I 12 migranti detenuti in Albania dovranno tornare in Italia

I migranti nei Cpr in Albania

I migranti erano arrivati mercoledì nei nuovi centri di permanenza per il rimpatrio aperti in Albania dal governo italiano ma, venerdì mattina, il Tribunale di Roma non ha convalidato i trattenimenti poiché i Paesi da cui provengono non sono sicuri.

I migranti torneranno in Italia

Venerdì mattina il Tribunale di Roma ha respinto la convalida per il trattenimento dei 12 migranti trasferiti la settimana scorsa nei controversi centri per richiedenti asilo in Albania, istituiti dal governo italiano per gestire i flussi migratori e completati proprio la settimana scorsa.

I dodici richiedenti asilo sono stati soccorsi la notte del 13 ottobre dalla Guardia di Finanza nelle acque internazionali della zona Sar Italiana e trasferiti a bordo della nave Libra della Marina Militare fino al porto di Shengjin, da lì sono stati portati nel centro di detenzione di Gjader. Di questi, dieci provenivano dal Bangladesh e sei dall’Egitto.

Questi migranti facevano parte del primo gruppo di 16 uomini arrivati nei centri ma già circolavano dei dubbi sulla loro effettiva permanenza: nei giorni precedenti quattro di loro erano stati riportati in Italia poiché non soddisfacevano i requisiti necessari mentre gli altri erano stati trasferiti a Gjader.

Nonostante i centri siano ubicati in Albania, tutte le procedure relative all’autorizzazione della detenzione amministrativa e per la valutazione delle richieste di protezione internazionale devono essere gestite dalle autorità italiane. Pertanto, per ogni migrante che giunge in Albania, la questura di Roma emette un decreto di trattenimento, poiché tutte le strutture italiane in Albania sono chiuse. Successivamente, la 18esima sezione del tribunale civile di Roma, competente in materia di immigrazione, è chiamata a convalidare questi decreti. Venerdì mattina, però, i magistrati romani hanno rifiutato la convalida, citando problematiche strutturali legate al processo di accoglienza dei migranti in Albania.

Respinte le richieste di asilo dei migranti

Al contempo, la situazione per i 12 migranti resta abbastanza critica poiché la Commissione territoriale, insediatasi nei giorni precedenti in Albania, ha esaminato le loro richieste di asilo con la procedura accelerata e le ha respinte. Questo processo è avvenuto con una rapidità senza precedenti in Italia, in quanto, solitamente, i colloqui e la raccolta delle informazioni richiedono mesi per ottenere il primo grado di giudizio. Ora i richiedenti asilo hanno 14 giorni per poter presentare un ricorso.

La Commissione territoriale è un organo che fa parte del Ministero dell’Interno e fu istituito nel 2002 con la cosiddetta Legge Bossi-Fini. Il suo compito è stabilire se una persona migrante debba o meno ricevere una forma di protezione intenzionale, cioè se possa vivere e ricevere accoglienza in Italia. Attualmente ce ne sono venti sul territorio nazionale.

La sentenza della Corte Europea

La sentenza del Tribunale di Roma si riferisce esclusivamente al provvedimento di detenzione e non alla richiesta di asilo. Il rifiuto di convalidare il trattenimento è legato ad una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea emessa il 4 ottobre, prima dell’apertura dei centri per i migranti in Albania, riguardante la questione dei “paesi sicuri”. Stando a quanto emerge dalla sentenza, un Paese per essere considerato sicuro deve esserlo per ogni persona e in ogni sua parte: non possono esserci torture, discriminazioni, persecuzioni nei confronti di nessuno e in nessuna area del territorio.

Infatti, il nuovo protocollo stabilisce che in Albania possono essere trasferiti solo alcuni migranti soccorsi in acque internazionali, specificamente quelli provenienti da paesi sicuri ossia quelli che, secondo il governo italiano, rispettano l’ordinamento democratico e i diritti umani. Inoltre, il protocollo prevede che solo i migranti non vulnerabili possono essere trasferiti in Albania: escludendo persone in condizioni di fragilità evidente, bambini e donne.

Tuttavia, la definizione di paese sicuro è una classificazione controversa poiché molti paesi che l’Italia considera sicuri non rispettano i diritti umani. Quasi tutti i 22 Paesi inclusi nella lista redatta dal governo italiano non soddisfano questi due criteri. Come evidenziato dal Tribunale di Roma, anche il Bangladesh e l’Egitto, i paesi d’origine dei 12 migranti, rientrano in questa categoria.

