“L’emergenza non è il femminicidio. Abbiamo 130 femminicidi in Italia tutti gli anni a fronte di 1.400 omicidi, quindi i maschi muoiono di più. Loro uccidono anche perché hanno il testosterone, ma fanno anche altro. Quanti sono gli uomini che muoiono per le donne? Sul Titanic, su quelle fottute scialuppe sono saliti gli uomini o le donne? Son salite le donne. Quindi i maschi sono rimasti lì. Che gli avrebbero fatto se avessero buttato a mare le donne per salire loro? Gli davano sei pence di multa? Nelle catastrofi muoiono gli uomini perché ci salvano. La regola che è saltata due anni fa, con un traghetto che veniva dalla Garcia e ha preso fuoco e molti uomini si son salvati loro perché se siamo uguali a loro dobbiamo arrangiarci. Quindi è tutto qua. Ogni anno abbiamo 4.000 suicidi, 800 donne e 3.200 maschi. Perché gli uomini uccidono le donne ma noi donne che abbiamo un’aggressività verbale contro la loro aggressività fisica, spesso li spingiamo al suicidio. I 3.200 suicidi maschili sono falsi, sono approssimati per difetto perché l’uomo non vuole che si sappia in giro dato che siamo noi donne le vittime, quindi molto spesso sono camuffati da incidenti stradali. Quindi quando vanno dritti, o è stato un colpo di sonno o è stato un suicidio camuffato. Si suicidano perché le loro donne li hanno lasciati o perché hanno perso il loro ruolo. E delle donne, due terzi si suicidano perché sono sole. Quindi 600 donne che si suicidano perché sono sole, 130 femminicidi, quindi meglio mal accompagnate che sole.“
Silvana De Mari (scrittrice, medico e blogger italiana), durante il comizio organizzato da Promita Onlus, Italia, anno 2017. Non a caso vengono precisati luogo e tempo in cui la dottoressa De Mari ha pronunciato queste parole, questa sentenza: assurdità come questa, spesso, sono state e tuttora vengono giustificate perché espresse in tempi antichi o in parti del mondo non alfabetizzate o non chissà cosa. Questo, invece, è accaduto pochi giorni fa, a Brianza. La reazione di molte persone è di sdegno e sgomento: davanti a tali affermazioni, a tali idee distorte non ci si abitua mai.
Innanzitutto stupisce (negativamente) come la cattolicissima dottoressa riesca a presentare una dettagliata statistica (camuffata, secondo la stessa) riguardante il numero delle Persone che muoiono: chi più di lei dovrebbe invece tutelare uomini e donne dalla numerazione che ne diminuisce la sacralità? Inoltre, illogico è il suo affermare che gli uomini uccidano a causa, meglio a motivo, del testosterone: quindi il femminicidio è questione di natura? Noi, invece, crediamo sia questione di cultura: la cultura del non-rispetto, per iniziare. Il testosterone così come la conformazione fisica dell’uomo, non possono essere considerati tratti fondativi di una cultura della violenza e dell’imposizione e dell’uccisione: l’uomo, nonostante le ovvie caratteristiche che lo distinguono dalla donna, possiede facoltà mentali, affettive ed emotive che lo rendono capace di vivere relazioni sane, equilibrate, corrette e rispettose. Le cause dell’uccisone di tante Donne vanno cercate altrove.
In ultimo, per quanto riguarda l’affermazione con la quale la De Mari sostiene che per una donna è preferibile essere mal accompagnata che non esserlo affatto, si ribatte sostenendo che i motivi di un suicidio possono essere tanti e sono sempre profondi, intimi, estremamente privati. Le donne di cui la cattolica dottoressa indica scrupolosamente il numero come se fossero case o macchine, sono tragicamente spinte al suicidio da motivi che procedono ben oltre il non avere accanto un uomo che le ritenga proprietà privata, che le umili, che le picchi, che le sottovaluti, che le uccida. Se la vita è sacra e deve vincere sempre, anche nella estenuante complessità, essa è da difendere anche da chi vorrebbe possederla, gestirla, rovinarla ed interromperla.
La vita, di cui il concetto è così caro anche alla stessa De Mari, deve essere onorata, rispettata, amata e vissuta nel miglior modo e il compito, il diritto, il dovere di farlo spetta a chi la vive, senza caricare o omaggiare altri o altre di questa responsabilità. Soprattutto se e quando dall’altra parte non si desidera e non si favorisce il bene per quella vita, per quella persona.
Vita, persona, dottoressa De Mari: non numero.
Deborah Biasco