Quando pensiamo ai combattimenti medievali l’immagine che ci appare in mente è quella di un gran numero di cavalieri montati su cavalli enormi. Questi animali da guerra sono raffigurati nell’immaginario comune come bestie massicce e potenti. In realtà, molti, avevano le stesse dimensioni di un pony moderno. Sono queste le informazioni che emergono da uno studio pubblicato sull’International Journal of Osteoarchaeology condotto da alcuni archeologi dell’Università di Exeter.
I cavalli nel Medioevo
Il cavallo da battaglia è un elemento fondamentale nell’immaginario comune relativo alla storia, tanto più quando si parla di cavalieri medievali. Il significato del cavallo nel Medioevo, in particolare nel contesto anglosassone, ha sempre sortito un certo fascino e interesse in ambito storico e archeologico. È appurato che il cavallo fosse utilizzato sia in contesti domestici, anche quelli strettamente aristocratici, sia in svariati contesti bellici. Nonostante la grande quantità di fonti storiche, sia testuali, sia iconografiche non esiste una chiara indicazione su quali fossero le qualità fisiche caratteristiche del cavallo da battaglia usato dai cavalieri medievali.
Le fonti zoo-archeologiche dei cavalli medievali
È importante sottolineare che con il termine cavallo da guerra si devono considerare tutte le circostanze belliche in cui potesse essere utilizzato l’animale. Dai destrieri della nobiltà, ai destinati all’esibizione o ai tornei, i ronzi degli arcieri, i trottatori che dovevano compiere grandi distanze e così via. Di conseguenza ci dovevano essere, quasi certamente, caratteristiche equine differenti in base alla funzione prevista per l’animale.
Le fonti zoo-archeologiche dei cavalli, relative al periodo medievale, sono di difficile fruizione: c’è una scarsità di resti effettivi di cavalli da guerra, rispetto per esempio a quelli domestici. Inoltre, i ricercatori si sono sempre concentrati sulle dimensioni osteologiche dei ritrovamenti, ovvero le dimensioni lorde delle ossa. Questo approccio ha portato a ricostruire l’altezza complessiva dei cavalli, piuttosto che le dimensioni e i cambiamenti della struttura nel tempo. I ricercatori dell’Università di Exeter hanno cercato di colmare queste lacune nella ricerca, dando avvio a una revisione della morfologia e della conformazione del cavallo, indagandone i cambiamenti nel tempo e la correlazione tra fisiologia dell’animale e ruolo domestico o militare nel periodo medievale.
Lo studio dell’Università di Exeter
La ricerca condotta dall’Università di Exeter si presenta come una delle più grandi raccolte di dati zoo-archeologici di ossa di cavallo inglesi. Si tratta di un totale di 1964 resti, reperiti in 171 siti archeologici risalenti al periodo storico 300-1650 d.C.
I dati a disposizione sono stati comparati con un campione di equidi moderni e conosciuti, 490 per l’esattezza. Sono state messe a confronto la dimensione e la forma e, in particolare, la conformazione scheletrica degli animali. Lo scopo principale è stato quello di esplorare il cambiamento nel tempo della struttura dei cavalli, mettendolo in relazione ai ruoli e alle funzioni dell’animale.
L’altezza dei cavalli
Questi confronti hanno messo in evidenza la statura mediamente piccola dei cavalli medievali. In particolare, è stato riscontrato che in media i cavalli da guerra dei periodi sassone e normanno (V-XIII sec d.C.) erano equivalenti a pony, secondo gli standard moderni. Le altezze medie rimangono relativamente piccole per tutto il periodo normanno (1066-1200 d.C). Solo tra il 1500 e il 1650 d.C. si assiste a un’altezza significativamente maggiore rispetto a prima, che nel periodo post-medievale aumenta e si avvicina alle dimensioni dei moderni cavalli.
Le implicazioni dello studio sui cavalli medievali
I risultati degli studi sui dati sono stati inaspettati e certamente degni di attenzioni. Tramite queste analisi, i ricercatori hanno dimostrato l’importanza che deve essere data all’esplorazione accurata degli elementi scheletrici per descrivere le caratteristiche morfologiche degli animali del passato. Non è sufficiente, infatti, concentrarsi sull’analisi delle dimensioni o della robustezza ossea da sole. Lo studio ha inoltre evidenziato l’importanza dei cambiamenti biomeccanici per comprendere aspetti della forma legata alla funzionalità dell’animale e individuare eventuali marcatori di selezione artificiale sugli animali del passato.