I bambini più sfortunati: tra guerre, crisi climatiche, fame e malattie

conflitto in Ucraina obiettivi di sviluppo per l'infanzia I bambini più sfortunati: tra guerre, crisi climatiche, fame e malattie. Registrati livelli record di bisogni umanitari

Sono state più di 300mila le violazioni gravi contro i bambini in zone di guerra o conflitti in tutto il mondo negli ultimi 18 anni.  Secondo i dati Unicef, almeno 120 mila bambini sono stati uccisi o mutilati a causa della guerra a partire dal 2005, una media di quasi 20 al giorno. 105 mila bambini sono stati invece reclutati o utilizzati dalle forze armate o da gruppi armati. Per non parlare di più di 32.500 bambini che risultano rapiti e di 16 mila sottoposti a pratiche di violenza sessuale. Sono questi i bambini più sfortunati: quelli che vivono tra guerre, crisi climatiche, fame e malattie.

Le Nazioni Unite hanno verificato più di 16 mila attacchi a scuole e ospedali e più di 22 mila casi in cui è stato negato l’accesso umanitario ai bambini. Poiché questi sono solo i casi verificati, è molto probabile che i numeri siano molto più alti.  Inoltre, bisogna considerare anche i milioni di bambini sfollati, che hanno perso familiari e amici.

“Ogni guerra è in definitiva una guerra contro i bambini”, ha detto la direttrice esecutiva dell’UNICEF Catherine Russell. “L’esposizione ai conflitti ha effetti catastrofici che cambiano la vita dei bambini. Anche se sappiamo cosa si deve fare per proteggere i bambini dalla guerra, il mondo non sta facendo abbastanza. Anno dopo anno, le Nazioni Unite documentano i modi tragici e fin troppo prevedibili in cui la vita dei bambini viene distrutta. Spetta a tutti noi garantire che i bambini non paghino il prezzo delle guerre degli adulti e intraprendere le azioni coraggiose e concrete necessarie per migliorare la protezione di alcuni dei bambini più vulnerabili del mondo.”

Purtroppo, l’entità dei rischi per la protezione dei minori a causa di conflitti non corrisponde alla dimensione dei finanziamenti disponibili per affrontare tali questioni. Una nuova analisi di Humanitarian Funding Forecasting, commissionata dall’UNICEF, Save the Children, l’Alleanza per la Protezione dei Bambini nell’Azione Umanitaria e l’Area Globale di Responsabilità per la Protezione dei Bambini, rivela che entro il 2024, il settore della protezione dei bambini richiederà 1,05 miliardi di dollari, fino a 1,37 miliardi di dollari entro il 2026, per rispondere alle esigenze di protezione dei bambini nei conflitti armati. Ciò include servizi complessi come il ricongiungimento familiare, il sostegno alla salute mentale, la prevenzione dal reclutamento nei gruppi armati. Questo divario potrebbe lasciare i bambini più vulnerabili esposti agli impatti immediati e duraturi della guerra, del lavoro minorile, del traffico e della violenza.

Servono più fondi

Il rapporto lanciato da Save The Children e i suoi partner, intitolato “Unprotected: An Analysis of Funding for Child Protection in Armed Conflict“, sottolinea come in molti Paesi dove la guerra e la violenza persistono, il finanziamento degli aiuti umanitari non tiene il passo con il crescente numero di famiglie e bambini a rischio.

Nel 2022, circa 468 milioni di bambini – più di 1 su 6 – vivevano in una zona di guerra, numero quasi raddoppiato dalla metà degli anni ’90, e 250 milioni di loro erano in prima linea, entro 50km dal conflitto.



Nello stesso anno, solo 22,4 milioni di bambini bisognosi e i loro adulti di riferimento sono stati destinatari di aiuti umanitari e di servizi per la protezione dell’infanzia, che richiedevano un finanziamento di almeno 795 milioni di dollari. Tuttavia, i governi hanno trovato solo il 19% dei fondi necessari, creando un vuoto finanziario di oltre 646 milioni di dollari e lasciando quasi 18 milioni di bambini, bambine e adulti di riferimento senza aiuto o sostegno.

La ricerca di Save the Children mostra come anche in Europa il numero di bambini esposti ai pericoli di conflitti armati sia quadruplicato in un solo anno, passando da due a nove milioni di bambini, tutto alimentato dalla guerra in Ucraina.

Ciononostante, è l’Africa a contare il numero più alto di minori che vivono in zone di guerra: circa 183 milioni. Soprattutto in Africa occidentale e centrale si registrano i numeri più alti di bambini reclutati dai gruppi armati.

