I Vegetebol, gruppo musicale alternativo italiano, qualche anno fa, nella loro “Sono sedici anni che fumo hashish”, cantavano: “Leggo libri interi e appena finito nun me ricordo nemmeno ‘n rigo” e ancora “L’ altro giorno stavo a parlà cò mi madre, a ‘n certo punto.. me sò scordato chi era!” , che cannabis e derivati, pur avendo delle indicazioni terapeutiche, danneggino il cervello non è una novità, ma la ricerca condotta da Ana Sebastião della Facoltà di Medicina dell’Università di Lisbona e dal suo team di ricercatori in collaborazione con colleghi inglesi dell’università di Lancaster, ha indagato proprio gli effetti a lungo termine sulla memoria dell’esposizione a cannabinoidi e derivati.
I ricercatori hanno testato l’effetto sui topi di un composto chimico chiamato WIN 55,212-2, si tratta in realtà non di un derivato della cannabis ma di un derivato dell’aminoalkylindole che ha una struttura chimica diversa dal THC ma ha gli stessi effetti (è un agonista del recettore dei cannabinoidi, cioè si va a legare allo stesso recettore), per questo è stato sperimentato come analgesico e come anti-infiammatorio in patologie come l’Alzheimer. La ricerca pubblicata su Journal of Neurochemistry ha mostrato che questi composti hanno pesanti effetti sulla memoria, le cavie non riuscivano a distinguere tra oggetti nuovi e oggetti a loro familiari, effetti confermati dalla diagnostica per immagini che evidenziava danni nelle zone del cervello legati a memoria e apprendimento. In particolare la droga sembra danneggiare le comunicazioni tra le diverse zone del cervello coinvolte in questi processi (memorizzazione e apprendimento).
Al di là di ogni moralismo (che certamente non appartiene a scienziati che stendono il resoconto di una ricerca scientifica) il lavoro dimostra come l’uso prolungato a fini ricreativi sia ancora più suscettibile di provocare danni al cervello, per lo stesso motivo per cui un qualsiasi farmaco indicato per trattare una certa condizione può essere dannoso in un individuo sano. Infatti la ricerca non cancella il fatto che i cannabinoidi possano essere una terapia indicata per patologie come l’epilessia e la sclerosi multipla. Tanto è vero che lo scopo dello studio non era affatto fornire frecce all’arco dei proibizionisti, ma studiare contromisure da adottare per prevenire gli effetti collaterali provocati da queste terapie a base di cannabinoidi che si sono dimostrate efficaci per numerose patologie del sistema nervoso e quindi nessuno ha intenzione di rinunciarci.
Roberto Todini