A spiegarlo chiaramente è la presidente della sezione Luciana Sangiovanni in una nota stampa pubblicata venerdì pomeriggio:

«Il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi, equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane, è dovuto all’ impossibilità di riconoscere come “Paesi sicuri” gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal Protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia».

Il fallimento dell’accordo tra Italia e Tirana

Questa settimana sono stati salvati 85 migranti in mare da quattro differenti barconi ma, di questi, solo 16 sono stati trasferiti sull’imbarcazione della Marina che ha una capienza di 13 posti. Altri due, entrambi minorenni, sono stati rimandati indietro non appena arrivati al porto di Shengjin poiché non rientravano nell’accordo tra Roma e Tirana che prevede la procedura solo per i maschi adulti. In seguito, il monitoraggio delle vulnerabilità ne ha esclusi altri due. Infine, venerdì è arrivato il rifiuto definitivo al trattenimento degli ultimi dodici.

I migranti che si trovano nei centri non possono né rimanere né essere lasciati liberi sul territorio albanese e quindi devono essere riaccompagnati in Italia. Oggi vengono trasferiti a bordo di una motovedetta della Guardia di Costiera che da Shengjin li condurrà al Cara di Bari. La prefettura ha il compito di coordinare le procedure di ingresso nel centro di accoglienza per richiedenti asilo del capoluogo pugliese.

Avranno poi 14 giorni per presentare ricorso contro il rifiuto della loro richiesta di asilo ai giudici della sezione immigrazione che esamineranno ogni caso singolarmente. Tuttavia, poiché i dinieghi sono stati influenzati da procedure di frontiera attualmente non applicabili, è molto probabile che le richieste di asilo vengano rivalutate ma secondo le solite procedure che richiedono tempi più lunghi.

Secondo i deputati dell’opposizione che hanno visitato i centri di trattenimento e reclusione in Albania, il tentativo di accelerare il rifiuto delle domande di asilo è stata una strategia per ostacolare il lavoro dei magistrati.

La reazione dei partiti politici e il futuro dei Cpr

La decisione del Tribunale di Roma ha creato agitazione tra i partiti al governo.

Fratelli D’Italia, in un post sui profili social, tuona:

«Alcuni magistrati politicizzati hanno deciso che non esistono Paesi sicuri di provenienza: impossibile trattenere chi entra illegalmente, vietato rimpatriare i clandestini. Vorrebbero abolire i confini dell’Italia ma non lo permetteremo».

Secondo la Lega, l’ordinanza che non convalida il trattenimento degli immigrati in Albania è grave ed inaccettabile soprattutto nel giorno dell’udienza del processo Open Arms contro il Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, leader del gruppo.

Infatti ieri a Palermo si è tenuta l’udienza dedicata alla difesa di Salvini, accusato di sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio per aver bloccato l’attracco della nave della ong spagnola Open Arms a Lampedusa nell’agosto del 2019, dopo aver salvato 147 migranti nel Mediterraneo. All’epoca dei fatti, Matteo Salvini ricopriva il ruolo di Ministro Dell’Interno.

Per la segretaria del Pd, Elly Schlein, l’intero accordo viola il diritto internazionale. Intanto, la premier Meloni sostiene che “non spetta alla magistratura definire quali sono i paesi sicuri ma al governo“. Difatti, ha convocato per lunedì un Consiglio dei ministri per approvare delle “norme che servono a superare questo ostacolo“.

Per quanto concerne l’intero protocollo, Pd, Avs e M5s hanno sollecitato l’Unione Europea di avviare una procedura di infrazione, definendo illegali le misure incluse nell’accordo tra Italia e Albania.

Il protocollo nelle settimane precedenti ha sollevato molteplici dubbi soprattutto per quanto concerne il rispetto dei diritti umani. I Cpr italiani spesso sono stati criticati per il sovraffollamento delle strutture, i trattamenti inumani e le condizioni degradati in cui versavano i migranti. Ad acuire ciò, è stato lo spostamento dei Cpr in Albania essendo lontani dal controllo delle organizzazioni per i diritti umani. Infatti, molti esperti sostengono che l’intero modello sia fondato su una scelta poco etica, il governo dovrebbe investire in una vera integrazione dei migranti nel tessuto sociale della società e nel rispetto dei loro pieni diritti umani.

Brigida Cozzolino

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