In Medio Oriente si continua invece ad avere la quota più alta di bambini che vivono in zone di conflitto rispetto alla popolazione totale: circa il 39% dei minori, ovvero uno su tre.

I bambini più sfortunati: tra guerre, crisi climatiche, fame e malattie

A peggiorare la situazione di bambine e bambini vulnerabili in varie parti del mondo non sono solo le guerre. La crisi climatica ha generato catastrofi naturali sempre più frequenti e gravi e secondo l’UNHCR, essa rappresenta una vera emergenza umanitaria. Da un lato, a causa di fenomeni meterologici estremi come le inondazioni, le tempeste o la siccità, negli ultimi 10 anni hanno registrato una media di 21,5 milioni di nuovi sfollati all’anno.  Dall’altro lato, il cambiamento climatico moltiplica altri fattori di rischio, tra cui in primis l’insicurezza alimentare.  Per la prima volta in 10 anni, le calamità naturali hanno contribuito ad aumentare la fame e la malnutrizione infantile a livello globale. I Paesi più colpiti sono anche i più fragili, come Afghanistan, Repubblica Democratica del Congo, Siria e Yemen.

Con cibo e acqua che diventano sempre più inaccessibili, terreni e coltivazioni distrutte, l’impatto sui raccolti e sulla produzione alimentare è gravissimo. Ciò comporta inevitabilmente l’aumento dei prezzi dei beni alimentari, rendendo estremamente difficile l’accesso al cibo per molte comunità impoverite o sfollate. A livello globale, nel 2021 circa 193 milioni di persone si trovavano in condizioni di grave insicurezza alimentare in 53 Paesi. Si tratta di un numero mai registrato prima, con un aumento di quasi 40 milioni di persone rispetto al picco raggiunto nel 2020. Nel 2022 il numero è salito a 222 milioni di persone in 53 paesi. Il trend è quindi in crescita.

“Stiamo creando un mondo in cui chi fugge dalla violenza è costretto a vivere in luoghi inabitabili per via del clima – spiega Chiara Cardoletti, Rappresentante dell’UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San MarinoE il paradosso è che i Paesi e le comunità meno responsabili del riscaldamento globale siano i più colpiti. L’aspetto forse più  preoccupante è che con l’intensificarsi degli impatti della crisi climatica, il divario tra i bisogni umanitari e le risorse per rispondervi si sta allargando”.

In questi contesti, anche le Organizzazioni Umanitarie fanno difficoltà ad intervenire per raggiungere chi ha bisogno di aiuto. Oltre alla mancanza di finanziamenti, molto spesso l’accesso alle aree colpite è ostacolato da contesti restrittivi o da limitazioni imposte da leggi antiterrorismo e dalle sanzioni internazionali.

I Paesi che registrano le crisi peggiori

Nel 2022, l’attenzione dei media si è spostata sulla guerra in Ucraina, distogliendo l’attenzione e i finanziamenti da altre crisi in tutto il mondo. Come sostiene Save the Children, sono stati registrati livelli record di bisogni umanitari che minacciano la vita di milioni di bambini a causa della crescente fame, dei violenti conflitti e dei danni causati dal cambiamento climatico. Si stima che queste tendenze, molte delle quali si sovrappongono l’un l’altra, causeranno nel 2023 l’aumento esponenziale di persone a rischio, di cui la maggior parte già in situazioni fragili.

Corno d’Africa (Somalia, Kenya, Etiopia) 

Le forti siccità che si sono verificate nel Corno d’Africa hanno causato l’aumento di sfollati e di insicurezza alimentare. Senza acqua, le coltivazioni non crescono e il bestiame muore. Alla fine di dicembre 2022, circa 20 milioni di bambini in Etiopia, Kenya e Somalia stavano affrontando fame, sete e malattie. Molte comunità sono state costrette a lasciare le proprie case e il proprio territorio in cerca di acqua, cibo e cure.

Sud Sudan 

In Sud Sudan, le devastanti inondazioni, la guerra civile  e il deterioramento dell’economia hanno portato la fame a livelli storici. Come sempre, il peggioramento della situazione ha portato una vasta fascia della popolazione a spostarsi a causa delle scarse risorse, tra cui cibo e acqua. Il risultato è che molto spesso  giovani e bambini vengono spinti a unirsi a gruppi armati che forniscono una fonte di sostentamento e sicurezza alle loro famiglie.

Yemen

Oscurato dal conflitto in Ucraina, lo Yemen soffre ancora una delle peggiori crisi umanitarie del mondo. Otto anni di guerra hanno lasciato oltre 4 milioni di sfollati interni – la metà dei quali sono bambini. Più di 11.000 bambini sono stati uccisi o mutilati dal 2015, mentre conflitti, spostamenti massicci e ricorrenti crisi climatiche hanno lasciato più di 2 milioni di bambini profondamente malnutriti.

