I giovani vengono definiti come una generazione disinteressata rispetto al mondo che li circonda: la politica, l’ambiente, le questioni sociali. Ritenere i giovani svogliati e incapaci di agire in prima persona, ormai succubi dei social network, è diventato un luogo comune diffuso più che un reale dato di fatto.
I fatti dimostrano una situazione molto meno tragica di quanto si possa pensare. Soprattutto in questi ultimi anni, i giovani non hanno perso occasione per prendere parte a dibattiti che li riguardavano da vicino. In particolare per il clima e l’ambiente, per questioni politiche, e per molto altro ancora.
L’attivismo che non si vede
I giovani si sono costituiti come gruppo sociale autonomo negli anni Sessanta. L’identità giovanile nacque dalla necessità di liberarsi dal condizionamento operato dalla società, e da una volontà di ribellione nei confronti del sistema. L’obiettivo era quello di far valere i propri diritti, ed essere riconosciuti in quanto individui indipendenti. Oggi la situazione è cambiata radicalmente, nonostante ciò, persistono battaglie da combattere e diritti da far valere. Si è spesso sentito dire che i giovani sono sempre più disinformati e apatici nei confronti della società, rinchiusi nel loro mondo, circondati dalla tecnologia.
I giovani si sentono poco rappresentati e riconosciuti, motivo per cui, in realtà, non hanno smesso di lottare, semplicemente hanno adottato strumenti differenti. I social, accusati di essere terreno di deviazione e pericoli, nascondono anche dei lati positivi, diventando la piazza nella quale i giovani praticano il loro attivismo.
I giovani e le loro battaglie
Su instagram sono sempre di più i profili di attivisti e attiviste che diffondono messaggi importanti. Lo fanno divulgando notizie e creando comunità di giovani che condividono le loro idee. Le battaglie di oggi sono molte e differenti. Si lotta per un futuro più sostenibile, per far si che vengano riconosciuti i diritti di tutti a prescindere da sesso, razza o orientamento sessuale, per sdoganare la sex positivity, contro il bodyshaming, per far si che le violenze di genere vengano riconosciute, ecc. L’attivismo che parte dai social arriva a toccare moltissime questioni ed è guidato dai giovani, trovando riscontro soprattutto tra le nuove generazioni.
I social media sono diventati uno strumento fondamentale per creare partecipazione in merito a questioni importanti. La potenza dei social è innegabile. Lo dimostrano i diversi movimenti che in questi ultimi anni hanno preso piede su instagram diventando virali e raggiungendo moltissime persone. Ad esempio il #MeToo, movimento femminile contro le molestie sessuali, si è diffuso nel 2017 proprio partendo da questo hashtag, per dimostrare la diffusione di molestie subite dalle donne sul posto di lavoro. Oppure il movimento attivista Black Lives Matter originatosi all’interno della comunità afroamericana e impegnato nella lotta contro il razzismo, nato nel 2013 in America, è diventato internazionale grazie all’hashtag #BlackLivesMatter.
Dai social alla piazza
Si potrebbe pensare che trattandosi di un attivismo che nasce online sia destinato a restarvici, anche in questo caso, però, i fatti dimostrano il contrario. Innanzitutto, spesso, dalle campagne sui social vengono aperte petizioni online che si concretizzano in donazioni, grazie ai siti di crowfunding, o in raccolte firme, necessarie per far sentire la propria partecipazione nelle questioni sociali. Dunque si ha già un passaggio dall’hashtag al fatto concreto.
Inoltre, i giovani hanno dimostrato in più occasioni di essere i primi a scendere in piazza a manifestare per ciò in cui credono, a prescindere che l’attivismo sia partito dai social o meno. Ciò è avvenuto nel caso del Friday For Future, movimento ambientalista di protesta, quando migliaia di giovani studenti si sono ritrovati nelle piazze delle città a manifestare per l’ambiente. In questo sciopero globale i giovani non hanno avuto paura di metterci la faccia, reclamando un cambiamento urgente delle politiche ambientali. Più recentemente, invece, sono stati moltissimi i giovani che hanno partecipato alle manifestazioni per i diritti di tutti, rivendicando la necessità del Ddl Zan.
Si può concludere che, per quanto molti giovani non seguano attivamente la politica, non si sentano rappresentati, o preferiscano il disinteresse all’attivismo, non si può, per partito preso, considerarli una categoria di scansafatiche. Perché forse i giovani d’oggi sono dipendenti dai social, ma almeno li usano anche per cause onorevoli, e la maggior parte di loro continua a manifestare per ciò in cui crede, che sia online o nelle piazze.