E’ il primo settembre 2004: studenti, insegnanti, genitori e parenti raggiungono la scuola “Numero Uno” di Beslan, in Ossezia del Nord, per la cerimonia di inizio anno. E’ il “giorno della conoscenza”, come viene chiamato in Russia. La giornata doveva concludersi con occhi emozionati, entrare nei ricordi di chi c’era e passare inosservata al resto del mondo.
Quel primo giorno di scuola, invece, è rimasto impresso nella memoria di ciascuno di noi, creando un incomprensibile senso di impotenza che si unisce alla rabbia e all’inaccettabile crudeltà.
Un commando di terroristi, composto da 32 persone tra separatisti ceceni ed estremisti islamici, prese d’assalto l’istituto “Numero Uno” di Beslan.
In pochi minuti oltre 1.100 persone divennero ostaggi, costrette a stiparsi nella palestra della scuola in balia delle assurde e terrorizzanti richieste dei sequestratori. Una sessantina di persone riuscì a fuggire immediatamente, durante il caos iniziale dell’assalto, ed avvisare le autorità locali.
Il commando seminò il terrore impartendo ordini precisi, come quello del silenzio o l’impedimento di nutrirsi e di bere. Minacciò con insistenza di uccisioni e stragi per chi osasse trasgredire le regole. Minò la palestra con bombe e altri ordigni. Durante i tentativi di mediazione, avanzò immediatamente precise richieste, quali la liberazione di alcuni ceceni dalla detenzione e il ritiro dell’esercito russo dalla Cecenia.
La situazione andò avanti fino al 3 settembre, precipitando poi improvvisamente: a seguito dello scoppio di un ordigno all’interno della scuola e del conseguente crollo di una parte del soffitto della palestra, le forze armate russe decisero di fare irruzione con armi pesanti tra cui un carro armato. L’operazione generò uno scontro a fuoco sanguinoso e violento, di cui non si comprende ancora quanta colpa sia imputabile alle forze armate russe, sia per le modalità di intervento sia per il pesante utilizzo della forza.
L’epilogo fu tragico: morirono 335 persone, 186 di loro erano bambini, caduti come foglie innocenti. I feriti furono circa 700. 31 i terroristi uccisi, l’unico superstite catturato. La strage entrò nelle nostre case, nelle nostre coscienze, tenendoci con il fiato sospeso, con l’apprensione per bimbi sconosciuti che divennero bambini di tutti, del mondo intero.
I superstiti e le famiglie della strage di Beslan fecero ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo per come fu gestita la crisi dal governo russo e dalle forze armate. E’ solo nel mese di aprile di quest’anno che Strasburgo ha condannato la Russia per non aver preso le adeguate misure così da evitare il massacro, contribuendo, con il pesante intervento, a causare la morte degli ostaggi. Un’amara consolazione, una triste vittoria contro lo Stato che dovrebbe proteggere, una sconfitta del genere umano che ancora stenta a riconoscere i propri simili in quanto tali e che con la strage di Beslan ancora deve fare i conti.
Elisa Pirino