Haiti

Ad Haiti, oltre a disordini politici e civili, ad una povertà paralizzante e disastri naturali, si stima che 4,7 milioni di persone soffrano la fame con quasi 20.000 in condizioni di carestia. Il paese è anche nel bel mezzo di una grave epidemia di colera, con i bambini che rappresentano circa il 65% dei casi confermati.

Siria

Dopo dieci anni di crisi umanitarie e ostilità in Siria, metà dei bambini del paese sono cresciuti conoscendo solo la guerra. Molti vivono in aree dove i servizi di base sono quasi inesistenti e le infrastrutture su cui si basano sono state decimate. Più della metà della popolazione è stata costretta a fuggire dalle proprie case e migliaia di bambini sono rimasti orfani o separati dalle loro famiglie nel caos della guerra. Il conflitto ha visto una delle più grandi crisi dell’istruzione nella storia recente, con un’intera generazione di bambini siriani che ne pagano un prezzo devastante.

Afghanistan

L’Afghanistan è un paese che cerca di uscire da decenni di guerra, ma ora è nella morsa di una crisi economica che spinge milioni di persone alla fame estrema. Gli aiuti esteri che una volta sostenevano l’Afghanistan sono stati lenti a tornare dopo che i governi e le istituzioni internazionali hanno tagliato i finanziamenti in seguito all’ascesa al potere dei talebani. Il risultato è che l’economia è in caduta libera e le famiglie afghane ne subiscono l’impatto.

Repubblica Democratica del Congo

La Repubblica Democratica del Congo (RDC) dovrebbe essere uno dei primi due paesi con il maggior numero di poveri estremi entro il 2030. L’escalation di conflitti armati e le ricorrenti epidemie stanno causando gravi danni a milioni di bambini. Il Paese ospita anche il più alto numero di sfollati interni al mondo.

Pakistan

Dopo le devastanti inondazioni dell’anno precedente, circa 8 milioni di persone vivono ancora esposte a inondazioni o vivono in prossimità di aree ancora allagate. Molte di loro vivono in tende di fortuna lungo la strada o vicino alle macerie della loro casa.

Burkina Faso

L’aumento del conflitto nelle aree rurali del Burkina Faso ha portato a massicci spostamenti, costringendo un esodo di massa di persone in fuga verso le aree urbane. Dall’estate, 1,8 milioni di persone sono sfollate, di cui oltre il 60 per cento sono bambini.

Myanmar

L’inasprimento del conflitto civile in Myanmar continua a colpire i bambini e le loro famiglie, con circa 5,6 milioni di bambini che hanno bisogno di assistenza umanitaria. Gli attacchi alle scuole e agli ospedali sono proseguiti a livelli allarmanti, mentre gravi violazioni dei diritti dei bambini nei conflitti armati sono state segnalate.

Venezuela

Gli effetti persistenti del collasso economico del Venezuela continuano a guidare la migrazione e le necessità umanitarie. L’aumento dell’inflazione e la mancanza di cibo e medicine a prezzi accessibili hanno costretto 7,1 milioni di venezuelani a lasciare il loro paese dal 2014. Si stima che due venezuelani su cinque siano in stato di insicurezza alimentare e che i servizi sanitari siano gravemente a rischio, lasciando i bambini e le donne incinte esposti a malattie prevenibili.

Libano

Una crisi economica e finanziaria senza precedenti ha portato le persone in Libano a non potersi più permettere beni e servizi di base. Negli ultimi anni, il paese è stato colpito da crisi su crisi: oltre al collasso finanziario che ha svalutato la valuta, bisogna considerare anche l’instabilità politica e l’emergenza COVID. Le infrastrutture in degrado e l’energia insufficiente per alimentare gli impianti di filtrazione dell’acqua hanno contribuito alla prima epidemia di colera del paese in quasi tre decenni, minacciando la vita di migliaia di bambini.

Bangladesh

Mentre la crisi dei rifugiati Rohingya entra nel suo quinto anno, il Bangladesh ospita ancora centinaia di migliaia di rifugiati Rohingya che si sono stabiliti nel distretto di Cox’s Bazar dopo essere fuggiti da violenze estreme in Myanmar. Mentre i servizi di base sono stati forniti nei campi, i bambini devono ancora affrontare epidemie di malattie, malnutrizione, opportunità educative inadeguate e altri rischi come lo sfruttamento e la violenza.

Aurora Compagnone

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