I laburisti britannici in cerca di rivincita

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Michele Marsonet Prorettore alle Relazioni Internazionali dell’Università di Genova, docente di Filosofia della scienza e Metodologia delle scienze umane Ultima Voce

Michele Marsonet

Prorettore alle Relazioni Internazionali dell’Università di Genova, docente di Filosofia della scienza e Metodologia delle scienze umane


Nei laburisti britannici cresce l’entusiasmo, con recenti sondaggi che li danno in vantaggio di ben 20 punti sui conservatori al governo. Questo risultato segue tre anni di gestione da parte del leader Keir Starmer, un’ala moderata del partito che ha lavorato intensamente per recuperare settori dell’elettorato laburista spaventati dai progetti radicali di Jeremy Corbyn.


Cresce l’entusiasmo nel Partito laburista britannico, che recenti sondaggi danno in vantaggio di ben 20 punti sui conservatori attualmente al governo. Questi ultimi, dopo la disastrosa meteora Liz Truss, i guai di Boris Johnson e un Rishi Sunak deludente, non hanno molte carte da giocare.

I laburisti, invece, dopo tre anni di gestione del 61enne Keir Starmer, paiono rigenerati e molti paragonano il nuovo leader all’ultimo laburista di successo, Tony Blair.

In realtà i due non si somigliano, poiché Starmer è molto più pacato e – sostengono alcuni – meno carismatico del suo predecessore. Tuttavia è riuscito a galvanizzare un partito uscito con le ossa rotte dalla gestione di Jeremy Corbyn, leader del Labour dal 2015 al 2020.

Starmer è un esponente dell’ala moderata del Partito che gli inglesi chiamano “soft left”, una via di mezzo tra il radicalismo corbyniano e il centrismo rivolto a sinistra di Tony Blair.

In effetti l’era Corbyn si concluse lasciando il Labour devastato dopo la pesante sconfitta elettorale subita. Il partito della sinistra britannica è sempre stato caratterizzato – come accadeva al vecchio Partito Socialista Italiano – da una lotta accesa tra l’ala moderata e quella radicale (noi diremmo tra riformisti e massimalisti).

Con Jeremy Corbyn prevalsero per quasi 5 anni i radicali e, come molti osservatori avevano previsto, questo fatto innescò la sconfitta elettorale, spingendo molti elettori moderati di area laburista ad astenersi o a preferire addirittura i conservatori.

Pur essendo come si diceva dianzi poco carismatico, Starmer ha lavorato intensamente per recuperare vasti settori dell’elettorato laburista spaventati dai progetti radicali di Corbyn. Quindi non più un partito di protesta, ma al servizio della nazione e, soprattutto, attento ai problemi del welfare (soprattutto la sanità pubblica), da sempre cavallo di battaglia dei socialdemocratici europei.

Si sa inoltre che l’attuale leader non era affatto entusiasta della Brexit, anche se non ha dato nei suoi ultimi discorsi alcuna indicazione precisa al riguardo. Difficile, ovviamente, tornare indietro. Ma può darsi che Starmer riesca a migliorare i rapporti con Bruxelles.

I laburisti moderati hanno sempre avuto il problema di distinguersi in modo netto dai conservatori, anche se il compito è meno facile di quanto si potrebbe immaginare. La “soft left”, infatti, a differenza di quanto faceva Corbyn, non mette in discussione le alleanze tradizionali e, soprattutto, il rapporto privilegiato con gli Stati Uniti in politica estera.

Starmer afferma di voler ricostruire il Paese con lo spirito dei lavoratori britannici, e ha confermato l’appoggio all’Ucraina. I laburisti, insomma, sembrano più in salute di quanto fossero prima, e le elezioni politiche dell’anno prossimo ci diranno se i 20 punti di vantaggio nei sondaggi si trasformeranno davvero in una maggioranza nelle urne.

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