I Ching: un libro millenario che ancora ci riguarda

I Ching

I Ching 2

Sono diversi i nomi con cui è chiamato: I Ching, yi jing, i king. Certo è che si tratta di un antichissimo testo cinese. Che parla di noi.

I due ideogrammi che formano l’espressione I Ching fanno sì che venga chiamato “Libro dei mutamenti”. Espressione che richiama il tutto scorre di Eraclito. E probabilmente il testo cinese vuole aiutarci ad essere più consapevoli di ciò che scorre anche all’interno di ognuno di noi.



L’origine dell’I Ching:

Dare una datazione all’I Ching non è semplice. Le sue origini spesso si perdono agli albori stessi della storia. Si può addirittura far risalire la sua origine a Fu Xi, il mitico fondatore della civiltà cinese. Ma il testo nel tempo ha vissuto cambiamenti ed arricchimenti dati dallo stesso Confucio con l’aggiunta di suoi commenti e riflessioni.

L’I Ching è essenzialmente un testo oracolare, ma non così semplice da consultare. Una modalità – forse ad oggi la più conosciuta – è l’utilizzo delle tre monete.

Al termine dei lanci delle monete si avrà un esagramma. Gli esagrammi possono essere considerati come “situazioni archetipiche” nelle quali possiamo trovarci. Nel testo sono 64.

Ma ciò che nasconde l’antico testo, va al di là di ogni credenza o superstizione. Ed è ciò che lo rende un libro che ancora ci parla.

Il testo è giunto in Occidente già ad inizi del 1700, grazie al filosofo e matematico tedesco Gottfried Wilhelm von Leibniz, il quale vedeva nel libro cinese un richiamo all’aritmetica binaria.

Probabilmente, però, la conoscenza dell’I Ching in Occidente è data soprattutto dall’edizione curata dal sinologo R. Wilhelm, il quale riuscì a coinvolgere nel suo lavoro anche C. G. Jung.

È Jung infatti che ne tratterà la prefazione. La decisione di scriverla o meno è di certo degna di nota, poiché – è lo stesso psichiatra svizzero a raccontarlo – se l’I Ching è un testo che può aiutarci ad indirizzare le nostre decisioni, perché non chiederlo direttamente a lui?

La prefazione di Jung:

Jung afferma che come si chiede ad una persona se poterla presentare a qualche amico, lui aveva chiesto al testo se gli era gradito che ne scrivesse la prefazione per presentarlo alla coscienza occidentale.

E quando Jung chiede al libro una sentenza, l’I Ching gli risponde attraverso l’esagramma 50, Il crogiolo.

L’interpretazione ci viene direttamente da Jung: l’I Ching gli rispondeva di ritenere se stesso come un recipiente colmo di nutrimento. Nutrimento che poteva essere dato a molti, ma che in molti ignoravano.

In effetti, parafrasando Nietzsche, si potrebbe ammettere che questo testo è un libro per tutti e per nessuno. Lo stesso Jung afferma:

è adatto solo per persone ponderate e riflessive che si soffermano a pensare su ciò che fanno e sulle esperienze che vivono.

 Testo oracolare, ma non solo:

È nell’introduzione al libro che Wilhelm ci espone in modo chiaro la profondità di questo testo: non serve per predire il futuro, ma per rispondere alla domanda “Che cosa devo fare?”

È in questo che sta la saggezza del testo, consegnare all’uomo il proprio destino, ma non come un fato ineluttabile, ma come un destino da costruire. Su cui agire. In questo modo, afferma il curatore:

Veniva data all’inconscio dell’uomo la possibilità di diventare attivo.

L’I Ching quindi come un ponte tra la nostra parte conscia ed inconscia. Un’analisi di ciò che stiamo vivendo per farci meglio comprende la situazione e, così, agire su di essa.

Per questo non si può definire l’I Ching come un semplice libro di divinazione, ma contenente in sé elementi fondamentali anche per la psicoanalisi.

Libro non semplice, l’I Ching, soprattutto per noi occidentali, abituati ad una razionalità che di ogni causa vuole un effetto e viceversa. Libro interessante l’I Ching, al di là del motivo per cui lo si consulti – come oracolo, come studio di un modo altro di guardare al mondo, come strumento psicanalitico – rimane il fascino che può avere su ognuno di noi.

Libro profondo che insiste e scava nell’importanza di conoscere se stessi. Di certo un libro misterioso. Come il fondo di ognuno di noi. Mistero che a volte va solamente accettato e non per forza compreso.

Come la conclusione della prefazione di Jung afferma:

Vada questo libro per il mondo a beneficio di coloro che sanno discernerne il significato.

Caterina Simoncello

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