All’interno della Legge di Bilancio del 2023, il governo guidato da Giorgia Meloni ha deciso di stanziare 42 milioni per i CPR, il controverso sistema dei centri di permanenza per i rimpatri.
Dove vanno i 42 milioni per i CPR?
L’articolo 120 del Disegno di Legge approvato dal Consiglio dei ministri il 21 novembre, descrive in che modo i soldi vengono allocati. Dei 42 milioni di euro, 36 sono destinati per “la costruzione, l’acquisizione, il completamento, l’adeguamento e la ristrutturazione di immobili e infrastrutture destinati a centri di trattenimento e di accoglienza”, ovvero dei CPR. Questi fondi aumenteranno nel triennio, passando dai 5 milioni del 2023, fino ai 16 del 2025. I restanti 6 milioni invece, sono relativi alle spese per “l’attivazione, la locazione, la gestione dei centri”.
Le accuse mosse ai CPR negli anni non riguardano il numero dei centri sul territorio, numero che in questo momento si attesta a dieci. Le polemiche riguardano bensì la gestione dei centri, affidata a privati, e la natura stessa dei CPR.
Cosa sono i CPR
I CPR sono stati istituiti nel 1998 con il nome di centri di permanenza temporanea e assistenza (CPTA), e negli anni hanno assunto diverse denominazioni. Per la legge sono “luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione”. I centri vengono dati in gestione a soggetti privati che tentano di massimizzare i propri profitti riducendo i costi.
Nella pratica questi centri sono buchi neri che inghiottiscono i diritti individuali di migliaia di persone ogni anno.
La Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili ha usato lo stesso termine – buchi neri- per descrivere la rete dei CPR in un report di luglio 2021. Il rapporto, lungo quasi 300 pagine, evidenzia un sistema pieno di ombre.
Le condizioni nei centri
Le poche persone che hanno accesso ai centri descrivono le condizioni all’interno dei centri come invivibili. Gli “ospiti” non hanno accesso a servizi sanitari, neppure se hanno comprovate patologie. Le condizioni igienico-sanitarie sono al di sotto di qualsiasi standard e il cibo è di bassa qualità, alle volte anche scaduto.
I centri sono studiati per essere come prigioni. Le finestre sono oscurate e i detenuti non possono prendere parte a molte attività in nome della sicurezza.
A conferma delle difficili condizioni di vita all’interno dei centri, ci sono le notizie riportate dalla rete “Mai più lager – No ai CPR!”, che raccontano di vessazioni subite dai detenuti, casi di autolesionismo e addirittura tentati suicidi.
Procedimenti illegittimi
La permanenza provvisoria all’interno dei CPR è disposta da un questore, che deve trasmettere il caso ad un giudice per la convalida.
Per essere detenuti all’interno di un CPR non c’è però bisogno della sentenza di un magistrato ordinario, poiché basta quella di un giudice di pace. Si tratta di un’eccezione rispetto alla regola che prevede che un provvedimento di privazione della libertà personale sia deciso da un magistrato ordinario. Lo straniero trattenuto non è autore di alcun reato, si tratta di un caso di detenzione amministrativa.
Molte testimonianze parlano poi di alcune prassi illegittime che rendono il processo di detenzione nei CPR una farsa. Alcuni rimpatri sono stati effettuati prima ancora che le persone fossero in grado di far richiesta d’asilo. Alcune persone detenute non hanno avuto la possibilità di contattare un legale prima dell’udienza di convalida del trattenimento. Altre testimonianze riportano come in molti casi le udienze di proroga e convalida durino 5 o 10 minuti, assumendo la forma di un procedimento di facciata.
I mancati rimpatri
L’obiettivo di questi centri è quello di trattenere gli individui in attesa del rimpatrio. Questo rimpatrio nella maggior parte dei casi però non arriva.
Secondo il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, nel 2021 meno del 50% delle persone transitate nei CPR è stato effettivamente rimpatriato. I motivi per i mancati rimpatri sono diversi, ma la realtà dei fatti rimane. Centinaia di persone possono essere private della propria libertà fino a 120 giorni senza aver commesso un reato. Senza la sentenza di un giudice, senza diritti, senza un reale motivo.
L’obiettivo del governo che ha stanziato la maggior parte dei 42 milioni per la creazione di nuovi CPR è quello di continuare a criminalizzare l’immigrazione, alimentando nel frattempo una macchina che ha trasformato la detenzione in un business.