Di Alessandra D’Alessio
I bambini e la guerra: un male oscuro si sta muovendo, al tempo stesso reale ed indicibile: è la paura di una guerra in casa. Occorre continuare a mantenere alta la soglia di attenzione nei prossimi anni per proteggere la salute mentale dei futuri adulti della nostra società.
Dopo una lunga fase di chiusure e limitazioni dovute all’emergenza pandemica la fascia attualmente più debole della nostra società, e cioè l’infanzia e l’adolescenza, si ritrova a dover affrontare una nuova e devastante emergenza emotiva: la guerra.
Il nostro inconscio collettivo aveva rimosso la raffigurazione della guerra combattuta nel reale tramite l’uso di carri armati e soldati. Questa cruda rappresentazione psichica era stata sostituita nel nostro Paese da un modello di belligeranza combattuta su un piano più squisitamente diplomatico ed una parte della popolazione iniziava addirittura ad interpretare come una guerra chimica l’attuale emergenza pandemica, abbandonando mentalmente l’idea che un conflitto nel nostro Paese e nei paesi limitrofi, potesse essere ancora combattuto sul piano reale.
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Per la psiche degli italiani la guerra, così come la si studia nei libri di storia, riguardava oramai paesi ed epoche lontane. Il suo ritorno improvviso nelle nostre coscienze ha creato un cortocircuito cognitivo che sta coinvolgendo tutta la popolazione ma in modo particolare sta investendo i bambini e gli adolescenti che hanno pagato e continuano a pagare il prezzo più caro dell’attuale situazione globale.
Durante il lookdown il numero di bambini e di adolescenti ricoverati in neuropsichiatria infantile è triplicato lasciando gli operatori nello sgomento e nell’impossibilità di accogliere tutte le richieste. E’ raddoppiata l’incidenza dei disturbi d’ansia e depressivi nella fascia d’età che va dai 6 ai14 anni come conseguenza dell’interruzione della frequenza scolastica, delle attività all’aperto e delle occasioni di contatto sociale con i pari.
Uno studio del 2020 dell’Università di Genova in collaborazione con l’Ospedale Gaslini sull’impatto psicologico e comportamentale della pandemia da Covid-19 ha rilevato che nel 71% dei bambini di tutte le fasce di età sono insorte problematiche comportamentali e sintomi di regressione.
In modo particolare nei bambini al di sotto dei 6 anni i disturbi più frequenti sono stati l’aumento dell’irritabilità, disturbi del sonno e disturbi d’ansia (inquietudine, ansia da separazione); nei bambini e adolescenti di età compresa tra 6 e 18 anni i disturbi più frequenti hanno interessato la “componente somatica” (disturbi d’ansia e somatoformi come la sensazione di mancanza d’aria) e i disturbi del sonno (difficoltà di addormentamento, difficoltà di risveglio per iniziare le lezioni per via telematica a casa).
Lo sviluppo cognitivo dei bambini è fortemente compromesso dalle privazioni a cui sono stati sottoposti e di conseguenza anche la capacità di elaborazione e di adattamento a questa nuova emergenza psicologica.
Le tragiche immagini veicolate dai mass media ed i commenti sulle dinamiche di questo nuovo conflitto, nonché i rischi di una sua espansione, hanno raggiunto direttamente o indirettamente i bambini italiani.
Noi operatori del settore rileviamo che nelle coscienze dei bambini, ma anche degli adolescenti, si sta muovendo un male oscuro, al tempo stesso reale ed indicibile, che è la paura di una guerra in casa, una inaspettata condizione di malessere psichico che stanno cercando di elaborare con le poche risorse di cui dispongono trovando molto spesso negli adulti di riferimento altrettanta angoscia ed incapacità.
Una nuova emergenza si sta facendo strada; i bambini che seguo iniziano a sognare Putin in quanto figura simbolica che minaccia la propria stabilità emotiva, familiare e sociale. Occorre che tutto questo sia correttamente elaborato.
A tal proposito mi sentirei di dare qualche consiglio a tutti quei genitori ed operatori educativi che si interrogano sull’opportunità di parlare di quanto stia accadendo tra Russia ed Ucraina: informarli o tenerli all’oscuro? Secondo quali modalità ed a partire da che età?
Certa che gli adulti, in qualità di genitori ed insegnanti consapevoli, seppur altrettanto permeati da sentimenti di paura e di angoscia, sapranno trovare i momenti e le parole opportune per parlare di questa drammatica realtà ai propri figli o alunni, vorrei dare qualche suggerimento pratico in base alla fascia di età:
- 1. fino ai 4 anni è consigliabile evitare di esporre i bambini a notizie del genere che possono instillare paure difficili da gestire
- 2. dai 5 anni in poi parlate con loro facendo attenzione alle parole che scegliete, fatelo con serenità ed esternando la tristezza per le vittime. Rassicurate i bambini sul fatto che “i cattivi” vengono messi in carcere e che i feriti vengono portati in ospedale per essere curati.
- 3. dagli 8-9 anni fino ai 12-13 anni i bambini hanno bisogno che i messaggi provenienti dai mass media, ma anche dal gruppo di coetanei, vengano decodificati dagli adulti. È fondamentale che l’adulto si ponga come chiarificatore dei fatti e al tempo stesso continui a rassicurarli. Perché questo avvenga è indispensabile avviare un dialogo sui fatti appresi, ma anche sui sentimenti che questi hanno provocato.
- 4. tra i 13 e i 18 anni ci troviamo di fronte a preadolescenti e adolescenti che probabilmente ricevono informazioni sia direttamente dai mass media che attraverso i social network e per questo è molto importante aiutarli a distinguere i fatti reali dalle bufale. È facile che a questa età un discorso formale sui fatti avvenuti possa essere rifiutato, meglio allora puntare sul confronto di idee circa la violenza e l’uso delle alternative ad essa. Evitate anche la semplice rassicurazione perché ora non basta più; sarà necessario parlare delle cose concrete da fare in caso di emergenza, per esempio se si fosse impossibilitati a tornare a casa o a contattare i genitori.
Non vi sono dubbi sull’ingente danno evolutivo che ha subito questa generazione ed è fondamentale continuare a mantenere alta la soglia di attenzione nei prossimi anni per capire a fondo l’impatto di tutto questo sulla salute mentale dei futuri adulti della nostra società.
Agli adulti di riferimento mi sentirei di dire che è importante che bambini e ragazzi possano continuare ad avere fiducia nel loro futuro. Il messaggio più importante da trasmettere ai nostri figli ed alunni è quello della speranza.