STORIA
Nel 1898 l’imperatore cinese Guangxu concesse al Regno Unito l’amministrazione dei territori di Hong Kong per 99 anni. Con l’avvicinarsi della scadenza, Cina e Regno Unito iniziarono a trattare per definire il destino politico della città di Hong Kong.
Gli interessi erano differenti, da una parte il governo Cinese voleva riacquistare la sovranità sui territori di Hong Kong, mentre, i britannici temevano per la colonia, la quale si era sviluppata da un punto di vista sia istituzionale, sia amministrativo sia economico, secondo parametri capitalistici.
La soluzione arrivò grazie a Deng Xiaoping, una figura politica di spicco nel paese, il quale propose il principio: «Un paese, due sistemi». In tal senso, Hong Kong cedeva a Pechino la sovranità e le decisioni in materia di politica estera e difesa militare, divenendo una provincia sottoposta alla sovranità del governo centrale cinese. In cambio la città e i suoi territori avrebbero mantenuto i vantaggi fino a quel momento acquisiti.
L’accordo fu firmato nel 1984 e decorse dal 1997. Tra le condizioni la Cina avrebbe dovuto garantire che, per i 50 anni successivi, la regione amministrativa speciale di Hong Kong non sarebbe stata governata secondo le leggi e le politiche in essere nel resto del territorio cinese.
LE MANIFESTAZIONI
Sono dunque passati vent’anni dal 1 luglio 1997 quando il Regno Unito firmava l’accordo con cui cedeva alla Cina i territori di Honk Kong. Altri trenta dovranno però passarne prima che la provincia amministrativa speciale ricada definitivamente sotto il controllo della Repubblica Popolare Cinese, perdendo i vantaggi al momento vigenti.
In questi vent’anni, ogni 1 luglio, in occasione della data in cui venne firmato il trattato, gli studenti scendono in piazza per manifestare la propria disapprovazione contro tale inesorabile processo di assimilazione che, nei fatti, il regime comunista cinese, contravvenendo agli accordi, ha già posto in atto.
Infatti il governo cinese, nell’intento di “anticipare” il 2047, data nella quale otterrà la piena e definitiva acquisizione dei territori di Hong Kong, sta, non tanto con l’assunzione di misure esplicite, bensì con atteggiamenti più che altro ambigui, provocando un graduale processo di unifomazione tra due realtà il cui sviluppo ha seguito velocità completamente opposte.
La “protesta degli ombrelli”, un movimento pacifico nato, nel 2014, tra i giovani, fu, tra le tante manifestazioni, quella che ebbe maggior risonanza mondiale. Infatti, furono migliaia gli attivisti che scesero in piazza impugnando ombrelli colorati per difendersi dai lacrimogeni lanciati dalla polizia. Proprio tali ombrelli si trasformarono nel simbolo della protesta.
LA CONDANNA
Trascorsi tre anni da tale protesta, durata poco più di due mesi, i promotori, Joshua Wong, Nathan Law e Alex Chow, sono stati condannati a scontare rispettivamente sei, otto e sette mesi di carcere.
Tale decisione ribalta la precedente sentenza che non prevedeva alcuna pena detentiva ed è l’ulteriore dimostrazione dell’atteggiamento asfissiante che il il regime comunista sta gradualmente assumendo nei confronti della ex colonia britannica.
Le proteste, in atto da anni, dimostrano la paura di trovarsi schiacciati tra l’incudine ed il martello nel vedere, da una parte, l’avvicinarsi di una data che, seppur non così prossima, si staglia in tutta la sua inquietudine e, dall’altra, percepire il “fiato sul collo” di chi, insofferente, desidera accelerare i tempi.
Democrazia, questa è la parola che il popolo di Hong Kong urla contro un regime i cui tentacoli si stanno gradualmente allungando sui suoi territori.
Un urlo ancora soffocato nel resto del mondo di fronte ad una potenza le cui dimensioni economiche e politiche sono, ormai da anni, una certezza ma i cui meccanismi che ne consentono il funzionamento sono alla maggior parte sconosciuti.
In tal senso, le inquietudini e gli inevitabili interrogativi, vanno ben oltre i confini di Hong Kong.
Turi Ambrogio