La categoria dei Rider è in continua crescita, sempre più persone scelgono di diventare fattorini per riuscire portare in casa anche un misero stipendio. Tuttavia, le tutele e i diritti dei Rider sembrano essere stati dimenticati.
Sull’argomento si è dibattuto molto, ma come ogni cosa che porta tanto clamore poi è destinata a scemare. Questo è quello che è avvenuto anche sull’argomento dei diritti e le tutele dei rider, nel quale si è parlato nella giornata di ieri durante una live sul tema organizzata dalla CILD. Durante l’incontro si è cercato di ripercorrere quali siano, ad oggi, gli aspetti di criticità che caratterizzano tale lavoro e come funzionino le app di Food Delivery.
Rider: una categoria di lavoratori come tutti gli altri, o quasi
I Rider sono coloro che vediamo ogni giorno nelle nostre città, sfrecciare in sella a una bicicletta con un zaino colorato alle spalle . Ci consegnano nel più breve tempo possibile il cibo, la spesa o altri beni di consumo che abbiamo ordinato con un semplice click tramite un app di Food Delivery. Sono coloro che a qualsiasi ora del giorno e della notte, 365 giorni all’anno nessun escluso, sono disponibile a portarci a casa ciò di cui necessitiamo. Anche durante una pandemia globale. Ma quello che non vediamo, però, è come questi lavoratori rappresentino una categoria dimenticata e senza diritti.
Agli esordi delle aziende di Food Delivery come Just Eat, Glovo e Ubert Eats, i fattorini che consegnavano il cibo erano per lo più studenti, che cercavano di guadagnare qualcosa in più per arrotondare il mese. Ad oggi, invece, l’80 % svolge esclusivamente questo impego, cercando di portare a casa alla fine del mese un intero stipendio. Coloro che decidono di diventare rider, sono spesso persone che non riescono ad entrare o rientrare nel mercato di lavoro – spesso stranieri e persone che hanno perso il loro impiego . Per loro questo lavoro rappresenta una fonte di reddito che altrimenti non riuscirebbero ad avere. Rosita Rijtano autrice del libro “Insubordunati. Inchiesta sui Rider “ ha sottolineato come oggi la categoria dei Rider sia composta per lo più da:
“un bacino di lavoratori poco consapevoli e difficilmente sindacalizzabili, dove le aziende possono farci ciò che vogliono”
Dunque, in questo caso, gli individui in condizioni di vulnerabilità rappresentano per le aziende del Food Delivery una risorsa preziosa da poter sfruttare .
I diritti dei Rider negati
I rider rappresenta per l’appunto lavoratori con pochi (o quasi nulli) diritti e tutele: non hanno ferie e neppure diritto alla malattia. Inoltre, non recepisco uno stipendio fisso mensile, sono inquadrati come lavoratori autonomi e il loro lavoro viene pagato a cottimo.
Uno delle maggiori criticità per chi svolge questo lavoro, è la mancanza di abbastanza tutele in caso di infortunio. Per quanto dal 2019 una norma stabilisca anche per loro una copertura assicurativa in caso di infortuni sul lavoro, paradossalmente, questa copre solo il tragitto che il rider percorre quando è in consegna.
Se il rider dovesse essere investito o farsi male in qualunque modo, durante il tragitto che va da una consegna verso una zona che gli da maggiori possibilità di ricevere altri ordini, l’assicurazione in questo caso non copre l’infortunio. La motivazione dell’INAIL è semplice: solamente nel tragitto di consegna si può verificare che la persona sia realmente “nel luogo di lavoro”.
Nel 2022 in Italia sono stati quattro i rider deceduti a causa di incidenti mentre svolgevano il loro lavoro. A Firenze, lo scorso 2 ottobre Sebastian Galassi di appena 26 anni stava svolgendo una consegna per conto di Glovo, quando è stato travolto e ucciso da una macchina. Dopo la morte del ragazzo la famiglia ha denunciato come il giorno dopo il tragico incidete, Glovo avesse inviato un email licenziando il ragazzo per “il mancato rispetto di termini e condizioni”. Per quanto l’azienda si sia scusata e abbia affermato che la email è stata generata in maniera automatica del sistema, l’episodio fa comprendere come i fattorini di queste aziende siamo solamente un numero e completamente invisibili.
Di male in peggio
Ma non solo diritti e tutele negate, ci sono anche le false promesse che le aziende del Food Delivery promettono ai lavoratori.
La propaganda strategica per attirare nuovi rider è quella di un lavoro autonomo, che, non necessita di alcuna pregressa esperienza, dove “decidi tu quando e per quanto tempo lavorare”. Sembrerebbe quasi troppo facile no? Si tratta infatti di una falsità, dove la realtà è molto diversa da ciò che viene raccontato.
Il lavoro dei rider è gestito da un algoritmo che discrimina il fattorino a seconda delle scelte che opera. Infatti, dopo un avvenuta consegna, l’algoritmo consiglia ripetutamente ai fattorini di spostarti in zone con più alta richiesta di ordini, al fine di non essere penalizzati. Inoltre, quest’ultimo registra le volte in cui il rider è assente, rifiuta delle consegne o ha delle recensioni negative, penalizzandolo e diminuendo per lui l’attribuzione delle future consegne. Tra questi, rientrano anche – in questo caso senza alcuna “discriminazione” – coloro che si assentano per motivi di salute. L’algoritmo dunque “punisce” i rider attribuendo loro poche consegne e quindi diminuendo le loro possibilità di guadagno. Non a caso, all’azienda Deliveroo è stata condannata dal tribunale di Bologna per suo “algoritmo discriminatorio”.
L’unico elemento veritiero della propaganda è poter accedere a tale lavoro senza troppe difficoltà. I requisiti per diventare rider sono realmente pochi: essere maggiorenni e possedere uno smartphone e un proprio mezzo. Un altro requisito necessario è possedere i documenti in regola per poter stare nel territorio italiano. Quest’ultimo requisito, tuttavia, viene sempre più spesso arginato. Come Rosita Rijtano ha sottolineato:
“c’è chi ne approfitta e presta i loro account a chi non ha i requisiti lucrandoci sopra, chiedendo una sorta di pizzo”.
Ecco così che si crea una sorta di mercato nero, dove coloro che non hanno i requisiti in regola per essere “assunti” – come migranti irregolari – sono disposti a pagare e farsi sfruttare da terzi, pur di poter portare pochi soldi a casa.
Perché i diritti dei Rider ci riguardano da vicino?
Per quanto potrebbe sembrare che questo problema non ci riguardi da vicino, la mancanza di diritti per questi lavoratori è un problema che interessa anche noi. Infatti, a partire dalla categoria dei Rider sono state sperimentate nuove tipologia di contratti lavorativi e modalità di gestione, che, oggi stanno venendo applicate anche nei cosiddetti lavori tradizionali.
Accettare che queste o altre categorie lavorative non abbiano diritti e tutele, significa in qualche modo, dare la possibilità a queste modalità di espandersi ad ogni tipologia e settore lavorativo. Questo la rende una ragione sufficiente per iniziare ad interessarci ai diritti e alle battaglie altrui, come ha detto Rijtano in conclusione del suo intervento:
“I problemi di questa categoria riguarderanno presto tutti noi se non facciamo qualcosa”.