociale estremamente vulnerabile. I sempre più frequenti provvedimenti in questa direzione sono mirati a fronteggiare l’ondata migratoria, la più massiccia dal 2017, che ha portato la coalizione di centro-destra a dichiarare lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale per sei mesi.

Limitare l’accoglienza è sempre stato il modus operandi prediletto dal governo Meloni per gestire il crescente flusso migratorio. Lo dimostra il recente Decreto Cutro che riduce i servizi erogati nei centri di accoglienza e limita i richiedenti asilo nell’accesso alle strutture del SAI (Sistema di Accoglienza e Integrazione). O ancora, possiamo ricordare la crociata per eliminare la protezione speciale per i migranti, uno dei modi principali tramite cui uno straniero può ricevere accoglienza in Italia. Compromettere i diritti fondamentali dei migranti non è solo imputabile ma anche fallimentare.

Lo dimostra la recente decisione legata ai centri di accoglienza straordinaria. I CAS sono nati per sopperire alla mancanza di posti nelle strutture ordinarie di accoglienza e la permanenza dovrebbe essere qui temporanea. Tuttavia, sono ormai diventati la modalità ordinaria di accoglienza. Sono più di 45mila i migranti sbarcati nel paese in questi primi mesi del 2023 e invece di trovare soluzioni a lungo termine si dichiara l’emergenza per giustificare progressive chiusure e sfratti.

I migranti vengono espulsi dai centri di accoglienza quando l’alloggio è un lusso che in pochi possono permettersi

L’Italia sta attraversando un’emergenza abitativa di cui sempre più cittadini stanno facendo le spese. Il costo degli alloggi è sempre meno accessibile mentre dilaga l’inflazione. Nel frattempo, gli stipendi calano: aumenta così il numero di famiglie sotto la soglia della povertà per cui riempire il carello della spesa non è più scontato. Di fronte un tale scenario, 6000 euro lordi all’anno rappresentano una cifra assolutamente inadeguata per sostentarsi.

Per i migranti trovare alloggio è sempre stato problematico. Anche coloro con un reddito adeguato riscontrano maggiori difficoltà ad affittare casa a causa del colore della loro pelle. Figuriamoci adesso con un mercato la cui offerta non riesce a stare dietro alla domanda e prezzi alle stelle. Come faranno gli espulsi dal CAS a garantirsi un futuro senza dimora e con meno di 6000 euro in tasca? Si tratta di qualcosa a cui il governo non ha pensato quando ha dato l’ordine di sbatterli fuori, come non sta pensando a soluzioni per fronteggiare una crisi che getta nella precarietà una fetta sempre più grande della popolazione.

I migranti vengono espulsi dai centri di accoglienza ed invece di risolvere una situazione di emergenza, se ne creano di ulteriori. Le politiche migratorie dovrebbero tenere conto che decidono della vita di persone che sono fuggite da guerra e povertà. Dovrebbero garantirne la protezione e aiutarle a rialzarsi, non cercare di gettarle nuovamente nella miseria o impedire il loro ingresso nel paese. Sono migliaia i migranti che muoiono in mare ma se le politiche non cambiano, sempre più moriranno di fame e di freddo sul suolo italiano.

Caterina Platania

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